Libano sotto assedio

Libano, Centro Mariapoli “La Sorgente”: porte aperte agli sfollati

foto Focolari - Libano
27 Set 2024

di Maria Chiara Biagioni

Il Centro Mariapoli “La Sorgente” si trova ad Ain Aar, in un luogo di montagna, a 20 chilometri a Nord di Beirut. Come fu nel 2006, l’anno del conflitto militare durato 34 giorni tra Israele e Hezbollah, anche in questi giorni le persone in fuga dalle bombe che stanno devastando il Sud del Paese, arrivano qui, in questa regione a maggioranza cristiana, e chiedono ospitalità. “E’ normale bussare alla porta del Centro Mariapoli e trovare le porte spalancate”, racconta R. della comunità libanese dei Focolari. “Potevamo non accoglierli? Cosa ne sarebbe stato dell’ideale di fratellanza del quale ci nutriamo e che dovrebbe essere la nostra caratteristica?”. Un’esperienza simile era stata vissuta nel 2006. Anche allora, il Libano fu attraversato da grandi spostamenti di famiglie e anche allora, il Focolare aveva accolto nel suo Centro Mariapoli, più di un centinaio di amici, famiglie con marito e moglie, nonni, giovani e bambini. “Ci siamo conosciuti così, e tra noi è nato un rapporto da fratelli che ci faceva condividere gioie e dolori, speranze e difficoltà, bisogni e preghiera. In un rapporto semplice e schietto, tessuto nella quotidianità è nata e cresciuta una vera esperienza di fratellanza, senza filtri o pregiudizi”.

centro Mariapoli ‘La Sorgente’ di Ain Aar, accoglienza degli sfollati  – foto Focolari – Libano

Nessuno si aspettava che la situazione precipitasse così, da un momento all’altro. “I libanesi si stavano preparando al rientro a scuola con uno sguardo di speranza verso questo nuovo anno”, racconta R. “Eppure una burrasca inaspettata si è scatenata, implacabile, minacciosa, micidiale”, con “conseguenze terribili su una popolazione in sete di pace, di giustizia, di strade di dialogo”. In pochi giorni, anzi ore, azioni belliche hanno colpito quartieri popolari e il popolo è sprofondato in “un vero incubo”. L’Unicef fa sapere che secondo il Ministero della Salute Pubblica, al 25 settembre, quasi 600 persone sono state uccise in Libano, tra cui più di 50 bambini e 94 donne, e circa 1.700 altre sono rimaste ferite dal 23 settembre. Gli sfollamenti di massa continuano, raggiungendo circa 201.000 sfollati interni (IDP), secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim).

Da domenica anche il Centro Mariapoli “La Sorgente” si è gremito di ospiti “arrivati con le loro paure, il trauma vissuto nei loro villaggi o quartieri presi di mira”. Hanno percorso in macchina 120 chilometri, impiegando dalle 5 alle 8 ore. Le strade sono affollate di auto in fuga dal Sud. Lasciano i villaggi prima di raggiungere le grandi città di Tiro e Sidone. Attorno a loro, vedono la distruzione dei recenti bombardamenti. Attualmente sono 128 le persone ospiti al Centro Mariapoli di Ain Aar. Alcuni provengono dal Sud, altri dalle periferie popolari di Beirut colpite dagli ultimi attentati. Non è facile: “La loro presenza solleva interrogativi nella comunità cristiana della regione”, raccontano i focolarini. “Ci si chiede: tra loro ci sono membri di Hezbollah che potrebbero minacciare la pace nella regione? Ma il senso di solidarietà è più forte del sospetto”. R. aggiunge: “Dove potevano chiedere asilo anche questa volta? Dove potevano andare, sapendo di essere accolti senza riserve?”. Per la comunità dei focolari, inizia una nuova avventura. L’accoglienza viene fatta in coordinamento con le autorità locali, religiosi e civili.

Centro Mariapoli “La Sorgente” di Ain Aar, giochi in dono per i bambini ospiti – foto Focolari Libano

Scatta – come d’altronde in queste ore in tutto il Paese – una “gara” di solidarietà. Dal parroco, ai fedeli della parrocchia, ai volontari. C’è chi si prende cura dei ragazzi organizzando per loro attività e partite di calcio. Chi si occupa degli aiuti necessari per l’accoglienza. “Le persone arrivano scioccate, preoccupate per il loro futuro, con negli occhi lo spettacolo apocalittico delle case distrutte, dei campi bruciati, ma anche di notizie di conoscenti, parenti, vicini, amici o allievi che sono stati uccisi negli attacchi e non rivedranno mai più. Insieme ci stringiamo calandoci a vivere nell’attimo presente, con la fede che ci ha permesso durante secoli di attraversare le avversità”.

Il Centro “La Sorgente” punta ad essere, insieme a tanti luoghi disseminati nel Paese, vere “oasi di pace”. “La speranza, l’augurio più profondo è che presto si possa tornare a casa. Tanto sangue versato deve far fiorire il deserto dei cuori. Speriamo che questo calvario che stiamo vivendo, apra una breccia nella coscienza dei potenti e di tutti sull’evidenza che la guerra è una sconfitta per tutti, come ripete Papa Francesco. Ma soprattutto crediamo e speriamo che da questo crogiolo di dolore possa emergere dal Libano un messaggio di fratellanza possibile per l’intera Regione”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Salute

Invecchiamento precoce del cervello negli adolescenti a seguito del lockdown?

Danilo Buonsenso (policlinico Gemelli): “Non ci sono evidenze scientifiche al momento”

foto Marco Calvarese-Sir
27 Set 2024

di Silvia Rossetti

Una ricerca coordinata dall’University of Washington a Seattle, ripresa in questi giorni dai media italiani, riferisce in maniera allarmante che il lockdown per il Covid-19 avrebbe determinato negli adolescenti un invecchiamento precoce del cervello. Ne parliamo con il dottor Danilo Buonsenso, pediatra della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs e PhD in Public Health.

Dottor Buonsenso, quali conclusioni dobbiamo trarre rispetto ai dati riportati dallo studio dei ricercatori dell’University of Washington?
La ricerca pubblicata da Pnas, che è una rivista piuttosto importante nel mondo scientifico, ha evidenziato delle alterazioni morfologiche della corteccia cerebrale in un piccolo gruppo di giovani che aveva eseguito già prima della pandemia delle risonanze magnetiche strutturali e che ha ripetuto lo stesso tipo di indagine uno o due anni dopo l’inizio della pandemia. Il limitato numero di ragazzi compresi nel campione della ricerca non consente, però, di estrapolare i dati raccolti ed estenderli alla popolazione mondiale. Inoltre, essa prende atto delle alterazioni riscontrate in un gruppo di ragazzi in un determinato periodo temporale, senza indagarne le connessioni di causa-effetto. Il lavoro pubblicato su Pnas fa esplicito riferimento al lockdown come “possibile” causa di questo danno strutturale a livello del sistema nervoso centrale, ma nella ricerca questa correlazione non viene supportata da dati scientifici. Gli autori hanno soltanto confrontato alcune risonanze pre- e post-Covid, senza indagare però quello che è accaduto durante il periodo di lockdown ai ragazzi esaminati. Mi riferisco, per esempio, alle modalità in cui hanno vissuto l’isolamento, alla tipologia di stress fisico o psichico cui sono stati esposti. Gli autori della ricerca non hanno valutato neppure se i pazienti hanno contratto il virus oppure no. Quindi possiamo affermare che lo studio riporti l’osservazione di un evento di cui si ignorano le cause.

La ricerca sembra porre l’accento sul fatto che eventi traumatici, come la pandemia per Covid-19, possano generare gravi conseguenze sugli adolescenti…
Il cervello in caso di stress fisico e psichico può reagire nel modo che lo studio ha evidenziato, si tratta di un meccanismo di difesa, non sappiamo se reversibile o meno.
Nel caso del Covid-19 gli effetti a lungo termine ancora non sono del tutto noti, ma ci sono lavori simili a questo che hanno documentato negli adulti – attraverso biopsie e biomarcature – che l’infezione da Covid-19 può determinare un invecchiamento della corteccia cerebrale, per quanto riguarda i giovani torno a sottolineare che non ci sono evidenze scientifiche al momento. C’è da stupirsi della risonanza che la ricerca statunitense ha avuto nei media, probabilmente perché si tratta di una notizia che si presta a strumentalizzazioni.

Pensa che gli anni futuri potrebbero riservarci spiacevoli scoperte riguardo le conseguenze del Covid-19 su bambini e adolescenti?
Il Policlinico Gemelli di Roma è uno dei centri di ricerca più importanti nel mondo a documentare gli effetti del Covid-19 in età pediatrica e nell’adolescenza.
I ricercatori hanno raccolto dati sugli effetti da long Covid. Si tratta di una sindrome multisistemica, caratterizzata da tantissimi segni e sintomi e cronici che insorgono con l’infezione ma possono continuare a manifestarsi dopo mesi, o anche anni. Parliamo di sintomi che limitano enormemente la quotidianità di molti ragazzi: ad esempio, astenia cronica, mal di testa, tachicardia, dolori muscolo-scheletrici, vuoti di memoria, problemi di concentrazione. Alcuni di questi giovani evidenziano difficoltà di apprendimento e relazionali.
In futuro potrebbero esserci certamente spiacevoli sorprese. Oggi il Covid-19 è endemico, ma non per questo possiamo banalizzarne gli effetti collaterali. Siamo peraltro consapevoli che altre infezioni virali come il morbillo, la mononucleosi, il virus respiratorio sinciziale, gli enterovirus, gli herpes virus, ecc. sono spesso associate a gravi problematiche che si manifestano a distanza di anni dal contagio. Il morbillo, per esempio, è associato all’encefalite subacuta mortale intrattabile che insorge a distanza di tre, quattro anni. La mononucleosi è associata all’insorgere di linfomi, ma anche alla sclerosi multipla. Il Covid-19, pertanto, è un virus relativamente nuovo e ancora da studiare in tutte le sue sfaccettature.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Uniti nel dono

Firmare è indispensabile, ma si deve fare di più!

Lo scorso 15 settembre è stata celebrata in tutte le diocesi d’Italia la Giornata di sensibilizzazione alle offerte per i sacerdoti.
Abbiamo riflettuto con Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, sul valore di questo strumento affidato alla responsabilità di tutti i fedeli

foto Sovvenire
27 Set 2024

di Stefano Proietti
Massimo Monzio Compagnoni – foto Sovvenire

Massimo Monzio Compagnoni, al quale da quattro anni la Cei ha affidato la guida del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, comincia subito la nostra intervista con una cifra impietosa: 1,6%.

Ce la può spiegare, dott. Compagnoni?

“Nel 2023 per mantenere i circa 32.000 sacerdoti a servizio delle Chiese che sono in Italia sono stati necessari quasi 517 milioni di euro. Le offerte deducibili raccolte nell’anno sono state 8 milioni e 392.000 euro, che quindi hanno coperto quel fabbisogno solamente per l’1,6%”.

E il resto di quel denaro da dove è arrivato?

“Il rimanente arriva dai redditi degli istituti diocesani, dalle remunerazioni proprie dei sacerdoti (che magari insegnano, o lavorano in ospedale) e dalle parrocchie o altri enti ecclesiastici. Più del 70% di quella cifra, però, è stata coperta dai fondi dell’8xmille, l’altro strumento che, insieme alle offerte deducibili, la legge 222 del 1985 ha messo a disposizione dei contribuenti italiani per sostenere la Chiesa”.

Insomma, senza l’8xmille sarebbe un bel problema anche il sostentamento dei sacerdoti.

“È proprio così. Ed è anche per questo – ma non solo – che bisogna assolutamente porre un freno al calo delle firme che da un ventennio sta assottigliando la percentuale di quanti scelgono la Chiesa cattolica per la destinazione dell’8xmille. Siamo passati dal 90% dei firmatari del 2004, a meno del 70%, e questo dato rischia di penalizzare innanzitutto le moltissime opere di carità che la Chiesa cattolica porta avanti nel nostro e nei paesi più poveri del mondo, e poi la conservazione di quell’immenso patrimonio architettonico e artistico che ha sempre dato un contributo decisivo nel rendere la nostra Italia l’angolo più bello del pianeta.

Qual è, dunque, il suo appello ai fedeli che stanno leggendo questa intervista?

L’invito, accorato e forte, è innanzitutto quello alla firma per l’8xmille e alla sensibilizzazione affinché anche altri firmino, specialmente quelle persone (per lo più anziani) che non hanno più l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi ma conservano comunque il loro sacrosanto diritto di scelta. Ma l’invito che faccio non è rivolto solo ai fedeli ma a tutte le persone di buona volontà, che certamente si accorgono di quanto bene venga realizzato dalla Chiesa cattolica attraverso le sue mille attività solidali, grazie anche al dono totale di sé che i sacerdoti continuano a fare, seguendo la propria vocazione.

È per questo che continuate a chiedere anche le offerte, oltre alle firme per l’8xmille?

In realtà la promozione delle offerte deducibili – proprio come quella delle firme per l’8xmille – è prevista dalla stessa legge 222 del 1985, che ha preso atto di quanto l’anno prima era stato sottoscritto dalla Repubblica italiana e dalla Chiesa cattolica col nuovo Concordato. Il motivo principale, però, per cui continuiamo convintamente a promuovere le offerte, nonostante il loro contributo così poco incisivo al fabbisogno del sostentamento del clero, sta nel valore simbolico e pastorale che ogni offerta conserva. Anche la più piccola. Mettere mano al portafoglio per contribuire al sostentamento della Chiesa, infatti, vuol dire anche riconoscere tutto il bene che i sacerdoti fanno per noi, ogni giorno, e ricordarci che sono affidati a noi, esattamente come la cura delle comunità cristiane è affidata a loro.
Per questo abbiamo scelto come nuovo nome del sito per la promozione delle offerte proprio Unitineldono.it. Sovvenire alle necessità della Chiesa rimane un dovere di chi si professa cristiano e donare è semplice e sicuro, e si può fare anche direttamente dal sito, con pochi clic. La firma per l’8xmille è indispensabile ma tutti possiamo, e dobbiamo, fare un passo di più. È il gesto che conta, non l’importo. Per questo invito tutti a visitare il sito Unitineldono.it e a fare la propria piccola ma indispensabile parte.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Viaggio apostolico

Francesco a Bruxelles, don Visconti: “Grande attesa nella comunità italiana”

foto vatican media-sir
27 Set 2024

“C’è fermento nella Chiesa locale, si respira una grande attesa perché è la prima visita in Belgio di papa Francesco e la prima di un pontefice da quarant’anni”. Don Claudio Visconti è responsabile della comunità cattolica italiana che vive a Bruxelles. Bergamasco di origine, è promotore di tante iniziative, valorizzando il contributo dei laici, connazionali che vivono nella capitale, non pochi dei quali funzionari delle istituzioni dell’Unione europea. Un luogo particolare di questa presenza è, fra l’altro, il Foyer Catholique Européen, a due passi dall’europarlamento, che propone innumerevoli percorsi di formazione cristiana, culturali e aggregativi, per gli italiani, ma anche per polacchi e spagnoli.

don Claudio Visconti nella cappella del Foyer Catholique di Bruxelles, foto Sir-Marco Calvarese

Le nuove periferie. “La visita del papa – racconta don Visconti – è stata preceduta da un lungo periodo di preparazione spirituale, tenendo lo sguardo sui due prossimi eventi della Chiesa universale: il Sinodo e il Giubileo”. Quindi precisa: “Credo che una sottolineatura particolare riguardi il fatto che Francesco venga proprio in Belgio, dopo essere stato in Lussemburgo. Sappiamo che il papa nei suoi viaggi internazionali ha privilegiato soprattutto le periferie, le realtà in cui si evidenziano tante forme di povertà. Il Belgio, invece, è nel cuore dell’Europa, uno dei Paesi più secolarizzati al mondo. Mi piace vedere questa visita come se riguardasse una delle nuove periferie della storia: proprio quella della secolarizzazione, di coloro che non conoscono più il Vangelo”.

Il compito dell’università. Non a caso la visita è propiziata dai 600 anni di fondazione dell’Università Cattolica di Lovanio (nelle sue due sedi, una di lingua francese, l’altra fiamminga), “ateneo di grande cultura, che ha dato importanti contributi alla Chiesa, al Concilio Vaticano II… Forse il papa vorrà ricordare alla cultura e al mondo universitario il compito di riscoprire e valorizzare le sue radici cattoliche e magari reinterpretare la parola buona del Vangelo nei percorsi culturali, della ricerca, nella formazione delle nuove generazioni che rappresentano il futuro di questo Paese”.

Le comunità di origine straniera. Un ulteriore aspetto sottolineato da don Claudio è legato al fatto che la Chiesa belga “vive della presenza e del contributo di numerose comunità cattoliche di origine straniera: ci sono gli italiani (300mila in Belgio su 10 milioni di abitanti, 100mila circa nella sola Bruxelles), i polacchi, le tante persone provenienti dai Paesi africani e sudamericani. Basti pensare che a Bruxelles la domenica si celebrano messe in 23 lingue diverse!”.

Percorso di preparazione. “Dal punto di vista della nostra comunità italiana – prosegue il racconto del sacerdote – va detto che abbiamo seguito, con intensità e partecipazione, il percorso di preparazione a queste giornate. Non a caso c’è stata poi una vera e propria corsa a iscriversi alla messa di domenica, che sarà celebrata allo stadio. Purtroppo non tutti i nostri connazionali vi sono riusciti”.

Occhi e cuori rivolti a Bergoglio. “Non c’è modo migliore che aprire l’anno pastorale della nostra comunità partecipando a una celebrazione con il santo padre”, scrive don Visconti in una lettera alla comunità italiana diffusa in questi giorni: “La celebrazione di domenica 29 settembre con il pastore ‘primus inter pares’ avrà lo stesso valore di tutte le altre, ma la presenza di papa Francesco renderà sicuramente memorabile e speciale quel giorno e quella celebrazione. La sua presenza ci ricorda per un verso che la comunità cristiana è grande come il mondo e noi siamo parte di questa immensa famiglia”; “ma soprattutto la sua visita, fatta di ascolto e di parola, ci rinvia all’Unico Pastore che abita i cieli, per un verso tanto lontano, ma per altro verso tanto vicino da venire ad abitare presso di noi, addirittura in noi”.“Cominciamo il nostro anno con un calendario preciso, denso di attività, che ci permetterà di camminare insieme ma anche con uno spirito attento, per lasciarci coinvolgere da questo evento e cogliere nelle parole che il papa ci dirà l’orientamento per il presente anno e quelli a venire”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Popolo in festa

Martina Franca, San Michele e gli Arcangeli: la comunità di Regina Mundi in festa

27 Set 2024

di Donatella Gianfrate

La festa in onore dei Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele per la parrocchia Regina Mundi di Martina Franca è una tradizione che si ripete di anno in anno con una devozione rinnovata. Il programma parrocchiale dei festeggiamenti, oltre alla parte religiosa, prevede il consolidato appuntamento musicale con i Wakeup Gospel Project. In particolare, la devozione della comunità per San Michele è forte e ruota intorno alla chiesetta di San Michele e alla grotta attigua, nella quale si conserva un’antica statua lapidea dell’Arcangelo, recentemente soggetta a restauro.

Quest’anno il calendario, inoltre, riporta la data dedicata alla ricorrenza degli Arcangeli, il 29 settembre, proprio di domenica. Nello specifico del programma, la festa è preceduta dal triduo da giovedì 26 fino a sabato 28, con la recita della corona angelica alle 18.30 e la santa messa a seguire, alle 19. Domenica 29, le celebrazioni sono alle ore 8.30, alle ore 10, alle 11.30 e la sera alle ore 19, preceduta quest’ultima dalla corona angelica alle ore 18.30. Dopo, tutti sul sagrato antistante la parrocchia dove, alle 20.30, si esibiscono le voci coinvolgenti dei Wakeup Gospel Project, diretti dal m° Graziano Leserri. Un concerto musicale che è diventato appuntamento fisso da qualche anno per la comunità di Regina Mundi.

«La devozione di questa comunità per San Michele affonda le sue radici nella tradizione della nostra chiesetta, per la quale tra poco inizieranno i lavori di restauro, oggi nella fase di progettazione, finanziato dalla Soprintendenza. A breve presenteremo le attività previste per restituire alla città un luogo di culto prezioso, nonché patrimonio artistico di pregio» preannuncia il parroco don Martino Mastrovito, che ha promosso particolarmente il ripristino dei festeggiamenti in onore degli Arcangeli come momento di festa che unisce la comunità in preghiera e convivialità.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Popolo in festa

Premio Angeli Custodi, al quartiere Tamburi

27 Set 2024

di Angelo Diofano

Domenica 29 al quartiere Tamburi prendono il via i festeggiamenti in onore degli Angeli Custodi a cura della omonima parrocchia guidata da don Alessandro Argentiero. In mattinata,  alle ore 10, la celebrazione eucaristica sarà presieduta da padre Giancarlo Greco, parroco al santuario Maria Santissima della Croce di Francavilla Fontana.

In serata, subito dopo la santa messa presieduta alle ore 18 dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero, si terrà in chiesa la cerimonia di consegna della seconda edizione del premio ‘Angeli Custodi’ a quelle personalità che in tutto questo tempo sono state molto vicine alla parrocchia e che si sono impegnate per la promozione sociale nel territorio. Nella medesima circostanza avrà luogo il conferimento delle borse di studio, offerte da Teleperformance, agli alunni dell’istituto comprensivo Galileo Galilei che hanno concluso il ciclo di studi con il massimo dei voti.

I festeggiamenti culmineranno nella serata di martedì 2 ottobre con la processione.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Catechesi

Una bussola per iniziare alla vita di fede: l’assemblea regionale dei catechisti

27 Set 2024

di Paolo Simonetti

La vivacità delle Chiese di Puglia si è potuta percepire con chiarezza nella giornata di sabato 21 settembre quando più di 1100 tra catechisti e sacerdoti hanno vissuto il primo incontro dei catechisti con ben 15 arcivescovi e vescovi della regione svoltosi nell’auditorium “Scuola Allievi Guardia di Finanza” di Bari. Questa assemblea ha idealmente completato la proposta che l’Ufficio catechistico nazionale ha fatto di coinvolgere prima i direttori e le équipe degli uffici e poi una più larga rappresentanza di catechisti per esplorare percorsi possibili e, soprattutto, comuni, per l’annuncio della fede, a dieci anni dagli orientamenti ‘Incontriamo Gesù’ che furono presentati proprio a Bari a tutte le Chiese d’Italia.

L’arcivescovo di Taranto, mons. Ciro Miniero,  manifestando il suo apprezzamento ed entusiasmo, ha partecipato alla giornata con il gruppo dell’arcidiocesi composto da circa 130 persone provenienti da oltre 40 parrocchie, in compagnia anche di alcuni sacerdoti.

Le musiche del gruppo “Godplay” di Bari hanno subito introdotto i presenti in un’atmosfera di festa. Il programma prevedeva la preghiera di inizio, guidata da don Francesco Simone, direttore del Museo Diocesano e dell’Ufficio Beni culturali ecclesiastici della nostra diocesi, che ha legato Vangelo e arte con una meditazione su alcuni dettagli del portale della concattedrale di Bitonto.

È toccato poi a don Francesco Nigro, direttore della commissione regionale per la Dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi e neodirettore dell’Istituto superiore di Scienze religiose ‘Giovanni Paolo II’, dare il via ai lavori della giornata.

La prima riflessione è stata dell’arcivescovo di Otranto, mons,. Francesco Neri che, in qualità di presidente della commissione regionale, ha sottolineato soprattutto il valore della coerenza tra annuncio e vita. Lo stile pacato e il linguaggio concreto del relatore hanno fatto da presupposto allo scambio avvenuto poi tra l’arcivescovo di Torino, mons. Roberto Repole e don Valentino Bulgarelli, sottosegretario della Conferenza episcopale e direttore dell’Ufficio catechistico nazionale. Sotto la conduzione del giornalista Gennaro Ferrara di Tv2000 i due ospiti hanno risposto a numerose domande tracciando con chiarezza e saggezza la situazione in Italia rispetto ai temi più delicati dell’annuncio della fede e il ruolo delle comunità parrocchiali.

“La comunità cristiana – ha detto mons. Repole – deve essere il luogo nel quale si fa esperienza di vera fraternità e comunione. Ma può essere una esperienza umanizzante nella misura in cui uomini e donne si sentono intimamente toccati dall’incontro con Cristo. È necessario non dare più per scontata la fede negli adulti come nei giovani e anche in coloro che vivono un’esperienza ecclesiale dove spesso la prestazione prevale sulla relazione, il dare un contributo pratico prevale sulla condivisione della propria esperienza di fede”.

Don Valentino Bulgarelli, invece, ha richiamato Il valore prezioso dei catechisti con il loro ministero generativo all’interno delle comunità, auspicando che la formazione condivisa con i presbiteri e la passione per il Vangelo diventino una possibilità nuova per rendere feconde le nostre comunità.

Cuore della giornata è stata la presentazione e la consegna della lettera ai catechisti, frutto di una riflessione avviata negli ultimi anni dalla commissione regionale e culminata nel convegno della scorsa estate ad Ostuni quando direttori ed equipe, con la collaborazione di importanti esperti del settore, hanno posto le basi per il testo. In un clima di preghiera, mons. Neri ha consegnato il testo prima ai vescovi e poi ai direttori degli uffici diocesani.

A partire dalla lettera si snoderà un lavoro che coinvolgerà le diocesi pugliesi per trasformare non tanto i contenuti quanto i metodi e gli stili, facendo attenzione ai processi e non solo ai concetti.

Ultimo momento nel quale è confluita tutta la carica emotiva della giornata è stato il monologo di Cristian Di Domenico, dal titolo ‘U Parrinu’, dedicato al beato padre Pino Puglisi, sacerdote palermitano ucciso per il Vangelo.

Il senso di questo evento si può ritrovare ancora nelle parole di don Francesco Nigro: “Le nostre Chiese e la nostra missione evangelizzatrice si deve porre la seria domanda su cosa, davvero, desideriamo custodire e consegnare alle generazioni future, cosa ci è veramente caro e irrinunciabile. Mentre ci scopriamo minoranza, possiamo anche riconoscerci come ‘minoranza generativa’, lievito di speranza, anche se siamo diventati ormai “una realtà tra tante altre”, una chiesa umile, come direbbe  mons. Roberto Repole. Non possiamo perdere il nostro ‘proprium’: essere pellegrini di speranza in cammino con tutti, costruttori di fraternità e annunciatori di una buona notizia che illumina, riscalda il cuore e dona pienezza di vita”.

Dopo l’assemblea diocesana del 15 ottobre in concattedrale anche l’ufficio catechistico darà il via alle iniziative previste per dar seguito agli impegni assunti nell’incontro barese. Primo fra tutti l’impegno formativo per quanti vivono da protagonisti l’annuncio della fede con il triennio di formazione di base, ormai ai nastri di partenza per l’anno 2024-25.

Per rimanere aggiornati è possibile seguire la pagina del sito www.catechesi.diocesi.taranto.it

 

*coordinatore diocesano ufficio catechistico

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Viaggio apostolico

Francesco in Lussemburgo: “Per la pace servono oneste trattative e onorevoli compromessi”

foto Vatican media/Sir
26 Set 2024

Dal Lussemburgo, “Paese dalle porte aperte”, una delle tre sedi ufficiali dell’Unione europea, papa Francesco parla ad un intero continente sfigurato dalla guerra e immemore della sua storia. Per raggiungere la pace e sanare questa “pericolosissima sclerosi” – l’appello alle autorità – servono “oneste trattative” e “onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace”, evitando “inutili stragi” che hanno costi umani altissimi, perché “la guerra è sempre una sconfitta”. “La tutela della dignità della persona, il servizio al bene comune, il dialogo e la collaborazione internazionale” rendono grande uno Stato, scrive Francesco sul Libro d’onore.

“La ricchezza è una responsabilità”, l’accoglienza di chi bussa alla nostra porta è un dovere, così come l’essere custodi e non despoti del creato. “Il Lussemburgo, con la sua storia peculiare, con la sua altrettanto peculiare posizione geografica, con poco meno della metà degli abitanti provenienti da altre parti dell’Europa e del mondo, sia di aiuto e di esempio nell’indicare il cammino da intraprendere per accogliere e integrare migranti e rifugiati”, l’auspicio del Papa: “Voi siete un modello di questo”.

“Per favore, più bambini!”, l’invito ad un Paese che vanta uno dei Pil più alti del mondo. “Purtroppo – ha denunciato Francesco nel suo primo discorso in Lussemburgo – si deve constatare il riemergere, anche nel continente europeo, di fratture e di inimicizie che, invece di risolversi sulla base della reciproca buona volontà, delle trattative e del lavoro diplomatico, sfociano in aperte ostilità, con il loro seguito di distruzione e di morte”.

“Sembra proprio che il cuore umano non sappia sempre custodire la memoria e che periodicamente si smarrisca e torni a percorrere le tragiche vie della guerra”, il grido d’allarme del pontefice, secondo il quale “per sanare questa pericolosissima sclerosi, che fa ammalare gravemente le nazioni e rischia di gettarle in avventure dai costi umani immensi, rinnovando inutili stragi, occorre alzare lo sguardo verso l’alto, occorre che il vivere quotidiano dei popoli e dei loro governanti sia animato da alti e profondi valori spirituali, che impediscano l’impazzimento della ragione e l’irresponsabile ritorno a compiere i medesimi errori dei tempi passati, aggravati per giunta dalla maggiore potenza tecnica di cui l’essere umano ora si avvale”.

Un Paese che, “ammaestrato dalla sua storia – la storia è maestra della vita – a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, si è distinto nell’impegno per la costruzione di un’Europa unita e solidale, nella quale ogni Paese, piccolo o grande che fosse, avesse il suo proprio ruolo, lasciando finalmente alle spalle le divisioni, i contrasti e le guerre, causate da nazionalismi esasperati e da ideologie perniciose. Le ideologie sempre sono un nemico della democrazia”. Così il Papa ha definito il Lussemburgo, “al crocevia delle più rilevanti vicende storiche europee”.

“La solida struttura democratica del vostro Paese, che ha a cuore la dignità della persona umana e la difesa delle sue libertà fondamentali, è la premessa indispensabile per un ruolo così significativo nel contesto continentale”, il tributo di Francesco: “Non è l’estensione del territorio o il numero degli abitanti la condizione indispensabile perché uno Stato svolga una parte importante sul piano internazionale, o perché possa diventare un centro nevralgico a livello economico e finanziario. Lo è invece la paziente costruzione di istituzioni e leggi sagge, le quali, disciplinando la vita dei cittadini secondo criteri di equità e nel rispetto dello stato di diritto, pongono al centro la persona e il bene comune, prevenendo e contrastando i pericoli di discriminazione e di esclusione”.
Sulla scorta di Giovanni Paolo II, che ha visitato il Paese 40 anni fa, il Papa ha rinnovato l’appello “affinché si instaurino relazioni solidali tra i popoli, in modo che tutti possano diventare partecipi e protagonisti di un ordinato progetto di sviluppo integrale.

La dottrina sociale della Chiesa indica le caratteristiche di tale progresso e le vie per raggiungerlo”.“Lo sviluppo, per essere autentico e integrale, non deve saccheggiare e degradare la nostra casa comune e non deve lasciare ai margini popoli o gruppi sociali”, ha ribadito Bergoglio a partire da due principi cardini del magistero sociale della Chiesa: la cura del creato e la fraternità. “La ricchezza – non dimentichiamolo – è una responsabilità”, il monito: “Pertanto chiedo che sia sempre vigile l’attenzione a non trascurare le nazioni più svantaggiate, anzi, che esse siano aiutate a risollevarsi dalle loro condizioni di impoverimento. Questa è una via maestra per fare in modo che diminuisca il numero di quanti sono costretti a emigrare, spesso in condizioni disumane e pericolose”. Dalla cattedrale di Notre Dame, il Papa ha esortato anche la comunità cattolica a rimanere fedele alla secolare tradizione di accoglienza, “continuando a fare del vostro Paese una casa amica per chiunque bussi alla vostra porta chiedendo aiuto e ospitalità”. “Alla Chiesa fanno male i cristiani tristi”, “non perdere la capacità di perdono”, le ultime indicazioni di rotta pronunciate a braccio.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Città

Mario Panico, docente ad Amsterdam “I monumenti non vanno imposti”

26 Set 2024

di Silvano Trevisani

A proposito del monumento alle vittime dell’inquinamento

“Non c’è niente di più invisibile di un monumento”. La frase del grande scrittore austriaco Robert Musil, l’autore de “L’uomo senza qualità”, ce la ricorda Mario Panico, che di monumenti, musei della memoria e politiche culturali si occupa professionalmente ed è un vero esperto. Mario insegna Studi sul patrimonio culturale, alla Facoltà di studi culturali dell’Università di Amsterdam, ma è originario di Taranto e fu, da studente prodigioso, nostro collaboratore negli anni del liceo e anche dell’università. I monumenti sono, quindi, al centro delle sue lezioni universitarie, così come i musei della memoria e certamente sarebbe la persona più adatta, ad esempio, a precisare la funzione che può avere il Mudit, il museo dei tarantini illustri.

Lo abbiamo intervistato in merito alla vicenda del monumento delle vittime dell’inquinamento, improvvidamente decisa da un’associazione che è riuscita a imporla, in qualche modo, al Comune di Taranto.

Perché Musil definisce “invisibile” un monumento, anche quando, magari, è un pugno nell’occhio?

Perché in genere i monumenti, che sono eredità di una visione molto antica della società, rispondono alle “spinte” del momento. Che in genere sono celebrative, memoriali ma anche autoassolutorie, e che proprio per questo finiscono presto per appartenere al passato, abituare lo sguardo, non interessare le nuove generazioni. Che infatti in genere ignorano il significato dei monumenti sparsi per le città, che non sentono come propri ed è come se non li vedessero neppure. Ciò non toglie che spesso i monumenti sono anche brutti da vedersi, diventano subito icone del passato e non migliorano l’arredo urbano. Anche quando ne diventano parte integrante per lunga persistenza, come il monumento al marinaio di Taranto. Ma non sembri un paradosso la frase di Musil se pensiamo all’ondata di distruzione di monumenti che percorre l’Occidente, soprattutto gli Stati Uniti. È la gente a buttare giù quelli che danno una visione superata o sbagliata del passato. Non è accaduto così anche nell’Unione Sovietica dopo l’89 e in Italia alla caduta del fascismo?

Ma perché si costruiscono i monumenti?

In genere, in ossequio a una vecchia concezione, servono a ricordare un episodio drammatico, a elaborare un lutto, a emozionare anche con intento funebre, a consolare momentaneamente. Essi servono anche a consolidare un’identità nazionale e un orgoglio comunitario e per questo sono sempre stati edificati massicciamente, soprattutto con opere realistiche, dai regimi totalitari. La letteratura e gli studi recenti ci dimostrano che, alla fine, più che consolidare il ricordo alimentano la dimenticanza.

Ma possono avere ancora un senso?

Possono averlo se offrono una proiezione futura, se sono condivisibili e “vivibili”, se aprono alla speranza e chiudono alla disperazione. In tutti i casi, proprio le opere didascaliche, quelle che vorrebbero spiegare attraverso scene esplicite ed eloquenti, sono quelle da evitare. Anche nel caso delle vittime dell’inquinamento, c’è bisogno di ricordare ai tarantini l’incombere della morte, con evidente intento funerario, o piuttosto indicare una via d’uscita? Guardare alla vita o trasformare un segmento di città in evocazione cimiteriale? I ragazzi e le future generazioni devono trovare nel luogo monumentale un segno di speranza proteso al futuro. Ma anche in questo caso, è indispensabile che il monumento sia il prodotto di una città, di una elaborazione condivisa e affidata alla consulenza di architetti, urbanisti, critici, storici.

E del bozzetto del monumento presentato a Taranto che ne pensi?

Per quanto mi riguarda, non lo condivido. È una visione un po’ “ante litteram”, e la sua didascalicità lo trasforma in una commemorazione funebre. È più un “memento” che un “monito”. Mi sembra autoassolutorio oltre che ingombrante ed esteticamente poco condivisibile.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Calamità

Maltempo, troppe polemiche e pochi interventi

foto Ansa-Sir
26 Set 2024

di Andrea Zaghi

Passata (per ora) l’ultima ondata di maltempo che ha colpito questa volta Emilia Romagna e Marche, rimangono sul terreno di fatto tre cose: i danni ingenti, le polemiche e, ultimi, gli stanziamenti per far fronte all’emergenza. Copione già visto ormai troppe volte, che indica quasi l’arrendevolezza delle istruzioni di fronte a quanto periodicamente accade e, tuttavia, la mole di lavoro che è necessario affrontare con maggiore decisione.

È bene iniziare dall’ultimo punto: gli stanziamenti per l’emergenza. Il governo ha deliberato da un lato la dichiarazione dello stato di emergenza nei territori delle province di Reggio-Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e, dall’altro, lo stanziamento di 20 milioni di euro per i territori dell’Emilia-Romagna e di 4 per quelli delle Marche. Soldi per rattoppare il territorio e soprattutto per venire in soccorso di chi ha perso tutto o quasi. Soldi che arrivano dopo tutti quelli già stanziati in passato per rispondere a situazioni simili generate, spesso, da una mancanza di prevenzione che è diventata da tempo regola e non eccezione (nonostante tutto ciò che comunque è stato fatto).

Vale, a questo proposito, ricordare che dal 1944 al 2023, i danni causati da dissesto idrogeologico e terremoti in Italia hanno raggiunto i 360 miliardi di euro, secondo la Società italiana di medicina ambientale (Sima) che ha precisato come il cambiamento climatico e la cattiva gestione del territorio abbiano aumentato la frequenza di frane e alluvioni, con il 91% dei comuni italiani a rischio. La spesa nazionale per la gestione del dissesto idrogeologico, viene ancora precisato, è triplicata dal 2010 al 2023.

Ma quindi che fare? Dal punto di vista tecnico le soluzioni ci sono, come le infrastrutture verdi e i sistemi di drenaggio sostenibile, ma serve anche una puntuale gestione dell’esistente oltre che un forte investimento in nuove infrastrutture idriche. Ancora Sima, ad esempio, segnala che un euro speso o in prevenzione porterebbe a risparmi pari a 6 euro. Dal canto suo Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela territorio ed acque irrigue (Anbi), non ha timore di precisare: “E’ una verità scomoda, ma che va detta per rispetto verso chi sta soffrendo le conseguenze di nuove alluvioni: è dagli anni ’80 che in Italia manca la pianificazione nazionale di interventi per la prevenzione idrogeologica, privilegiando di intervenire con fondi per le emergenze. E’ quanto sta accadendo anche in Romagna, dove stiamo operando in sintonia con la struttura di missione governativa. Si sta lavorando, ma nessuno, però, ha la bacchetta magica soprattutto di fronte al ripetersi di violenti eventi meteo a distanza di soli pochi mesi”.

Ad avvalorare la sensazione che tutto quanto sta accadendo abbia accelerato di intensità, stanno le statistiche. L’osservatorio Anbi sulle risorse idriche ha reso noto che dall’inizio dell’anno al 15 settembre 2024, sull’Italia si sono già registrati 1899 eventi estremi: 212 tornado (52 nella prima metà di settembre, il 71% sulle coste tirreniche), 1023 nubifragi (157 nella prima metà di settembre, il 91% sulle regioni del centro-nord), 664 grandinate con chicchi di grandi dimensioni (37 nella prima metà).

In attesa di quanto chiede l’Anbi (e non solo), in questi giorni sono poi piovute oltre all’acqua anche le polemiche su quanto si doveva fare e invece non è stato fatto; sui soldi stanziati e non spesi, su quelli che mancano, sulle opere in attesa e su quelle che occorrerebbe progettare. Più delle polemiche, però, valgono ancora una volta i numeri che arrivano dalla realtà. Secondo i coltivatori diretti, ad esempio, nella sola Emilia-Romagna sarebbe “in ginocchio” il comparto ortofrutticolo “tanto più che l’80% delle aziende nel Ravennate danneggiate sono le stesse devastate dall’alluvione del 2023”. Qui l’acqua ha inondato i terreni coltivati a ortaggi e gli alberi di mele, pere, kiwi, susine con impianti danneggiati nella zona del Faentino, nel Bagnacavallese e a Cotignola. Più in generale, dice Coldiretti, “il maltempo è tornato a colpire una regione che è la prima in Italia per percentuale di popolazione residente esposta al rischio alluvione, ben il 62,5%, quasi sei volte il dato nazionale e oltre il doppio della toscana, che si trova al secondo posto con il 25,5% (Coldiretti su dati Ispra).

Di fronte a tutto questo, e sono solo esempi, appaiono quasi disperate le parole di Vincenzi: “C’è bisogno di una grande azione di prevenzione civile: dalla manutenzione e realizzazione di infrastrutture idrauliche ad una maggiore e diffusa cultura dell’acqua”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Popolo in festa

Specchia tarantina (Martina Franca) domenica celebra Santa Teresa

26 Set 2024

di Angelo Diofano

A Martina Franca, gli abitanti di Specchia tarantina (sulla strada verso Villa Castelli) festeggeranno domenica 29 settembre Santa Teresa del Bambino Gesù, venerata nella chiesa intitolatale.

“Riprendiamo la buona tradizione per onorare la figura di Santa Teresa del Bambino Gesù, protettrice delle nostre contrade” – dice don Damiano Nigro, parroco alla Santa Teresa-santuario Madonna della Sanità, da cui dipende il luogo di culto.

Il programma prevede alle ore 9.30 la santa messa presieduta da mons. Salvatore Ligorio, arcivescovo emerito di Potenza; alle ore 18 uscirà la processione guidata dal parroco don Damiano Nigro e accompagnata dalla banda musicale di Villa Castelli; al rientro, preghiera alla santa:  alle ore 20 negli spazi all’aperto, illuminati a festa dalla ditta Francesco Paciello di Monopoli, avrà luogo lo spettacolo folkloristico del gruppo “Popular Folk”; durante la serata saranno a disposizione stand per la degustazione di prodotti tipici e di fast food. A conclusione della festa, alle ore 22, ci saranno i fuochi pirotecnici a cura della ditta Itria Fireworks di Martina Franca.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Taras Teatro Festival

Da oggi, giovedì 26, nell’auditorium TaTÀ al via il Taras Teatro Festival

26 Set 2024

Entra nel vivo il Taras Teatro Festival – Scena antica e visioni contemporanee, nell’auditorium TaTÀ in via Grazia Deledda a Taranto. Al via con il Laboratorio formativo per attori, iniziano gli spettacoli della kermesse prodotta da Terra Magica Arte e Cultura, in collaborazione con il Crest, arricchita dagli appuntamenti collaterali del Taras Culturə Festival. Direzione artistica di Massimo Cimaglia. Tema principale «la scena delle donne» dedicato a Eleonora Duse di cui ricorre il centenario della morte.

Questo il programma degli spettacoli principali. Giovedì 26 settembre alle ore 21, con ingresso gratuito, in collaborazione con il Taras Culturə Festival, conferenza «La tragedia greca» con il maestro Peter Stein, vincitore del premio Le Maschere del Teatro italiano 2024 come migliore regia, coadiuvato dalla voce recitante di Maddalena Crippa.

Venerdì 27 settembre ore 21, Elena Arvigo con «Elena», capolavoro di Ghiannis Ritsos con Monica Santoro, regia di Elena Arvigo. Produzione Teatro Out Off. Biglietto 10 euro su www.vivaticket.com o al TaTà. Infoline 3332694897. Alle ore 18, per gli eventi gratuiti del Taras Culturə Festival, «Gymnasion»: la tradizione sportiva di ieri e oggi, con Giuseppe Mazzarino, l’archeologa Stefania Montanaro e il pugile tarantino Luigi Merico.

Sabato 28 settembre ore 21, Elisabetta Pozzi con l’originale drammaturgia «Cassandra o dell’inganno» scritta in collaborazione con Massimo Fini. Musiche originali di Daniele D’Angelo, prodotto da Centro Teatrale Bresciano. Biglietto 10 euro su www.vivaticket.com o al TaTà. Info 3332694897. Alle 18, gli eventi gratuiti del Taras Culturə Festival, presentazione del libro «Gli Spartani» di Barbara Gizzi, edito da Scorpione Editrice dopo il successo dello spettacolo omonimo della scorsa edizione. Modera Cristiano Scagliarini, dialoga con l’autrice Francesco Morosi.

Domenica 29 settembre ore 21 con ingresso gratuito, Valeria Cimaglia, rivelazione nelle vesti di Clitemnestra ne «Gli Spartani» sarà «Medea» di Euripide prodotto da Altrosguardo Associazione Culturale, regia di Mariachiara Basso. Alle ore 18, per il Taras Culturə Festival,«La scena delle donne»: attrici, autrici, imprenditrici e gli interventi di Eva Cantarella e Pierfranco Bruni.

 

Le attività del TTF sono promosse dal Consiglio regionale della Puglia nell’ambito dell’Avviso Futura. La Puglia per la parità, 2^ed. e si avvale del contributo del Comune di Taranto e del sostegno di Teleperformance, Fondazione Taranto 25, BCC di Bari e Taranto. Il Taras Culturə Festival si svolge con il contributo del Consiglio regionale della Puglia ed è patrocinato dal MIC con il Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della morte di Eleonora Duse. Partner: MArTA, Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Soprintendenza Patrimonio Culturale subacqueo, Comando interregionale Marittimo Sud, Università “A.Moro” Bari, Inda, Isamg, Cavalieri de li terre tarentine, Bottega Cosimo Vestita, Amici dei Musei, AICC Taranto, Museion, Institute of Sparta.

Valeria Cimaglia nella foto di Francesca Gemmino

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO