Saranno presenti anche le Acli provinciali di Taranto, con il loro presidente, avv. Giuseppe Mastrocinque, e cinque delegati – Marika Carelli, Mimmo Lomartire, Anna Caramia, Antonio Venerito e Giuseppe Tucci – al 27° congresso nazionale delle Acli, intitolato ‘Il Coraggio della pace’, dal 29 novembre al 1 dicembre, all’hotel Ergife di Roma.
Un importante momento di confronto per riflettere sul percorso svolto in questi anni, definire le priorità del prossimo mandato di presidenza e rinnovare l’impegno dell’associazione a favore del bene comune tra ambiente, politica, società e lavoro in un contesto nel quale la pace è al centro del futuro.
Durante i tre giorni di lavori, si alterneranno dibattiti, testimonianze e momenti di dialogo su temi cruciali come il lavoro, la giustizia sociale, la solidarietà e il ruolo delle Acli in un contesto che richiede partecipazione e coraggio. Il congresso si aprirà ufficialmente venerdì 29 novembre alle ore 16 con l’avvio delle procedure statutarie e un momento di spiritualità e preghiera, seguito dai saluti delle autorità presenti.
All’evento interverranno ospiti provenienti dal mondo politico, ecclesiastico e sindacale, che contribuiranno ai dibattiti e arricchiranno con i loro interventi i lavori congressuali: Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle, Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, Antonio Tajani, vicepresidente del consiglio e ministro degli Esteri, Raffaele Fitto, il card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, Maurizio Landini, segretario generale della Cgil.
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Emiliano Manfredonia, presidente nazionale Acli, presenterà la relazione sul mandato, che offrirà una panoramica sul lavoro svolto negli ultimi anni e sulle prospettive future: “Il tema della pace, a cui abbiamo dedicato il nostro congresso, sarà sempre più centrale per tutta l’associazione perché è centrale per la vita di ogni cittadino: è da qui che parte il nostro impegno per garantire a tutti i cittadini un’esistenza libera e dignitosa a partire dalla questione più grande del lavoro povero. Sarà un congresso partecipato – ha concluso Manfredonia – che parte dal basso con l’ambizione di coinvolgere il popolo delle Acli ma anche tutti gli amici del mondo associativo, ecclesiastico e politico che ci hanno accompagnato in questi primi 80 anni di cammino e ci continuano ad accompagnare con l’obiettivo comune di costruire una società più giusta e inclusiva”.
Sabato 30 novembre sarà dato particolare spazio ai Giovani delle Acli, con un congresso parallelo dedicato a loro, in programma dalle ore 13 alle 16.
L’evento si concluderà domenica 1 dicembre con la santa messa alle ore 8:30, concelebrata dal card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi e da don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera. A seguire si svolgerà la presentazione delle candidature per il rinnovo degli organi associativi e l’approvazione della mozione congressuale. La proclamazione degli eletti e il termine dei lavori sono previsti per le ore 14.
Sciopero del 29: a Taranto il corteo e il fermo di 24 ore delle autolinee Ctp
26 Nov 2024
di Silvano Trevisani
Sabato prossimo il Paese si fermerà. Non tutto, magari, ma lo sciopero indetto da Cgil e Uil, cui non ha aderito la Cisl, che è per la trattativa e non per la protesta, avrà sicuramente un riscontro significativo. Anche a Taranto si svolgerà una manifestazione venerdì mattina, con un comizio finale alle 10,30 a piazza Immacolata. Per 24 sciopereranno le autolinee Ctp (tranne che nelle ore di garanzia) per cui è meglio cautelarsi: molte le corse destinate a saltare.
Le ragioni
I motivi dello sciopero sono noti e vanno dalla bocciatura della finanziaria ai tagli reali alla sanità, alla scuola, allo sviluppo industriale. Questioni che, se coinvolgono tutto il Paese, hanno per Taranto una motivazione in più: lo smantellamento reale dell’industria che si accompagna al crescente spopolamento. Se è vero che l’Istat ha previsto per la popolazione di Taranto, entro il prossimo anno, un calo di circa 8.000 unità, che crescerà di molto da qui a dieci anni. Fenomeno dovuto in gran parte alla mancanza di lavoro, di prospettive per i giovani e all’inadeguatezza dei servizi. Ma dobbiamo anche ricordare che secondo la Cgia di Mestre, per Taranto è prevista, entro il 2034, la perdita di circa il 13,5% dei posti di lavoro.
I segnali
I segnali di un grave deterioramento si stanno registrando, in questi giorni, e i sindacati che hanno indetto lo sciopero li hanno riassunti così: “La storica vertenza ex Ilva, ma anche quella di Hiab, Leonardo o del Porto di Taranto. Ma anche l’incredibile vicenda degli oltre 150 precari storici degli appalti comunali. O l’emblematica storia dei dipendenti del comune di Roccaforzata”. Aggiungeremmo a questo anche i tagli previsti all’Arsenale militare e quelli conseguenti alle chiusure delle attività commerciali, soprattutto nel Borgo, che hanno portato, assieme alla sparizione di decine di imprese negli ultimi giorni, il licenziamento di molti dipendenti.
La transizione frenata
“Taranto è figlia di una vera e propria azione di fallimento della politica industriale di questo paese – dichiarano Frontini e D’Arcangelo, di Uil e Cgil. – Perché nella manifattura non basta difendere gli asset produttivi, ma avviare investimenti che sappiano difendere l’occupazione, tutelando anche salute e sicurezza”. I sindacati lanciano l’allarme, definendo le attività industriali ioniche “destinate all’estinzione” anche perché nulla ancora si sa dei bandi destinati al territorio dal “Just Transition Fund”. Ben 800 i milioni di euro (il 70% dei quali andrebbe speso entro il 31 dicembre 2026 pena la restituzione all’Europa) che l’Unione Europea ha previsto per investire in quelle aree dove è urgente superare il modello di produzione industriale a carbone.
Le donne
Un’ultima parola, in questi giorni dedicati all’attenzione per il pianeta donna, alla situazione occupazionale femminile sul nostro territorio, che abbiamo già segnalato dopo la pubblicazione dei report sulla qualità della vita. Taranto e la sua provincia, infatti, conquistano la maglia nera sul tasso di occupazione femminile quart’ultima dietro solo a Caltanissetta, Crotone e Napoli e ultima in Puglia: solo il 28,6% delle donne lavora.
“È stata ampiamente dimostrata una stretta correlazione tra insulino-resistenza e malattie neurodegenerative, tanto che la malattia di Alzheimer viene anche definita diabete di tipo III”: lo ricordano gli autori di uno studio pubblicato sulla rivista Pnas dal gruppo di Claudio Grassi, direttore del dipartimento di Neuroscienze e ordinario di Fisiologia dell’Università Cattolica, e da Salvatore Fusco, associato di Fisiologia nello stesso ateneo. “In questo nuovo lavoro abbiamo dimostrato che nel cervello, durante le prime fasi della malattia di Alzheimer, le alterazioni tipiche dell’insulino-resistenza cerebrale determinano un aumento della quantità dell’enzima zDHHC7 e l’alterata S-palmitoilazione di proteine importanti per la regolazione delle funzioni cognitive e dell’accumulo di proteina beta-amiloide”, dice Fusco. “I nostri dati dimostrano che, in modelli sperimentali di Alzheimer, l’inibizione sia farmacologica sia genetica della S-palmitoilazione proteica sia in grado di contrastare l’accumulo di proteine dannose per i neuroni e ritardare l’insorgenza e la progressione del declino cognitivo. Inoltre, anche nei cervelli post-mortem di pazienti deceduti con l’Alzheimer abbiamo riscontrato elevati livelli di zDHHC7 e di S-palmitoilazione proteica, identificando una correlazione inversa tra i livelli di S-palmitoilazione della proteina BACE1 e il mantenimento delle funzioni cognitive nei pazienti”, aggiunge Francesca Natale, primo autore dello studio. In pratica i pazienti con bassi livelli di S-palmitoilazione della proteina BACE1 totalizzavano punteggi migliori alla scala di valutazione cognitiva in uso, la Mini Mental State Examination (MMSE). Quando in esperimenti condotti su topi geneticamente modificati che riproducono il quadro clinico della malattia di Alzheimer i ricercatori hanno spento gli enzimi zDHHC con un farmaco sperimentale somministrato tramite spray nasale, il “2-bromopalmitato”, sono riusciti a fermare la neurodegenerazione e frenato i sintomi tipici, riducendo, tra l’altro, l’accumulo di beta-amiloide e da ultimo allungando la vita degli animali. “Ad oggi, non sono disponibili farmaci in grado di bloccare selettivamente l’enzima zDHHC7 e il 2-bromopalmitato non è sufficientemente preciso – sottolinea Grassi – ma, grazie al finanziamento ottenuto nell’ambito del bando Pnrr 2023 da parte del Ministero della Salute, testeremo in modelli sperimentali nuovi approcci terapeutici facilmente traslabili un domani nell’uomo, come terapie basate su ‘cerotti genetici’ (piccoli ‘oligonucleotidi’ che si appiccicano sull’RNA dell’enzima zDHHC e ne impediscono la maturazione) o proteine ingegnerizzate capaci di interferire con l’attività degli enzimi zDHHC”.
La sfida per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità passa attraverso relazioni di qualità e la condivisione di esperienza: è emerso nitidamente dal terzo seminario di studio su disabilità e lavoro “Un altro punto di vista: la forza delle reti comunitarie”, organizzato lunedì 25 novembre a Pescara – nella sede dell’Azienda di trasporto unico abruzzese (Tua) – dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro e del Servizio nazionale per la pastorale delle persone disabili della Cei a cui hanno partecipato 150 operatori del settore.
foto Davide De Amicis
“Spesso – osserva don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei – guardiamo il bene da un punto di vista unidirezionale (io aiuto la persona che ha bisogno). In realtà, la vita ci insegna che il bene relazionale che proviene da una presenza è talmente illuminante da scardinare le nostre certezze, come quella dell’efficienza. Se una persona ci rallenta, scopriamo uno sguardo differente sulla vita. I beni relazionali ci consentono di capire cosa fa la differenza, ovvero le persone”. E di loro bisogna prendersi cura, come emerso fin dai saluti del mattino portati dall’arcivescovo di Pescara-Penne, mons. Tommaso Valentinetti: “La mia esortazione – afferma il presule – è che le istituzioni, soprattutto gli enti locali, pongano più attenzione a fornire le cure necessarie perché anche i disabili possano lavorare al meglio”.
foto Davide De Amicis
D’altra parte le persone disabili, proprio per la loro cronica difficoltà nel trovare un’occupazione stabile rischiano, più di altri, di cadere nella povertà: “Una persona povera – conferma Massimo Maggio, direttore di Cbm Italia, un’organizzazione umanitaria impegnata nella promozione e nella tutela dei diritti delle persone disabili – più facilmente cade in una condizione di disabilità e viceversa”. A tal proposito, Cbm Italia ha presentato il primo rapporto su disabilità e povertà delle famiglie in Italia, realizzato in collaborazione con Fondazione Zancan: “I disabili e i loro familiari – precisa il direttore di Cbm italia – lamentano di vivere in un isolamento da abbattere. Serve promuovere una cultura dell’inclusione, investendo poi in un lavoro che sia umanizzato, andando oltre la standardizzazione del welfare attuale. I disabili vogliono passare da essere spettatori a essere attori nel mondo del lavoro”.
Il binomio persone disabili e lavoro è anche al centro della riflessione della Chiesa, a partire proprio dal concetto di persona e dalle parole da usare per definirla: “Parlare di individui come di ‘risorse’ – spiega l’economista Elio Borgonovi – rappresenta un’idea di limite. Vanno indicati come ‘persone’. Un termine che esprime una potenzialità espansiva che va sviluppata”.
foto Davide De Amicis
Non sono mancate poi delle testimonianze concrete, che hanno dimostrato come l’inserimento lavorativo dei disabili sia reale oltre che possibile. Lo ha dimostrato Nico Acampora, educatore e fondatore di Pizzaut: due ristoranti aperti nel 2021 a Cassina de’ Pecchi, nel milanese, e nel 2023 a Monza dando lavoro a 41 ragazzi autistici e 5 normodotati. Ma anche il Centro-Sud non è da meno, grazie all’opera della Fondazione Div.ergo onlus di Lecce: “Coinvolgiamo 60 giovani-adulti con disabilità medio-lieve – racconta il referente Gigi Greco – in un laboratorio creativo in cui realizzano manufatti artistici che vengono venduti ai turisti, ma anche nella coltivazione di un orto solidale con metodi biologici. E poi vanno a fare volontariato in una casa di riposo e curano il verde di un parco cittadino”.
foto Davide De Amicis
Esperienze, queste ultime, condivise in cinque workshop per fare rete: “La forza – conclude suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale Cei per la pastorale delle persone con disabilità – è che tutto ciò abbia una ricaduta regionale. Abbiamo creato reti, questo è stato un incontro significativo e ora la sfida è di non aspettare il seminario dell’anno prossimo, ma far sì di creare reti di cura nella nostra quotidianità”.
È stato un cammino di incontro, di scambio di esperienze, di ascolto verso persone abitualmente lontane dai circuiti parrocchiali. Questo il percorso del Cammino sinodale nelle Chiese di Puglia raccontato dal presidente della Conferenza episcopale pugliese, mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto.
Dopo tre anni quale bilancio si può fare del cammino sinodale nelle diocesi pugliesi? Anzitutto è stata un’occasione provvidenziale per far ripartire la vita delle comunità cristiane in concomitanza con la fine della pandemia. Ha fornito il giusto slancio al desiderio di tornare a camminare insieme e la possibilità di riunirsi con modalità nuove, oltre le abituali dinamiche di gruppo. L’incontro tra generazioni diverse ha prodotto un fecondo scambio di esperienze ed una fotografia più ricca delle comunità stesse e del desiderio di essere presenze significative a partire dalla novità del Vangelo. La riflessione prodotta ha poi delineato un orizzonte condiviso di indicazioni per il rinnovamento a più livelli di pratiche pastorali e organizzative, nonché ha avviato i relativi processi di trasformazione.
In questi anni, come si sono mosse le parrocchie pugliesi? Sono riuscite a organizzare le assemblee parrocchiali o altro per coinvolgere i fedeli? La quasi totalità delle parrocchie si è lasciata coinvolgere dall’esperienza dei tavoli sinodali, gustando una modalità di confronto positiva e arricchente. Da quasi tutte è emerso il desiderio di continuare a utilizzare questa dinamica, soprattutto all’interno delle assemblee parrocchiali e dei consigli pastorali. Si sono inoltre sperimentate altre forme di ascolto verso persone abitualmente lontane dai circuiti parrocchiali:malati e anziani, poveri serviti dalle Caritas parrocchiali e dalle mense, detenuti nella casa circondariale e il carcere minorile, disabili e persone con ritardi cognitivi, alunni delle scuole di ogni ordine e grado, gente comune per strada. Esperienze queste che chiedono di strutturarsi in forma stabile di attenzione e contatto con i diversi territori.
Come vescovo presidente della Cep, cosa si attende da questi assemblee sinodali che si terranno a Roma? Porto in me la preoccupazione che ci hanno consegnato le persone coinvolte in questa esperienza: che il tutto non rimanga sul piano della riflessione e delle buone intenzioni. Se l’obiettivo primario era quello di vivere l’esperienza di una Chiesa che cammina insieme, va ribadito che sono anche emerse diverse istanze di rinnovamento che delineano direzioni chiare e condivise per questo cammino. Ora è tempo di indicare i primi passi concreti da muovere insieme, per dare seguito a quanto fin qui emerso, che diano la misura di un ascolto reale ed efficace. Certamente occorrerà priorizzare e calendarizzare le diverse istanze, ma è fuori di ogni dubbio che ora si attendono le prime scelte praticabili.
Nel caleidoscopico panorama della cultura pop italiana, dove il sacro viene spesso relegato ai margini di un’esperienza puramente estetica o emotiva, emerge con sorprendente nitore la voce di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Le sue recenti dichiarazioni al Corriere della Sera delineano una parabola spirituale che travalica i confini del consueto rapporto tra star e religiosità, configurandosi come un’inedita sintesi tra sensibilità contemporanea e profondità teologica. Il cantautore cortonese, lungi dal proporre l’ennesima declinazione di quella “spiritualità fai-da-te” così cara all’individualismo postmoderno, articola una visione della fede che si innesta profondamente nel solco della tradizione ecclesiale. La sua assertiva dichiarazione “La Chiesa è casa mia” risuona come un manifesto esistenziale che sfida lo zeitgeist dominante, caratterizzato da un diffuso scetticismo verso le istituzioni religiose. Particolarmente illuminante è la sua dissociazione dall’apparato ideologico sotteso a Imagine di John Lennon. Mentre l’immaginario collettivo continua a celebrare l’utopia lennoniana di un mondo post-religioso come paradigma di liberazione, Jovanotti propone una lettura antitetica che rivela una non comune profondità analitica. La sua affermazione secondo cui “un mondo senza religioni è peggiore” si configura come una lucida confutazione del riduzionismo secolarista, riecheggiando, forse inconsapevolmente, le riflessioni di pensatori come René Girard sulla funzione antropologica del sacro. Di particolare pregnanza epistemologica è la sua concezione della fede come “la cosa più umana di te”, che si inserisce in quella nobile tradizione di pensiero cattolico che, da Agostino a von Balthasar, ha sempre visto nell’esperienza religiosa non un’alienazione dell’umano, ma la sua più alta realizzazione. È una prospettiva che trascende la sterile dicotomia tra immanenza e trascendenza, proponendo una sintesi che recupera la dimensione dell’incarnazione del cristianesimo. La sua critica alla metamorfosi della Chiesa in “onlus” rivela una non comune acutezza nell’individuare uno dei nodi cruciali dell’ecclesiologia contemporanea. Quando afferma che “La Chiesa è trascendenza, è la presenza di Dio nella storia”, Jovanotti tocca il cuore di quel dibattito sulla natura della Chiesa che, dal Concilio Vaticano II in poi, oscilla tra la tentazione dell’immanentismo sociale e la necessità di preservare la dimensione misterica dell’esperienza ecclesiale. La sua testimonianza si configura come un prezioso paradigma ermeneutico per comprendere le possibilità di una fede autenticamente incarnata nella contemporaneità. In un’epoca segnata dalla crisi delle mediazioni simboliche tradizionali, la capacità di Lorenzo Cherubini di articolare verità teologiche attraverso il linguaggio della cultura pop assume una valenza paradigmatica. Emerge così il ritratto di un artista che, pur muovendosi con disinvoltura nei territori della cultura di massa, non rinuncia a sondare le profondità del mistero divino. La sua non è una religiosità epidermica o strumentale, ma una ricerca che attinge alle fonti più pure della tradizione cristiana, pur declinandole in un linguaggio contemporaneo. In ultima analisi, la testimonianza di Jovanotti si offre come un fertile terreno di riflessione sul rapporto tra fede e cultura nella società contemporanea. La sua capacità di coniugare autenticità esistenziale e profondità teologica, immediatezza comunicativa e spessore intellettuale, rappresenta un modello prezioso per quel dialogo tra Chiesa e mondo che, oggi più che mai, necessita di mediatori capaci di attraversare confini culturali mantenendo intatta la sostanza del messaggio evangelico.
Per predisporre a vivere l’evento di grazia del prossimo Giubileo, dal titolo ‘Pellegrini di speranza’, venerdì 29 novembre le vicarie dell’arcidiocesi si ritroveranno in alcune chiese, che saranno designate giubilari, per una veglia di preghiera e di meditazione in preparazione al tempo di Avvento.
Nella basilica cattedrale di San Cataldo, alle ore 19.30, si raduneranno le vicarie Taranto Nord, Paolo VI e Borgo.
Nella concattedrale Gran Madre di Dio, alle ore 19.30, le vicarie Taranto orientale 1, Taranto orientale II e Taranto sud.
Nella Collegiata di Grottaglie,alle ore 19.30, le vicarie Grottaglie-Montemesola e San Giorgio Jonico.
Nella basilica di San Martino a Martina Franca, alle ore 20, le vicarie Martina Franca e Crispiano-Statte.
Nel Santuario Nostra Signora di Fatima a Talsano, alle ore 19.30, le vicarie Talsano e Pulsano.
La solenne celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Ciro Miniero per l’apertura del Giubileo avrà luogo domenica 29 dicembre, festa della Santa Famiglia, alle ore 17 nella basilica cattedrale di San Cataldo.
Il 29 e 30 novembre in programma il terzo Covegno nazionale sul Principato di Taranto
25 Nov 2024
Nei giorni 29‐30 si terrà a Taranto il terzo Convegno nazionale sul Principato di Taranto. I lavori si svolgeranno nell’auditorium della Banca cooperativa di Bari e Taranto, in via Berardi, 31.
L’organizzazione è stata gestita da: Aicc Amici dei Musei, Marta, Italia Nostra, Società di storia patria, Dante Alighieri, Amici del Castello Aragonese, Archivio di Stato, Scorpione editrice. I Convegni sul Principato sono iniziati nel 2019 per iniziativa di Franca Poretti e Piero Massafra, sotto l’egida prestigiosa di Cosimo Damiano Fonseca. Questi incontri vogliono essere anche atto risarcitorio verso il nome e il ruolo, diretto e indiretto, esercitato da Taranto come capitale del Principato, a partire dall’XI secolo, con Boemondo (figlio di Roberto il Guiscardo) che ne fu il primo titolare. L’importanza strategica della città, a partire dall’XI secolo è largamente testimoniata dalla bibliografia specifica, ma per gli indirizzi culturali e politici dell’Italia postunitaria, appare ancora abbastanza defilata nella coscienza del Paese e della città. Eppure, in Italia e nel Regno di Napoli, il Principato di Taranto, anche soprattutto per “merito” di alcuni principi e sovrani, ebbe un ruolo assolutamente centrale, come è testimoniato dalle vicende degli Orsini e dei re Aragonesi che necessitarono sempre, per la propria legittimazione, del possesso di Taranto.
L’importanza e l’estensione del piccolo, ma dinamico stato è molto eloquentemente descritto da Benedetto Croce: “Il principe di Taranto fu il più potente feudatario napoletano del Quattrocento, e determinò più volte, col sostegno dato o tolto al re di Napoli, le sorti del loro regno… Le terre da lui possedute erano tante che si diceva dai contemporanei che egli poteva cavalcare da Napoli fino a Taranto senza mai toccare terra altrui”.
Finora i convegni hanno affrontato argomenti storici, politici, artistici, letterari, istituzionali e il prossimo affronta il tema delle conseguenze e “lasciti” di quel duraturo e complesso esperimento politico, protrattosi anche in periodi di minore efficacia e presenza della città, che almeno tra ‘300 e ‘500, va ricordato, riservò la propria cattedrale come “cappella sepolcrale” di alcuni importanti protagonisti di quella istituzione.
Finora, la storia del Principato è stata coltivata e studiata per lo più nel Salento, anche grazie al notevole prestigio del pantheon orsiniano di Santa Caterina, opera assolutamente degna di essere iscritta nelle grandi realizzazioni d’arte nel Sud, come non è accaduto purtroppo al complesso di S. Antonio a Taranto, voluto da Giovanni Antonio del Balzo, forse come mausoleo che ne celebrasse la gloria. Ma la distratta città postunitaria e la minorità degli studi sul medioevo del Sud, ne hanno permesso la colpevole mutilazione, per ricavarne un istituto di pena.
Il programma del III Convegno sarà inframezzato dalle viste guidate a S. Antonio e al Castello Aragonese. E fornisce comunque ogni informazione per seguire agevolmente le fasi dei lavori.
La casa dovrebbe essere un rifugio, un luogo sicuro dove sentirsi protetti. Eppure, per troppe donne, le mura domestiche si trasformano in una prigione di paura e violenza. I dati del 3° Rapporto dell’Osservatorio sulla Sicurezza della Casa Censis-Verisure fotografano una realtà preoccupante: nel 2023 si sono registrati 25.260 casi di maltrattamenti contro familiari e conviventi, un incremento del 2,8% rispetto al 2022, mentre i casi di stalking e atti persecutori raggiungono addirittura un +4,6% a/a, a 19.538.
Nonostante il calo dell’1% degli episodi di violenza sessuale, a 6.231 e del 10% di omicidi con vittime donne, a 117 rispetto ai 126 casi del 2022, i numeri mettono in luce una situazione di emergenza che non accenna a placarsi.
L’Osservatorio evidenzia, infatti, come la percezione di sicurezza per le donne sia un tema delicato per le donne. Il 29,2% di loro dichiara di avere paura a stare sola in casa di notte, contro il 14,7% degli uomini, mentre il 42% teme di uscire lasciando l’abitazione incustodita. Un dato particolarmente preoccupante se si considera che oltre un terzo dei nuclei familiari è composto da persone sole, in maggioranza donne anziane (il 71,7% delle persone che vivono da sole sono donne).
La ricerca sottolinea inoltre come il 69,2% delle chiamate al numero verde antiviolenza 1522 riguardi violenze avvenute all’interno delle abitazioni, confermando che la violenza di genere si consuma spesso tra le mura domestiche, per mano di persone di cui le vittime si fidano. Un contesto che amplifica il senso di vulnerabilità e rende ancora più difficile chiedere aiuto.
Per contrastare in modo efficace il fenomeno della violenza domestica e assicurare una gestione tempestiva e sensibile delle chiamate SOS da parte delle donne in difficoltà, Verisure rafforza il proprio impegno al fianco di Differenza Donna, una delle principali associazioni italiane nel settore. Grazie a questa collaborazione, avviata nel 2022, le Guardie Giurate della Centrale Operativa Verisure—attiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7—ricevono una formazione specifica per rispondere in modo adeguato e professionale alle esigenze delle vittime di violenza. Da gennaio 2024, sono state 23 le chiamate di SOS alla Centrale Operativa da parte di donne in pericolo.
Questo progetto è stato progressivamente esteso a tutto il personale che lavora in prima linea con i clienti e ad altre aree della popolazione aziendale per informare e sensibilizzare sulla tematica, nella convinzione che le aziende abbiano un importante ruolo, potere e responsabilità sociale: possono essere promotrici di valori positivi, fare da attivatore di cambiamenti comportamentali, e da cassa di risonanza di abitudini per rompere stereotipi.
“Credo che la città di Taranto abbia un enorme potenziale di crescita e il Museo archeologico nazionale MArTa non è terzo rispetto a queste politiche, perché la cultura è un motore di cambiamento straordinario in grado di attivare e sviluppare processi e pratiche creative, economiche, sociali, favorendo coesione, riflessione e partecipazione attiva alla vita e alle scelte della città”.
Stella Falzone, direttrice del Museo archeologico nazionale di Taranto, sceglie queste parole per parlare delle giornate di aperture straordinarie che riguarderanno il MArTa fino al prossimo 28 dicembre.
Il 30 novembre, il 7, 14, 21 e 28 dicembre, infatti, il Museo di Taranto consentirà l’ingresso ai visitatori e turisti fino alle 23.00 (chiusura alle ore 23.30).
Si tratta di aperture straordinarie in cui i funzionari archeologi e funzionari architetti del Museo metteranno a disposizione le competenze per offrire percorsi di approfondimento sulla collezione permanente del MArTa.
Il Museo archeologico nazionale di Taranto sarà aperto dunque tutti i giorni (orario continuato dalle 8.30 alle 19.00 e orario straordinario delle date citate fino alle 23.00) offrendo non soltanto archeologia, ma soprattutto riflessioni tra passato e modernità.
La cultura è cuore pulsante di questo processo – dichiara ancora la direttrice Stella Falzone – e in tal senso si è sviluppato tutto il progetto che ha riguardato, ad esempio, il ritorno a Taranto, dal Mann di Napoli, della Lex Municipii Tarentini, il testo di fondazione del municipio romano a Taranto, tra i più antichi del mondo. In quel segmento di tavola bronzea datata I secolo a.C. c’è, infatti, un esempio di progettazione della cultura pubblica.
Chi si recherà al Museo di Taranto potrà, pertanto, ammirare nell’allestimento al primo piano del MArTa, la lastra bronzea originale che sarà al MArTa fino al 28 febbraio 2025.
Le attività previste nelle giornate di aperture straordinarie (30 novembre, 7, 14, 21 e 28 dicembre) sono comprese nel costo del biglietto di ingresso al Museo, pari a 10 euro. Sono fatte salve le gratuità o le riduzioni previste dalla legge e dalla convenzioni. Ricordiamo, inoltre, che è possibile prenotare attività di visita guidata a pagamento, o visita con l’utilizzo di audio guide in cinque lingue.
L’Ambulatorio solidale di Martina Franca incontra il dott. Pietro Bartolo, medico dei migranti a Lampedusa
25 Nov 2024
Pietro Bartolo, il noto medico di Lampedusa che fin dal 1992 si occupa delle prime visite ai migranti, già parlamentare europeo dal 2019 al 2024, mercoledì 27 sarà a Martina Franca per partecipare all’incontro ‘La salute alla portata di tutti’ organizzato dall’Ambulatorio solidale di Martina Franca con il patrocinio del Comune di Martina Franca e del Csv Taranto ets. L’evento, moderato dal giornalista Massimiliano Martucci, si terrà, alle ore 16.30 nella sede dell’Associazione artigiana di Mutuo Soccorso aps, in piazza Plebiscito. Sarà il dott. Mario Motolese, presidente dell’Ambulatorio solidale di Martina Franca, a introdurre i lavori presentando il collega Bartolo che porterà la sua esperienza di accoglienza e solidarietà nei confronti dei più deboli, sviluppando una discussione sull’importanza del supporto sanitario ai cittadini meno abbienti che non possono permettersi visite specialistiche, soprattutto per le lunghe liste di attesa che caratterizzano la sanità pubblica italiana. Da più di un anno l’Ambulatorio solidale di Martina Franca fornisce visite specialistiche gratuite a persone con un Isee inferiore a 9.000 euro, con circa 1.500 persone che hanno usufruito di questo importante servizio: solo l’inizio di un percorso con l’obiettivo di fornire servizi sempre più ampi e qualificati.
Noto per essere stato responsabile sanitario dal 1992 al 2019 occupandosi delle prime visite ai migranti che sbarcavano a Lampedusa, suo paese d’origine, il dott. Pietro Bartolo è un sostenitore dell’accoglienza degli immigrati, dei richiedenti asilo e di tutti coloro di utilizzano i cosiddetti “corridoi umanitari”. Nel 2015 è stato uno dei protagonisti di “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi, il film documentario in cui ha interpretato sé stesso e nel 2016 ha dato alle stampe “Lacrime di sale”, il libro in cui racconta il suo instancabile lavoro di medico che accoglie, cura e conforta i migranti, opera da cui nel 2019 è stato liberamente tratto il film “Nour” di Maurizio Zaccaro, interpretato da Sergio Castellitto.
Al TaTà, tre incontri «tra palco e realtà» a margine della rassegna Periferie
A cura del Crest, a partire da sabato 30 novembre (ore 19)
Tra gli ospiti, la sociologa e saggista Francesca Coin (premio Leogrande 2024) e gli artisti Davide Iodice e Mariano Dammacco (candidati ai premi Ubu 2024)
Disabilità, precarietà e arte della drammaturgia: tre temi tra palco e realtà sui quali la compagnia teatrale Crest di Taranto accenderà i riflettori nello spazio di riflessione «Parliamone insieme a voce», due incontri e un laboratorio con esperti del settore a margine di tre spettacoli della rassegna «Periferie» in corso nell’auditorium TaTÀ.
Il primo, intitolato «L’arte utile», è in programma sabato 30 novembre (ore 19) prima della rappresentazione di «Pinocchio. Che cos’è una persona?» di Davide Iodice, noto per il suo teatro pedagogico al servizio delle persone, pertanto capace di creare un ascolto autentico. In un incontro a più voci condotto dal dottor Domenico Casciano, specialista in terapia familiare e relazionale, il pluripremiato drammaturgo e regista napoletano animerà un ragionamento intorno al rapporto disabilità-teatro partendo proprio dal suo «Pinocchio», lavoro nel quale la diversità e la fragilità sono incarnati dal celebre burattino di legno, che papà Geppetto vorrebbe rendere un bambino uguale a tutti gli altri. Lo spettacolo diventa pertanto occasione per discutere del concetto di normalità, condizione che Iodice considera il «diritto di chiunque ad avere momenti di felicità, espressione e condivisione».
Si parlerà, invece, di precarietà nel mondo dello spettacolo nell’incontro «Il lavoro dei felici pochi e dei poveri tanti per la cultura» che sabato 14 dicembre (ore 19) farà da preludio alla messa in scena della nuova produzione del Crest «A me m’ha rovinato la guera» realizzata in coproduzione con l’associazione Culturale Malalingua, un racconto sulla «fame dell’attore», figura precaria per natura. Condotto da Miriam Putignano del Presidio del libro di Taranto «Rosa Pristina», in collaborazione con il quale l’incontro viene realizzato, l’appuntamento prevede un confronto tra il segretario provinciale della Cgil, Giovanni D’Arcangelo, con la saggista Francesca Coin, attualmente docente di sociologia in Svizzera e autrice per Einaudi del libro «Le grandi dimissioni» sul fenomeno dei congedi spontanei, utilizzato come lente d’ingrandimento sul mercato del lavoro a livello globale. Un libro per il quale l’autrice quest’anno è stata insignita a Taranto del premio intitolato ad Alessandro Leogrande.
Il 10 e 11 gennaio chiuderà il trittico di appuntamenti un laboratorio di drammaturgia di Mariano Dammacco, regista e drammaturgo barese che l’11 gennaio presenterà per la stagione «Periferie» lo spettacolo «La morte ovvero il pranzo della domenica» con Serena Balivo, un lavoro prodotto dalla Compagnia Diaghilev e dedicato a un tema tabù della nostra cultura (la morte, per l’appunto) che ha ricevuto una nomination ai prossimi premi Ubu, gli Oscar del teatro in Italia, dove concorrerà nella categoria «nuovo testo italiano/scrittura drammaturgica». Il laboratorio s’intitolerà «Telepatia e Matematica» in riferimento a due aspetti fondamentali del lavoro di chi scrive per la scena, perché coinvolgere emotivamente lo spettacolo rimanda a capacità telepatiche, così come la conoscenza di regole e tecniche della drammaturgia alla matematica. Il laboratorio sarà gratuito e destinato a un massimo di 15 partecipanti, con termine per la richiesta di adesione entro il 3 gennaio.