Emergenza idrica: manca l’acqua e… la capacità di gestione
In questi giorni, in cui la siccità ha fatto ripiombare diverse zone d’Italia e la provincia di Agrigento – in particolare – nella più grande disperazione, emerge, in tutta la sua disarmante chiarezza, l’incapacità di chi è stato posto negli anni e a tutti i livelli a gestire il servizio idrico.
La siccità è un fenomeno che non può essere controllato ma previsto. Tenuto conto che da diversi mesi gli esperti mettevano in guardia a causa dalle scarsissime precipitazioni atmosferiche che non avevano permesso agli invasi di riempirsi, è sotto gli occhi di tutti l’incapacità di farsi trovare preparati a questa nuova emergenza.
Ad esempio, quando nel 2021 Aica entrò nel pieno possesso del patrimonio di Girgenti Acque trovò tra i “beni” aziendali anche una serie di pozzi e fonti che potevano essere utilizzate magari evitando di acquistare acqua (a prezzi nettamente maggiori) dal gestore di sovra ambito. Pozzi e fonti (con relativa acqua) che esistono da sempre ma che solo adesso qualcuno si è ricordato di avere e sembra stia cercando di utilizzare mettendo in rete l’acqua prelevata.
E da parte di Ati? Cosa sta facendo l’ambito territoriale idrico per rassicurare la popolazione che si stanno trovando le soluzioni migliori per ritornare quanto prima alla normalità? Nulla. In questi giorni oltre a un silenzio assordante, da Ati arrivano solo le notizie riguardanti gli accordi tra i sindaci per chi dovrà essere il nuovo presidente al posto dell’uscente Gueli. Manovre e manovrine per assegnare una poltrona. E intanto la popolazione vive enormi disagi e l’economia della provincia – sia a livello turistico che agricolo – è sull’orlo del collasso.
In questo momento, vista l’immobilità (o forse sarebbe meglio dire l’incapacità) provinciale e regionale, sarebbe opportuno che qualcuno, a livello di governo centrale, si accorgesse che c’è qualcosa che non va in Sicilia. Che non si può tenere una popolazione priva di acqua per giorni interi come se fosse la normalità. Il presidente del Consiglio dei ministri dovrebbe rivolgere il suo sguardo a quello che sta accadendo nell’estrema periferia dello Stato e provvedere, perché no, a nominare un commissario straordinario all’emergenza idrica che possa, con i poteri speciali, fare in modo che questa situazione vergognosa finisca. L’esempio del commissario Scialabba o del generale Iucci possono aiutare a comprendere che, in certi momenti, una figura super partes è necessaria per potere fuoriuscire da un’emergenza.
In questi anni abbiamo sentito ripetere tante promesse che tali sono però rimaste. Speriamo che finalmente qualcuno si accorga, a Roma, di quello che sta accadendo in Sicilia e vi ponga rimedio. Una volta per tutte. Anche a costo di scelte politiche dolorose. Ciò, naturalmente, al netto delle iniziative che la magistratura vorrà intraprendere – e siamo certi che lo farà – per perseguire gli eventuali responsabili di questa vergognosa situazione.