Allarme denatalità in Italia dagli Stati generali: in 15 anni le nascite diminuite del 34%
Si sono appena conclusi a Milano, a Palazzo Lombardia, gli Stati generali della natalità con un bilancio allarmante: il calo delle nascite in Italia continua, il 2024 si preannuncia un altro anno negativo. La situazione, che è stata rappresentata dall’Istat, continua a destare preoccupazione e non mostra nessun segnale né di controtendenza e neppure di rallentamento della decrescita.
Infatti, secondo i dati Istat, nel periodo gennaio-luglio 2024 le nascite sono diminuite di 4.600 unità rispetto allo stesso periodo del 2023. Dal 2008 al 2023, le nascite sono scese di quasi 200.000 unità, con una diminuzione complessiva del 34%.
Il dibattito
Gli interventi al dibattito hanno ruotato principalmente sulle ragioni economiche (e anche fiscali) che ostacolano la natalità, che sicuramente sono una delle cause del problema, ma non l’unica e forse neppure la principale. Se si consideri che, secondo vari studi di settore, le famiglie più povere sono quelle che hanno dei minori, mentre le famiglie più ricche sono quelle con anziani.
Tra gli interventi centrali c’è stato quello del ministro dell’Economia Giorgetti che, rilevando la gravità del problema, ha sottolineato la necessità di “rimuovere gli ostacoli fiscali”. Ha proposto che si tassino i redditi disponibili anziché quelli nominali, poiché le famiglie numerose hanno un reddito disponibile inferiore rispetto a quelle con meno figli. Un problema esistente ma non determinante. Ha però proposto l’istituzione di un’agenzia per la natalità, un ente bipartisan, lontano dalle logiche politiche, con un’azione a lungo termine, per rispondere a un Paese che invecchia e non è più sostenibile con il sistema di welfare pensato negli anni ’60. Una buona idea, speriamo che venga attuata.
Misure fiscali e concause
Le misure fiscali sono certamente interessanti, ma non fondamentali, se si considerano molti altri fattori che incidono, a partire dalla mancanza di sostegni sociali, come gli asili nido, pochi e concentrati al CentroNord. E poi: l’invecchiamento delle popolazione e l’allungamento della vita degli anziani, per i quali c’è un crescente bisogno di assistenza cui non corrisponde un’adeguata capacità dello Stato. E ancora: le difficoltà di reperire le risorse contributive in grado di garantire il pagamento delle pensioni in futuro; i dubbi relativi alla capacità del sistema previdenziale di sostenersi nel medio termine. Molte sono le coppie che decidono di procrastinare il matrimonio a causa della mancanza di un reddito adeguato a garantire il futuro della famiglia, e questo comporta anche maggiori rischi di infertilità.
Altre cause
Ma accanto a queste cause, ce ne sono altre che hanno ruolo forse anche più importante, di natura sociologica e che attengono alle “paure” individuali. Che vanno messe in relazione con la società “consumistica” e con l’individualismo esasperato che stiamo vivendo. Di fronte al livello dei consumi attuali, molti si domandano se mettendo al mondo bambini che rappresenteranno costi vivi, potrà essere garantito il proprio livello di spesa o dovranno limitare se stessi a favore dei nascituri. Insomma: sono molti coloro indisponibili a fare quelli che posso no essere definiti dei “sacrifici”.
Ci sono altre motivazioni che attendono la sfera eminentemente sociologica e non economica, e che sono state anche affrontate dai più noti sociologi che ci parlano di una società instabile nelle regole e nei comportamenti, e descrivono l’affettività “liquida”. Che rifugge da legami e da progetti di vita stabili: (ci si vuole sentire liberi dai legami per poterli cambiare a piacimento), ci parlano di relazione del rischio. Col passare degli anni, soprattutto con l’avvento del web, le chance relazionali, cioè la capacità e possibilità di stringere rapporti affettivi non duraturi e mutevoli, ma anche occasionali, sono notevolmente aumentate. L’arrivo di bambini, che imporrebbe relazioni più durature, è vista perciò come un rischio per la propria libertà relazionale…
Per il futuro…
Un unico dato positivo lo ha indicato, agli Stati generali, il presidente dell’Istat, Francesco Chelli: quasi il 70% dei bambini intervistati ha dichiarato di volere figli in futuro. “Per combattere la denatalità, è necessario sostenere questi desideri”, ha concluso, invitando a politiche concrete e inclusive.
Non basteranno certo i buoni propositi dei bambini che, come diceva Oscar Wilde, “purtroppo diventano grandi”, a dare concrete speranza per il futuro, perché tocca a noi nutrire quelle speranze e per ora non lo stiamo facendo per niente!