Monsignor Angelo Panzetta si è presentato a Lecce come arcivescovo coadiutore
“Abbiamo dunque pensato a te, venerabile fratello di cui abbiamo conosciuto nel servizio pastorale
reso presso l’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, le doti e nello stesso tempo la capacità di governare che ti rendono idoneo a passare dai pitagorici agli japigi assumendo questo nuovo ufficio”. Sono le parole conclusive della bolla con la quale Papa Francesco, nell’agosto scorso, aveva dominato monsignor Angelo Panzetta arcivescovo coadiutore della diocesi di Lecce al fianco dell’arcivescovo Michele Seccia. Ebbene, monsignor Panzetta, le cui origini sono così profondamente radicate nella diocesi di Taranto, dove si è formato e ha iniziato il suo sacerdozio, mercoledì 6 novembre, nella ricorrenza del 267esimo anniversario della Dedicazione della cattedrale di Lecce, si è presentato alla nuova comunità, con un’omelia svolta nella santa messa.
“Non vi nascondo che ho nel cuore gioia grande ma anche tanta trepidazione, la trepidazione che bussa ai cuori degli uomini di fronte a grandi responsabilità”. “Vengo qui con umiltà, umiltà vera. Entro in punta di piedi in questa chiesa. Io sono l’ultimo arrivato. Questa Chiesa ha una storia gloriosa, entro in una chiesa bellissima, gloriosa, nella quale c’è un passato meraviglioso che ci spinge a fare sul serio anche per quanto riguarda il nostro futuro. Non c’è dubbio che guardando la storia di questa comunità, ci accorgiamo di tanta ricchezza da accogliere. Io sono venuto qui animato da una grande consapevolezza vocazionale. Sono certo e lo dico con la verità, attingendo alla verità del mio cuore, della mia coscienza”.
Si è presentato ai fedeli presenti alla celebrazione come pastore che seguirà lo stile dell’arcivescovo Seccia: nell’incontro in semplicità con le persone, per entrare in empatica con loro. L’arcivescovo coadiutore, chiamato cioè a succedere all’attuale arcivescovo, che aveva fatto esplicita richiesta al santo padre di un “aiuto per il governo della vita diocesana” , come guida pastorale della diocesi, ha detto: “Vengo qui con umiltà, umiltà vera. Entro in punta di piedi in questa chiesa. Io sono l’ultimo arrivato”.
Passano a delineare, poi, sulle linee pastorali, ha sottolineato: “il primato della parola di Dio” , e affermato che “per il futuro delle nostre comunità occorre costruire quella chiesa sinodale estroversa. La comunità cristiana non può essere costruita solo sulle risorse economiche, che pure sono importanti, e non può essere costruita nemmeno solo sulla buona volontà delle persone. Perché per essere chiesa una comunità deve essere costruita su Gesù Cristo, altrimenti si rischia di snaturare le nostre comunità. Noi come educatori dobbiamo costruire e accompagnare le persone a radicare la loro vita. Sul mistero di Cristo. È questa la nostra grande responsabilità”
“E voglio essere e provare a essere sempre un vescovo vicino ai sacerdoti. – ha concluso – Già nella mia esperienza di prete avevo capito che il rapporto tra vescovo e presbiteri è decisivo nel benessere ecclesiale”.