Cerimonia a Montemesola nel ricordo del campo di prigionia “Sant’Andrea”
In occasione del 78.mo anniversario dell’abbattimento dei cancelli del campo di prigionia “Sant’Andrea”, oggi ricadente nel territorio del quartiere Paolo VI, conosciuto anche come “Campo S”, l’Università della Terza età di Crispiano e il Comune di Montemesola organizzano un evento speciale intitolato “Sui passi della memoria” che si terrà venerdì 12 aprile a Montemesola. In tale circostanza per l’intera giornata all’ingresso del Comune si potrà visitare una mostra storico-fotografica sull’evento.
Il programma prevede alle ore 17 nella chiesa di Santa Maria della Croce la celebrazione della santa messa presieduta dal parroco don Andrea Casarano. Seguirà alle ore 17.45 la deposizione di una corona d’alloro al monumenti ai Caduti, in piazza Roma. Infine alle ore 18 nella sala consiliare avrà luogo il convegno sul tema della giornata con gli interventi del dott. Ignazio Punzi (sindaco di Montemesola), di don Andrea Casarano (parroco e direttore dell’Archivio storico diocesano), di Dina Turco (giornalista, scrittrice e responsabile scientifico del comitato “Campo S” di Taranto), dell’avv. Michele Zuppardi (rettore dell’Università della Terza età di Crispiano) e della dott.ssa Tiziana Mappa, responsabile area umanistica dell’Università della terza età di Crispiano. I lavori saranno moderati da Andrea Chioppa, segretario dell’Università della Terza età di Crispiano e coordinatore del comitato “Campo S” di Taranto, del quale pubblichiamo uno stralcio dal suo scritto sulla vicenda, apparso su “I am Taranto”:
“Forse meno noto ma che conserva una storia del tutto rispettabile fu il campo Sant’Andrea di Taranto. Costruito nel ’44, svolse principalmente la funzione di campo di transito e di prigionia per soldati tedeschi, russi e greci. Nell’ottobre del 1945 ad essere trasferiti a Taranto furono migliaia di soldati dell’esercito italiano catturati sui campi di battaglia e tra loro anche soldati della X Mas e criminali comuni.
Il campo si componeva di almeno quattro forse cinque sotto campi: “T” per i reduci di Russia; “D”, “A” e “R”, per i recalcitranti – soldati delle SS e italiani che aderirono alla repubblica di Salò – Ogni sotto campo era a sua volta frazionato in settori numerati, chiamati “pens” (pollai).
All’incirca ventimila furono quanti transitarono dal campo, la metà di essi trascorse un periodo di diversi mesi in prigionia, diverse centinaia furono i morti, forse qualche migliaio. Spaventose le condizioni igieniche in cui i prigionieri erano costretti a vivere, rinchiusi in delle baracche di legno o in tende militari senza un letto, privi di servizi igienici, esposti a epidemie, al freddo e con scarsissime razioni di cibo. Ben presto, il campo fu soprannominato “campo della fame”.
Nel febbraio del 1946 intervenne la curia arcivescovile di Taranto che grazie alla Pontificia Commissione di Assistenza si prodigò nel far arrivare dal Vaticano vestiario, viveri e beni di prima necessità oltre ad occuparsi della corrispondenza privata dei prigionieri con le famiglie. Intenti a migliorare le condizioni del campo furono numerosi i gesti di solidarietà e sussistenza dei tarantini, a partire dai commercianti. A seguito di una serie di rivolte interne, il campo fu progressivamente abbandonato prima dagli inglesi e successivamente dai prigionieri rimasti. La maggior parte di loro erano ragazzi di vent’anni costretti a subire l’orrore di una guerra.
Questa storia dopo non molto tempo finì nell’oblio.
Di tutta la struttura del campo principale, ancora visibile tra il centro commerciale Ipercoop e l’ippodromo, è rimasto ben poco: soltanto i basamenti delle baracche, l’impianto stradale e fognario. Fare memoria è un dovere morale!”