Il pensiero ‘mediterraneo’ di Aldo Moro
L’interessante seminario organizzato dal Centro di Cultura ‘G. Lazzati’ in collaborazione con il Dipartimento jonico in sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo e la Camera di Commercio di Brindisi-Taranto
A Taranto, dove Aldo Moro ha vissuto gli anni della sua formazione giovanile, il Centro di Cultura ‘G. Lazzati’ in collaborazione con il Dipartimento Ionico in sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo società, ambiente culture e la Camera di Commercio Brindisi-Taranto, ha proposto il 9 maggio un interessante seminario – a cui hanno partecipato gli studenti del liceo classico Archita – che ha messo in luce la contemporaneità del pensiero dello statista in politica estera rispetto al Mediterraneo, luogo di confronto, dialogo e rinascita.
A quarantasei anni dalla scomparsa di questo grande protagonista della politica italiana, il Comitato organizzatore ha voluto andare al di là della cronaca dei suoi ultimi 55 giorni per riproporre alcuni passaggi del suo pensiero in quel periodo (dal 1969 al 1974) non breve in cui fu Ministro degli Esteri distinguendosi, oltre che per la risoluzione di contenziosi internazionali rimasti aperti tra l’Italia e Paesi come la Jugoslavia o l’Etiopia, per l’impegno nel processo di integrazione europea. Come ha sottolineato l’on. Gilberto Bonalumi – sottosegretario agli Esteri per diversi anni, per Moro non c’era differenza fra Europa e Mediterraneo, perché la sua visione etica lo costringeva a superare le barriere e a considerare lo sviluppo dei popoli l’unica strada per la pace. Era la visione della “Populorum progressio” di Santo Paolo VI con cui Aldo Moro aveva una consuetudine di rapporti. Una visione che si ritrova leggendo il Manifesto dal Mediterraneo.
Il prof. Antonio Bergamo, docente all’Istituto di Scienze religiose di Lecce, ha partecipato alla stesura del Manifesto di Marsiglia del 2023. Un cantiere aperto che parte da una prospettiva teologica e si pone nella scia dei due appuntamenti di Bari e Firenze voluti dalla Cei nel 2020 e nel 2022. Il documento parla di cittadinanza e giustizia sociale e della «necessità di una gestione non disumana e saggia dei flussi migratori, che non usi le migrazioni come pedina nella scacchiera della geopolitica internazionale». Nella complessità del mondo contemporaneo, ha detto Bergamo, il Mediterraneo si pone come luogo fecondato dalle differenze per una identità plurale. Essere per l’altro è la cifra alla radice di uno stile mediterraneo in cui la prossimità, l’ascolto e l’accettazione della diversità diventano la matrice di quella convivialità delle differenze di cui è stato maestro don Tonino Bello.
Negli interventi dei professori Stefanì e Vinci dell’Università di Bari si è colta tutta l’importanza di riprendere una ricognizione sul pensiero di Aldo Moro, che guardava al Mediterraneo in una dimensione dialogica, partendo dalla sua visione teologica e politica, fra tensione morale e pragmatismo. Quella visione la ritroviamo nel Manifesto di Marsiglia in cui il dialogo si dischiude in uno spazio terzo che è generativo di un pensiero trinitario della realtà.
Da qui vogliono ripartire gli organizzatori di questo seminario con un convegno internazionale, già previsto per il prossimo settembre, nella continuità di un impegno scientifico che vede in prima linea il Centro di cultura Lazzati ed il Dipartimento jonico dell’Università di Bari. “È importante superare la cultura dell’emergenza ed aprirsi a quella del rischio che ogni confronto, dialogo, abbraccio, porta con sé”, ha concluso il presidente del Centro di cultura Domenico Maria Amalfitano, “questa è la grande sfida culturale di nuova generatività che parte da Taranto, recuperando impegni del passato per un futuro inedito ma non senza radice”.