Sanità: l’emergenza si aggrava, nessuna schiarita per Neonatologia e Utin
La sanità si rivela questione centrale per il nostro paese e anche per il nostro territorio. Medici e infermieri si sono fermati in massa anche nella provincia ionica in adesione allo sciopero nazionale indetto dai loro sindacati per protestare contro la manovra finanziaria. Che non solo non stanzia risorse adeguate, ma non conferma l’impegno all’assunzione di 30.000 unità necessarie al funzionamento minimo nelle strutture sanitarie italiane. Dei quali oltre la metà specialisti. Taranto vive, in questo, un momento particolarmente difficile, con le carenze più volte lamentate e mai soddisfatte, soprattutto per i pronto soccorsi dei pochi ospedali che ancora ne dispongono e par la penuria di personale che è accentuata anche rispetto al resto della regione. Ma torna in alto mare la questione della reparto di Neonatologia e dell’Unità di Terapia intensiva neonatale dell’ospedale SS. Annunziata, che può essere preso un po’ a simbolo delle criticità che si trascinano da anni senza soluzioni definitive, tanto a livello locale, più che a livello nazionale. Dopo l’intervento del presidente Emiliano, che aveva assicurato, non si sa bene su quali basi, la disponibilità a ritirare le dimissioni da parte dei cinque medici che si sono dimessi per l’impossibilità di portare avanti un reparto che ne prevede almeno quattordici, arriva la smentita.
A smentire sono gli stessi medici, per voce del dottor Giovanni Ciraci, che nei giorni scorsi aveva preannunciato la clamorosa iniziativa. Non è vero che tutto è stato risolto, nessun medico ha ritirato le dimissioni. “Non ci è stato offerto un aumento di stipendio, né tanto meno avremmo accettato”. I medici non sono stati interpellati e dell’impegno a inviare altri medici da Bari da pagare a gettone, non si veda ancora alcun atto conseguenziale. Il rischio di chiusura del reparto, quindi, resta incombente. Anche perché al concorso indetto dall’Asl di Taranto per l’assunzione di medici in reparto, si sono presentati solo pochi specializzandi, che quindi non potranno, se assunti, ruotare coi medici del reparto, ma solo affiancarli in caso di necessità. E sarebbero comunque insufficienti.
Intanto, su un altro fronte, mentre sembrano allungarsi continuamente i tempi per l’entrata in funzione dell’Ospedale “San Cataldo” (si parla del 2026, ma sono ancora molte le questioni aperte) già si comincia a trepidare anche per il futuro del “Moscati”. Che fine farà l’ospedale sul quale si è tanto investito in questi anni per il polo oncologico? È la domanda che pone il vicepresidente della commissione sanità della Regione Puglia, il consigliere Renato Perrini che ha chiesto l’audizione all’assessore regionale alla Sanità, Raffaele Piemontese. Nelle scorse settimane, lo stesso Perrini, che è esponente di FdI, aveva sottolineato il problema dei parcheggi e della viabilità per l’ospedale, considerando che a fruirne sono anche pazienti provenienti da altri territori.
Intanto, sul fronte del risparmio della spesa sanitaria, si registra, oggi, solo un accordo tra le regioni Basilicata e Puglia per “calmierare” i prezzi delle prestazioni fuori regione dei pazienti locale. Si tratta di un problema di ‘bilanci’ che incide sulla tenuta dei conti ma non certa sulla qualità del servizio, né tanto meno sulle liste d’attesa, che non si sono assolutamente ridotto in questi ultimi mesi dopo i proclami del governo.
Intanto, si apprende che sono stati almeno cento gli episodi di violenza nei confronti di medici ospedalieri registrati negli ospedali della sola Puglia. A lanciare l’allarme sono le organizzazioni si categoria, che segnalano che in molti casi gli episodi non sono stati denunciati, ma che la situazione resta molto grave.