Canfora: la capacità dei popoli antichi di integrarsi è una lezione per tutti noi
La capacità dei popoli antichi di integrarsi tra loro è, oltre che una realtà storica, anche una lezione per i nostri tempi. È quanto ha dimostrato, nella conferenza tenuta nel Chiostro di Sant’Antonio della Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo, Luciano Canfora, docente emerito di Filologia greca e latina dell’Università di Bari. Saggista, storico e filologo di fama internazionale, Canfora ha tenuto desta l’attenzione di un pubblico particolarmente numeroso, per la rassegna “Archeologia… un mare di emozione”
L’incontro è stato introdotto da Franca Poretti, presidente della delegazione tarantina dell’Associazione italiana cultura classica ed è stato aperto da un intervento musicale dell’Associazione Guitar artium con il soprano Angela Massafra, accompagnata al pianoforte dal Alessandra Corbelli.
Affrontando il tema “I Greci e gli altri”, Canfora ha proposto una revisione dell’assunto storico secondo cui i Greci, a differenza dei Romani, non svilupparono un’idea di integrazione nei confronti degli altri popoli, anche quelli da loro sconfitti, e pagarono questa scelta con una veloce decadenza.
Anche i Greci interagirono intensamente, soprattutto con le popolazioni mesopotamiche e con l’Egitto, ma anche con i Celti e naturalmente con i Greci d’Occidente. Essenziale è stato, sin dall’antichità, il concetto di integrazione, rappresentato in maniera pratica dalla diffusione e dalla conoscenza delle lingue. La diffusione della lingua scritta, e cioè dei libri, era sicuramente maggiore di quella che si potrebbe immaginare e vi sono forti dubbi che la tradizione orale fosse capace di tramandare testi orali e tradizioni con efficacia. In questo senso, Canfora ha espresso forti dubbi sulle teorie che affermano che i poemi omerici siano una raccolta di tradizioni orali, piuttosto che un’opera unitaria di un solo autore.
Abbiamo approfittato della presenza di Luciano Canfora per rivolergli alcune domande.
Che cosa abbiamo da imparare dai nostri antenati, Greci, Ellenisti?
I greci e il mondo ellenico sono una realtà enorme, la mia risposta è telegrafica: le domande che loro si posero cui noi dobbiamo ancora trovare delle risposte.
E noi mostriamo in questo periodo, di avere la forza di trovare quelle risposte?
Non lo sappiamo. È passato un po’ di tempo e noi stiamo ancora lì che arranchiamo. Però la storia è lunga e pare che gli antropologi sappiano che milioni di anni addietro già c’erano gli ominidi. Probabilmente, sempre che nel frattempo non intervenga una guerra atomica, ci saranno milioni di anni davanti a noi. Il tempo per trovare quelle risposte c’è.
Taranto ha avuto un passato molto intenso e in età ellenistica, è stata guidata da personalità come Archita, che fu legato a Platone, e vanta importanti autori. Cosa resta della nostra cultura nel sostrato umano e sociale di questo passato?
Resta tantissimo: poesia, filosofia, civismo, capacità di coesistere con mondi differenti. Poi con Roma i Tarantini ebbero un rapporto piuttosto teso. Hanno chiamato Pirro, grandissimo generale, ma i Romani hanno saputo cavarsela anche loro, tra l’altro avendo la capacità, non tanto ovvia, di coinvolgere il nemico dopo averlo sconfitto. Anche questo è un lato interessante del mondo antico che potrebbe insegnarci parecchie cose.
Però in precedenza la convivenza tra i greci d’Occidente e i popoli della Puglia non era stata mai molto facile.
Direi che questo si può notare in molte altre parti del mondo, non mi sembra una cosa peculiare.
Come mai la politica invece fa sempre gli stessi errori? Non impara mai?
Non credo! Io sono ottimista sul piano politico. Poi, naturalmente, i tempi della politica sono lunghissimi. La vita umana è molto più corta dei tempi della vita pubblica.