All’Acclavio, giovedì 17, storie e leggende tarantine: un libro di Antonio Tagliente
Giovedì 17 ottobre alle ore 17:30, nella sede della civica biblioteca Pietro Acclavio di Taranto, si svolgerà la presentazione del volume “Tra Storia e Leggenda. Cosa davvero si nasconde in alcuni antichi racconti popolari tarantini” di Antonio Tagliente, pubblicato da Scorpione editrice. L’evento, promosso dalla Sezione tarantina della Società di Storia Patria per la Puglia e dal Comitato di Taranto della Società “Dante Alighieri”, dopo i saluti istituzionali, prevede le relazioni di José Minervini, presidente del Comitato della “Dante”, e di Antonio Basile, docente emerito dell’Accademia di Belle Arti di Lecce.
In conclusione della serata interverranno l’autore e l’editore. Nel corso dell’evento, che sarà coordinato da Mariolina Alfonzetti, componente del Consiglio direttivo della sezione locale della Società di Storia Patria per la Puglia, saranno letti alcuni brani significativi da Tiziana Risolo.
Il volume propone la raccolta di sei racconti tarantini, risalenti all’epoca medievale, che rientrano nel genere leggendario e agiografico: come è chiarito nella premessa, essi traggono origine dal ricordo di un evento storico realmente accaduto che, rimasto lungamente nella memoria collettiva, è stato poi reinterpretato in chiave leggendaria dalla fantasia popolare.
L’interesse verso questi racconti e in generale verso la letteratura popolare – chiosa l’autore nella premessa – scaturisce dal constatare quanto essi siano testimonianza della società che li ha creati e quanto contribuiscano in maniera decisiva alla comprensione della sensibilità di un popolo, delle sue inquietudini e delle sue dinamiche. Ponendosi in questa prospettiva – egli continua – che è quella tracciata ormai quasi un secolo fa nella rivista “Annales d’histoire économique et sociale”, fondata nel 1929 da Marc Bloch e Lucien Febvre, la lettura di questi racconti avvicina emotivamente all’animo dei nostri avi tarantini dei quali siamo “oggettivamente la storica evoluzione” e con i quali si potranno condividere la morale, le tradizioni, le ansie e le paure, in un viaggio alla ricerca “delle nostre stesse radici”.
Quindi immersi nell’atmosfera suggestiva della narrazione leggeremo la storia di un vero e proprio caso di femminicidio, “Schiuma”, la donna gettata in mare dal marito e trasformata in sirena, cui sono ispirate le varie statue di sirene visibili sul lungomare cittadino; oppure incontreremo l’amore sfortunato di due giovani nobili, narrato nel cantare di “Ottinello e Giulia”, probabilmente composto in occasione del matrimonio della figlia del principe di Taranto, Giovanni Antonio del Balzo Orsini, con Giulio Antonio Acquaviva, figlio del Duca di Atri.
Ancora un amore contrastato è al centro de “Il re di Taranto ed il Re di Valisu” in cui si nasconde la storica distruzione di Balesium (oggi sito archeologico in provincia di Brindisi), avvenuta nel 1156 per mano di Guglielmo I re di Sicilia, detto il Malo, che all’epoca aveva anche il titolo di Principe di Taranto.
Legato al rifornimento dell’acqua alla Taranto medievale e alla storia dell’acquedotto del Triglio è il racconto “Il Mago Virgilio e la vecchia maga”, che si basa su una testimonianza riportata dall’archeologo Luigi Viola.
Appartenente all’agiografia sono invece le affascinanti storie di due santi anacoreti, Santa Sofronia e San Giovanni da Matera che, in momenti storici diversi, abbandonarono i beni terreni e si rifugiarono sull’isola di S. Pietro, la più grande delle Cheradi, alla ricerca di un contatto più diretto con Dio.
La vergine Sofronia, la cui storia si fa risalire al IV sec., affascinata dalla vita di Santa Pelagia, fatta di penitenze e di abbandono a Dio, volle imitarla e per questo raggiunse su una barca l’isola che oggi conosciamo col nome di San Pietro, ma che allora si diceva che fosse indicata come isola di Santa Pelagia perché vi era stata costruita una cappella a lei dedicata. Qui al riparo dal peccato visse da eremita nella fitta boscaglia al solo contatto con la vegetazione e gli animali.
Allo stesso modo alla fine dell’XI secolo il fanciullo Giovanni da Matera, dopo aver abbandonato la famiglia, chiese di essere accolto nel cenobio basiliano fondato sull’isola di S. Pietro, deciso a lavorare per la comunità religiosa dalla quale in seguito si distaccò per condurre la vita in maggiore solitudine.
Il volume si chiude con “La tradizione popolare legata ad Elena degli Angeli”, la principessa epirota, sfortunata sposa di Manfredi, probabilmente sepolta in un antico sarcofago in marmo, presente fino al XVII secolo nel Duomo di Taranto, sulla cui faccia anteriore erano rappresentati due angeli.