Salute

Aggredite tre infermiere del “Moscati”, la sanità pubblica continua ad arretrare

20 Gen 2025

di Silvano Trevisani

La sanità è sempre sotto attacco. Le aggressioni al personale sanitario continuano e tre infermiere sono state aggredite all’ospedale “Moscati”, riportando ferite che hanno necessitato di cure mediche e di alcuni giorni di prognosi. Che le costringono a rimanere a riposo e a temere anche il ritorno al lavoro. Non basta certo l’aumento delle sanzioni a evitare le aggressioni. I provvedimenti punitivi sono sempre i più facili da prendere e di solito i più inutili. Perché solo la prevenzione risolverebbe il problema: servizi sanitari più efficienti, percorsi diagnostici efficaci e completi, risposte più sollecite.

Ma purtroppo la sanità pubblica sta andando in direzione opposta, Mentre una popolazione come quella italiana, che invecchia sempre più, avrebbe bisogno che si tornasse ai livelli che le hanno consentito di essere giudicata, negli anni passati, tra le migliori al mondo.

L’aggressione

Ma partiamo con l’ultimo episodio registratosi a Taranto, riprendendo la notizia diffusa dalla Cgil: La notte tra venerdì 17 e sabato 18 gennaio, nel reparto di otorinolaringoiatria del “Moscati” ci sono solo tre giovani infermiere in servizio. Mentre stanno svolgendo il regolare giro di notte per la rilevazione dei parametri vitali dei pazienti ricoverati vengono brutalmente aggredite da uno di loro.

Il paziente ha subito un intervento chirurgico, ma nulla lasciava presagire lo scatto di ira che ha riguardato lo stesso. Le tre infermiere vengono prese di mira con calci e pugni.

Le reazioni

Quel paziente malgrado l’intervento chirurgico fosse di competenza di quel reparto, probabilmente aveva bisogno di essere valutato a monte per gli eventi disturbi psichici che avrebbe potuto manifestare”. Lo sottolinea Cristina Fama, segretaria provinciale della FP CGIL jonica.

Questa cronaca, così come quella dei medici e di tutto il personale sanitario vessato e malmenato da parenti dei pazienti stessi, mette in evidenza un aspetto comune di gravi inadempienze relative all’organizzazione del lavoro”. Dichiara da parte sua Mimmo Sardelli, segretario generale della FP CGIL di Taranto.

Quel paziente avrebbe avuto diritto ad altro tipo di assistenza, altro tipo di valutazione preliminare e le lavoratrici avrebbero avuto il sacrosanto diritto di maggiore sicurezza.

Ma la scarsità crescente di risorse, la carenza assoluta di personale medico e paramedico, ma secondo noi anche le norme che incentivano la medicina privata, stanno rendendo tutto sempre più complicato. E non solo favorendo le cliniche private nelle strutture ma anche con la favorendo le prestazioni private da parte dei dipendenti pubblici.

Sul pronto soccorso

Brilla negativamente Taranto, soprattutto per quel che riguarda i pronto soccorso: “vanta” la peggiore situazione regionale, dopo la chiusura di varie strutture, fra le quali proprio quella del “Moscati”. La situazione è a dir poco vergognosa: Taranto ha un rapporto di 186.798 abitanti per pronto soccorso (molti di più se si passa dalla teoria alla pratica!), più del doppio di Bari, che scende a soli 79.053 abitanti per pronto soccorso. Nei giorni scorsi, dopo le forti pressioni politiche e sociali, il presidente Emiliano ha affermato di voler chiedere al ministero della Sanità il secondo pronto soccorso per la città di Taranto. Ma per ora sembrano solo pie intenzioni.

Sulla vicenda interviene il consigliere Gianni Liviano il quale ricorda che il pronto soccorso dell’ospedale “Moscati” (il secondo pronto soccorso di Taranto) è stato chiuso proprio durante la prima legislatura del presidente Emiliano. “Inoltre – aggiunge – perché ci sia un pronto soccorso occorre che ci siano dei reparti ospedalieri minimi: praticamente un ospedale di base. Questo farebbe pensare quindi che nel futuro il “Ss.ma Annunziata” sarebbe destinato a rimanere ospedale di base per avere il pronto soccorso (che si aggiungerebbe ovviamente a quello del “San Cataldo”). In realtà però questo ospedale di base non è previsto in nessuna programmazione del Piano Sanitario e quindi non è sostenibile. Questo perché con i posti letto previsti e finanziati dal Piano della Regione (e quindi dal Piano Sanitario nazionale) non possiamo incrementare né il personale, né i posti letto. Quindi non è possibile allo stato attivare l’Ospedale di Base annunciato. In assenza di un ospedale di base, non può, allo stato delle cose, esserci un secondo pronto soccorso”.

Insomma: per ora solo dichiarazioni astratte che non bastano. Per risolvere i problemi ci vorrebbero atti politici concreti, che rimediassero alle assurde decisioni che il territorio sta scontando.

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