Papa Francesco alla veglia per il Sinodo: “Proviamo vergogna per i nostri peccati”
“La Chiesa è sempre Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca di perdono, e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi che si riconoscono poveri e peccatori”: lo ha ribadito il papa Francesco, nell’omelia della veglia, presieduta nella basilica di San Pietro, a conclusione del ritiro in preparazione alla seconda sessione del Sinodo dei vescovi, che si apre oggi, mercoledì 2 ottobre.
“Ho voluto scrivere le richieste di perdono che sono state lette da alcuni cardinali, perché era necessario chiamare per nome e cognome i nostri principali peccati, perché noi li nascondiamo o li diciamo con parole troppo educate – ha spiegato Francesco -. Il peccato è sempre una ferita nelle relazioni: la relazione con Dio e la relazione con i fratelli e le sorelle. Nessuno si salva da solo, ma è vero ugualmente che il peccato di uno rilascia effetti su tanti: come tutto è connesso nel bene, lo è anche nel male. La Chiesa è nella sua essenza di fede e di annuncio sempre relazionale, e solo curando le relazioni malate, possiamo diventare una Chiesa sinodale”. “Come potremmo essere credibili nella missione se non riconosciamo i nostri errori e non ci chiniamo a curare le ferite che abbiamo provocato con i nostri peccati?”, si è chiesto Francesco, secondo il quale “la cura della ferita comincia confessando il peccato che abbiamo compiuto”. “Quante volte nella Chiesa ci comportiamo in questo modo? Quante volte abbiamo occupato tutto lo spazio anche noi, con le nostre parole, i nostri giudizi, i nostri titoli, la convinzione di avere soltanto meriti?”, il commento alla parabola del fariseo e del pubblicano, “chiuso alla grande sorpresa della misericordia”, perché “il suo io non dà spazio a nessuno”: “Noi oggi siamo tutti come il pubblicano, abbiamo gli occhi bassi e proviamo vergogna per i nostri peccati. Come lui, rimaniamo indietro, liberando lo spazio occupato dalla presunzione, dall’ipocrisia e dall’orgoglio. Non potremmo invocare il nome di Dio senza chiedere perdono ai fratelli e alle sorelle, alla terra e a tutte le creature. “Cominciamo questa tappa del Sinodo, ha proseguito Francesco: “E come potremmo essere Chiesa sinodale senza riconciliazione? Come potremmo affermare di voler camminare insieme senza ricevere e donare il perdono che ristabilisce la comunione in Cristo?”. “Il perdono, chiesto e donato, genera una nuova concordia in cui le diversità non si oppongono, e il lupo e l’agnello riescono a vivere insieme”, la tesi del papa: “Di fronte al male e alla sofferenza innocente domandiamo: dove sei Signore? Ma la domanda dobbiamo rivolgerla a noi, e interrogarci sulle responsabilità che abbiamo quando non riusciamo a fermare il male con il bene”.