Una raccolta di firme in città per dire no al dissalatore al fiume Tara

“Salviamo il fiume Tara!”. Questa la parola d’ordine con la quale l’Anta, Associazione nazionale per la tutela dell’ambiente, una delle associazioni che assieme agli enti locali si oppongono con decisione alla realizzazione del dissalatore, lancia una raccolta di firme. Lo fa per dire “no” al dissalatore e rispondere così al progetto dell’Acquedotto pugliese.
Non sono bastate le assicurazioni fornite dall’Acquedotto nell’incontro svoltosi il 14 gennaio scorso a Bari, a cui hanno partecipato, assieme a Provincia e Comune, entrambi contrari al progetto, i rappresentanti del comitato cittadino. L’Aqp sostiene che il dissalatore è necessario e che non preleverà tutta l’acqua del fiume, che in parte è già prelevata dall’Ilva per il suo ciclo produttivo. Ma la questione non cambia di molto.
La petizione
La petizione avviata dall’Anta avviene con la racconta di firme presso una postazione in via D’Aquino, all’altezza di piazza della Vittoria, nei giorni di mercoledì e venerdì dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 18 alle 20, il sabato dalle 18 alle 20 e la domenica dalle 10,30 alle 12,30.
“Il progetto del dissalatore più grande d’Italia, proposto dall’Aqp e già appaltato causerà – secondo l’Anta – una drastica riduzione della portata del fiume, sottraendo la risorsa alla comunità e allo sviluppo agricolo. Sono previste imponenti strutture, canalizzazioni per oltre 14 chilometri, l’abbattimento di centinaia di ulivi secolari, la produzione di rifiuti, tutti fattori che determineranno un impatto disastroso in un ambiente già drammaticamente compromesso”.
Il fiume che ha dato il nome alla nostra città ancora una volta rischia di essere alterato nei suoi equilibri ambientali ed ecologici.
Secondo i rappresentanti del comitato, il pretesto del cambiamento climatico sarebbe strumentalizzato per imporre politiche di sviluppo insensate. Si chiede, in alternativa: che vengano riparate le grandi condotte dell’acqua che perdono oltre metà della quantità trasportata, che siano resi operativi gli invasi Pappadai, Montecastello e gli altri sparsi nella provincia. Che si recuperi, attraverso gli invasi e i bacini di laminazione le acque piovane e quelle dei canali naturali del Bacino idrogeografico di Mar Piccolo.
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