Mons. Baturi: “Prendersi cura dei fragili è interesse della comunità che cresce come popolo, rafforzando il patto sociale”
L’intervento del segretario generale della Cei al convegno dedicato alle povertà sanitarie, in corso a Verona
“La povertà sanitaria non è accettabile se è frutto di una disattenzione che provoca discriminazione e disuguaglianza”: lo ha detto mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, intervenendo – in videocollegamento – in apertura del convegno dedicato alle povertà sanitarie. L’evento è stato promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale della salute con le undici Federazioni e Consigli nazionali delle professioni sanitarie, nell’ambito del XXV convegno nazionale di pastorale della salute, “Non ho nessuno che mi immerga, Universalità e diritto di accesso alle cure”, in corso fino al 15 maggio a Verona.
“Prendersi cura – ha spiegato Baturi – significa prendersi a cuore, caricare sul proprio cuore il bisogno dell’altro. Non a caso i curanti si fanno carico della condizione dei malati. Una storia straordinaria che ha impregnato di senso la nostra storia e collettività”, perché “prendersi cura degli infermi dà anche senso alla vita, perché si entra in contatto con la propria fragilità”, e “la vita non ha bisogno di successo, ha bisogno di senso”. “All’art. 32 la Costituzione sancisce il diritto di essere curati interpretandolo come bene della collettività”; un diritto che “appartiene a qualcosa di inviolabile che precede la stessa organizzazione statuale come interesse della collettività”. “Nessuno deve essere escluso dal bene della salute solo perché non ha le risorse necessarie – il monito del segretario generale Cei -. Prendendosi cura degli indifesi e degli indigenti la comunità cresce come popolo, solidamente ancorata a valori fondamentali. Senza questa cura per l’uomo concreto, anche il tessuto connettivo della nostra società ne risente e diventa sempre più fragile”; prendersi cura è dunque “interesse della collettività perché senza questa energia di cura del singolo e dell’organizzazione sociale, noi non cresciamo come collettività, viene meno il patto sociale”. “Noi possiamo parlare alle organizzazioni pubbliche solo in forza di una passione per l’uomo che ci vede comunque protagonisti come comunità cristiana”, ha sottolineato ancora Baturi; “possiamo chiedere buone leggi e una buona strutturazione del sistema sanitario proprio perché ci prendiamo cura del nostro fratello, e perché siamo partecipi della sorte di questo Paese il cui futuro dipende anche dalla capacità di colmare le disuguaglianze e favorire il benessere di ogni uomo. Non sarebbe giusto né sostenibile né per l’economia, né per la coscienza ammettere situazioni di scarto”, ha concluso.