Ordinazione sacerdotale

Ordinazioni presbiterali: l’omelia dell’arcivescovo Ciro Miniero

foto G. Leva
10 Giu 2024

Sabato pomeriggio, 8 giugno, ha avuto luogo nella concattedrale Gran Madre di Dio, durante la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero, la cerimonia dell’ordinazione presbiterale di Federico Marino, Paolo Martucci, Stefano Manente e Marco Albanese, dei quali nei giorni scorsi abbiamo raccontato il cammino vocazionale.

Al termine, ci si è recati nel seminario diocesano di Poggio Galeso per un gioioso rinfresco e il tradizionale taglio della torta, fra gli abbracci degli amici e la commozione dei genitori.

Questo è il testo dell’omelia pronunciata dall’arcivescovo mons. Miniero durante la santa messa:

“Ieri mattina (venerdì 7, ndr) ho avuto la gioia di incontrare papa Francesco. È stato un incontro molto bello. Prima di questa celebrazione ho portato una coroncina del santo rosario a sigillo di quell’incontro e dell’impegno che è sorto perché il cammino e la preparazione all’Ordine Sacro siano sotto lo sguardo di Maria. Il Santo Padre conosce bene la nostra realtà diocesana e ci incoraggia nell’evangelizzazione per entrare nelle case delle persone e ad avere il cuore aperto verso tutti.

Don Federico, don Paolo, don Stefano e don Marco: la gioia che leggiamo sui vostri volti è la gioia di tutti noi. A breve sarete ordinati presbiteri della Chiesa di Dio che è in Taranto per essere operai nella vigna del Signore e per far crescere la nostra comunità diocesana.

Ringrazio anche S. E. mons. Filippo Santoro, arcivescovo emerito di Taranto, S.E. mons. Giuseppe Russo, vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti. Saluto il vicario generale. Un saluto caro va ai genitori, a tutti voi familiari e amici, ai giovani del seminario di Molfetta, al rettore don Gianni Caliandro, ai sacerdoti che hanno guidato la preparazione di questi ragazzi, ai vostri parroci, ai religiosi e alle religiose, ai ragazzi del nostro seminario diocesano e a tutti quanti voi, care sorelle e cari fratelli.

Carissimi ordinandi,  poc’anzi avete risposto alla domanda che vi ha rivolto il rettore con deciso assenso: “Eccomi”. Siete pronti dunque a consacrare la vostra vita al servizio di Dio e dei fratelli nel Sacro Ordine del Presbiterato. La Chiesa accoglie questa vostra decisione e vi sostiene con la preghiera perché possiate essere ogni giorno guida del popolo di Dio, testimone della carità di Cristo, prendendovi cura dei fratelli e delle sorelle che vi saranno affidati e guidarli per le vie del Vangelo.

Il testo del Vangelo di Giovanni proclamato oggi ci ha presentato Gesù nel momento in cui il suo amore per noi raggiunge il compimento. Egli ci ama fino alla fine, (cf. Gv 13,1)), invitando i suoi discepoli a collocarsi nella stessa prospettiva: ‘Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi’; ‘Come io ho amato voi, amatevi gli uni gli altri’. È importante rilevare come la restituzione e il contraccambio del dono si rivolgano sempre a un destinatario diverso da quello che è stato all’origine del dono. È la logica e la dinamica dell’amore cristiano. All’origine sta la gratuità di Dio (‘Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo’, dirà lo stesso apostolo nella sua prima lettera (1Gv 4,19).

Nel brano evangelico merita anche attenzione anche il “come” bisogna amare che non indica un paragone ma, più in profondità, rivela la struttura dell’amore stesso che viene da Dio: l’amore è gratuità, è donarsi senza limite, liberamente e ostinatamente: il ‘come’ Dio ama si manifesta pienamente sulla croce.

A fondamento di tale amore c’è un ‘amore di amicizia’. Nell’antichità questo era considerato un tipo di amore più puro e Gesù si inserisce in questa linea indicando come caratteristica di un tale tipo di amore il far conoscere all’altro se stesso, profondamente. La Parola, il Verbo che da sempre era rivolto verso il Padre (Gv 1,1), Lui che ‘è  nel seno del Padre’ (Gv 1,18) comunica lo stesso amore che riceve. Così l’evangelista Giovanni, che posava nell’ultima cena il capo sul petto di Gesù (Gv 13,25), a sua volta trasmette ciò che ha visto e udito da Gesù e invita allo stesso amore. Nasce così una catena che si dilata quanto il cuore degli uomini che accolgono, fanno loro e trasmettono l’annuncio profondo del Vangelo.

Miei cari, l’amore di cui parla Giovanni nel Vangelo è un amore che deve comunicare al mondo l’Amore, Dio stesso e il suo amore per noi; tale amore in noi è chiamato a farsi comunione, solidarietà, condivisione nella linea della reciprocità. Di questa reciprocità il testo ci offre anche lo stile, la modalità: ‘Come io vi ho amati’. Si tratta di un amore reciproco nella linea della fedeltà ostinata e senza pentimenti, un amore che fa esistere la persona in quanto partecipe dello stesso amore di Dio. Allora l’amore fraterno è già luogo di salvezza, è già esperienza di Dio, è la via che sottrae l’uomo alla solitudine e alla morte. L’amore basta a se stesso. È in questa prospettiva che va compresa la reciprocità di cui si diceva. È vero che Gesù ha detto: ‘Amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi…’. Ma come ha amato Gesù? Fino alla croce e secondo la logica del dono incondizionato. La prospettiva ultima della reciprocità è allora il dono incondizionato e non la logica del possesso.

Fratelli e sorelle, noi tutti e particolarmente a voi carissimi don Federico, don Paolo, don Stefano e don Marco, secondo le parole di Gesù siamo chiamati a vivere la logica dell’amore incondizionato. Come presbiteri, poi, questo amore deve diventare l’humus per far crescere i cristiani come una sola famiglia, unita nell’amore di Gesù ed essere annunciatori e testimoni dell’amore che salva.

 Oggi la vostra vocazione al sacerdozio è riconosciuta dalla Chiesa e l’imposizione delle mie mani sul vostro capo ne è il segno.

 Oggi voi aderirete pienamente al progetto di Dio su di voi, diventando membri eletti della Chiesa, chiamati ad un mandato particolare: quello di partecipare alla missione evangelizzatrice insieme ai sacerdoti che incontrerete, come collaboratori dell’ordine episcopale. Entrerete a far parte di una schiera di sacerdoti che hanno lavorato per Cristo nella edificazione del suo corpo che è la Chiesa, sacerdoti santi che nei secoli della storia di questa diocesi hanno lavorato e sofferto in nome del Vangelo e, seppur con limiti di ogni persona umana,  hanno aiutato questa comunità tarantina a camminare nella fede, pellegrini tra i pellegrini per camminare verso la vita: Gesù vita nostra.

Tra poco esprimerete la volontà di assumere gli impegni della vita sacerdotale e come presbiteri sarete conformati a Gesù Cristo nostro Signore per annunciare la sua Parola; santificherete la vita dei vostri fratelli con i sacramenti e particolarmente con l’Eucarestia; sarete guide ed educatori del popolo di Dio, pellegrini tra i pellegrini per camminare insieme nella santità. Questo avverrà efficacemente nella misura in cui coltiverete la piena comunione con la Chiesa nostra madre, l’unione fraterna con i vostri confratelli, la totale disponibilità al servizio dei fratelli laici. Nella carità presiederete le comunità che vi saranno affidate non mirando agli interessi umani, ma solo al servizio di Gesù Cristo (cfr. PO 7-9; 12-14). Per questa missione il Signore Gesù vi configura a sé con il sacramento dell’Ordine e vi rende suoi ministri per far crescere ed edificare tutto il suo Corpo ecclesiale. Fate attenzione ad armonizzare, nella vostra missione di guide e di maestri, la vita interiore con le esigenze di un’azione pastorale spesso logorante. Questo avverrà solo con una intensa vita di preghiera, di fraternità e di carità. Tendete quotidianamente a quella unità di vita che può essere raggiunta solo seguendo l’esempio di Gesù Cristo, il cui cibo, secondo il testo giovanneo (cfr Gv 4,34), era il compimento della volontà di Colui che lo aveva inviato a realizzare la sua opera. Per raggiungere questo ideale, tendete all’umiltà, vivete nell’obbedienza, curate la vostra vita casta, siate poveri sapendo di essere ministri di Gesù, che si è fatto povero per amore dell’umanità (cfr. PO 15-17). Risplendete della santità di Gesù, ‘Il santo di Dio’ (Lc 4,34).

Cari fratelli e sorelle, sostenete don Federico, don Paolo, don Stefano e don Marco con la preghiera, con l’affetto, con il vostro impegno cristiano perché siano, di giorno in giorno, generosi nel mistero ricevuto.

La Vergine Santissima e San Cataldo veglino su di voi e intercedano presso il Padre, sorgente eterna di Amore”.

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