Quale fango spalare?
Dopo l’alluvione dei giorni scorsi in Emilia-Romagna sono tornati i giovani da diverse città italiane per spalare fango. Un gesto di solidarietà ripetuto a breve distanza di tempo e che si è posto come richiamo nel bel mezzo di aspre polemiche sulle responsabilità istituzionali. Hanno nuovamente cantato “Romagna mia” non come un ritornello folcloristico e di ottimismo spensierato ma come una condivisione della fatica e della speranza di una popolazione sana e robusta.
Ma questi giovani non sono forse gli stessi giovani che da tempo denunciano una disattenzione diffusa e colpevole al cambiamento climatico?
Non sono forse questi giovani a “fare rumore” per svegliare la coscienza dei responsabili della cosa pubblica sul pericolo che il pianeta sta correndo?
Non sono forse questi stessi giovani a manifestare la loro preoccupazione e anche la loro angoscia per le gravi ferite che alcuni infliggono all’ambiente per ottenere profitti e rubando il futuro alle nuove generazioni?
Non sono forse questi giovani a denunciare l’indebolimento delle politiche ambientali europee per gli egoismi nazionali, per paura di perdere voti perché la tutela e la difesa dell’ambiente esige scelte per nulla populistiche?
Non sono forse anche questi giovani ad essere presi di mira nelle loro manifestazioni pubbliche dalle nuove norme per una sicurezza pubblica alla quale si vorrebbe sacrificare perfino l’espressione non violenta del pensiero critico.
Dunque va bene spalare il fango cantando “Romagna mia” ma non va bene scendere in piazza e fare rumore per chiedere di fermare il sistematico attacco al pianeta? Se questa è la piega che sta prendendo il confronto con i giovani sui grandi temi del futuro quale dialogo intergenerazionale sarà mai possibile?
C’è un fango da spalare oltre quello delle case e delle strade ed è quello dell’ideologia in cui annaspa una politica senza visione, senza pensiero. Qui la melma è più difficile da rimuovere, ma si può rimuovere come scrivono i giovani autori del libro “È ancora possibile una buona politica?” (ed. Paoline, 2023): “È necessaria una profonda riconnessione tra ambiente, economia e società. Occorre una politica di ampio respiro consapevole della posta in gioco e dei rischi per il pianeta, capace di coinvolgere le comunità di promuovere accordi internazionali, leggi e regolamentazioni che convertano questa economia lineare e dissipativa in un’economia circolare e distributiva”. Non è l’unico esempio di giovani che studiano, pensano, agiscono, per il bene comune. Ci sono spalatori di fango in una terra devastata dall’acqua e spalatori di fango in una politica devastata dal non pensiero. Due facce della stessa medaglia.