È pretendere molto …?
È stato necessario un bel po’ di tempo per riaversi dalla botta. Come essere investiti da un Frecciarossa sulla direttissima Roma – Firenze. Quello che ha dichiarato il ministro dell’istruzione e del merito della Repubblica Italiana, Giuseppe Valditara, alla presentazione pubblica della fondazione intitolata a Giulia Cecchettin a Montecitorio, ha un qualcosa di irreale. Quello che colpisce di più è il fatto che, sul tema della violenza contro le donne, Valditara ha una concezione alterata della realtà e la adopera, con interesse, per aizzare timori e suscitare paure, fingendo di non sapere i dati conosciuti e le tesi degli esperti di psicologia sociale che, da diverso tempo, indicano le cause di tale fenomeno. Due sono i passaggi che hanno più innescato le reazioni – e il gelo già nella sala, durante la proiezione del videomessaggio – e che, certo, non ci si aspetta siano pronunciati da un ministro della Repubblica. “Abbiamo di fronte due strade – ha dichiarato Valditara, facendo cenno alle soluzioni contro la violenza sulle donne – una concreta, ispirata ai valori costituzionali, e un’altra ideologica. La visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato”. L’affermazione è dozzinale perché ridurre ciò che ormai tutta la letteratura sul tema individua come causa sistemica e strutturale della violenza contro le donne e cioè il patriarcato, a sola visione ideologica, vuol dire non aver capito che la violenza contro le donne deriva da una asimmetria di potere che in un sistema sociale prestabilisce che gli uomini lo possiedano ancora in tutti gli ambienti. Vuol dire non aver capito che la violenza contro le donne si vince provando a demolire i pregiudizi sessisti che sono alla base di tale asimmetria e che chiudono donne e uomini in ruoli tradizionali, frenandone, così, lo sviluppo formativo, personale e professionale e le opportunità di vita in generale. Vuol dire forse non aver mai letto la Convenzione di Istanbul, che è legge dello Stato, che sancisce che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una discriminazione contro le donne; che il patriarcato e i rapporti di potere degli uomini sulle donne si manifestano proprio con la violenza e ne sono, perciò, causa ed effetto. Dire che “il patriarcato come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del ’75 che ha sostituito la famiglia basata sulla gerarchia con quella basata sulla eguaglianza” vuol dire non aver capito che il problema è culturale e non giuridico perché il patriarcato non si rimuove abolendo norme e imponendo una eguaglianza e una parità solo formali. Il patriarcato si distrugge costruendo una società paritaria, in ogni struttura e in ogni ambito, e non paternalista. Le donne non hanno bisogno di nessuno che le protegga, hanno, piuttosto, necessità che i principi di autonomia e di autodeterminazione siano davvero realizzati. L’altro passaggio è quello più strumentale ed è un classico del repertorio propagato, in modalità circolare, in questi ultimi due anni e passa. Infatti Valditara ha terminato la sua analisi sul fenomeno della violenza dichiarando: “Non si può far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato pure a forme di marginalità e devianza in qualche modo discendenti dalla immigrazione illegale”. Retorica, è solo retorica, smascherata da dati che dicono altro. Un primo dato è che oltre i tre quarti dei femminicidi sono compiuti da italiani legati alla vittima da un rapporto familiare, affettivo o sentimentale. I dati del recente resoconto statistico della Direzione centrale della polizia criminale dicono che non si sarebbe accertato, negli ultimi anni, un aumento delle violenze sessuali, come, però, sembra aver ipotizzato il ministro. La percentuale dei casi di violenze sessuali commesse da stranieri è invece rimasta, in sostanza, invariata: infatti, nel 2021 era il 27% del totale e si è attestata al 28% nel 2022 e nel 2023. Percentuali queste che comprendono sia stranieri regolari che richiedenti asilo, rifugiati, profughi, irregolari, clandestini, perché non ci sono dati. Ma mettendo in relazione i dati delle violenze sessuali, che sono uguali, con la presenza di clandestini e irregolari e rilevando che il numero di questi ultimi, man mano negli anni, è calato, si può affermare che non esiste legame fra violenze sessuali e immigrazione clandestina. Ma le affermazioni di Valditara stridono, e mica poco, anche rispetto alla circostanza in cui sono state pronunciate: la presentazione della fondazione dedicata a Giulia, decisamente voluta dal padre e dalla sorella che, dal primo momento, ha affermato che il femminicidio è un delitto di potere e che quelli qualificati “mostri”, mostri non sono, non sono malati, sono figli, sani, del patriarcato e della cultura dello stupro. Dopo le dichiarazioni del ministro, Elena, la sorella di Giulia, ha postato un messaggio: “Forse, se invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e “per bene”, si ascoltasse non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro paese ogni anno”. È pretendere molto che almeno sui femminicidi non si faccia réclame, propaganda, campagna elettorale?