Il ‘decennato’ di Mattarella

Quella foto è scolpita sulla roccia. Fu scattata domenica 6 gennaio 1980, prima delle tredici, in via della Libertà a Palermo, da Letizia Battaglia, vera fuoriclasse del fotogiornalismo, fotoreporter di fama internazionale. Quella foto riproduce Sergio Mattarella mentre cerca di tirar fuori dall’auto il corpo del fratello, già in fin di vita. Dal 31 gennaio del 2015, l’Italia ha in quest’uomo discreto e mite, che non ride, ma sorride, che non alza la voce mai, ma si fa ascoltare sempre, il suo più sicuro punto di riferimento delle istituzioni. Per l’Italia, averlo al Quirinale è garanzia di giustizia, di libertà, di equità. Fin dal suo primo giuramento dinanzi al Parlamento, ha promesso di essere il garante della Costituzione, di essere il rappresentante dell’unità nazionale, anche quella “costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini”, pur ben sapendo che questa unità rischiava e rischia ancora di essere difficile, fragile, lontana. Sempre con la Costituzione in mano e, soprattutto, con atti e con parole che ne ricalcano la lettera e lo spirito – “patriottismo repubblicano”, è stato definito il suo secondo settennato – le incarna a tal punto, da aver fatto dimenticare all’Italia di essere stato pure lui un politico fra i politici. In virtù del ruolo ricoperto e innanzitutto di una indipendenza intellettuale e morale che ha manifestato sul campo, si è conquistato il plauso dell’intero arco parlamentare. E, come se non bastasse, a seconda delle congiunture e, innanzitutto, dell’esito delle votazioni nazionali, li ha invitati a governare tutti senza alcuna distinzione. Dal Partito Democratico al Movimento Cinque Stelle, dalla Lega a Fratelli di Italia, da Forza Italia fino ai governi tecnici di pronto soccorso. Il suo capolavoro si chiama “Mario Draghi a Palazzo Chigi”, incaricato di guidare un esecutivo di unità nazionale nel 2021. E unità è uno dei vocaboli che ha pronunciato di più, quale richiamo a ricercarla oltre ogni divisione, che esige e prescrive coerenza di comportamenti, principi ispiratori, valori non negoziabili. In questi di dieci anni, quella promessa, fatta il 3 febbraio del 2015, giorno del suo giuramento, è stata sempre adempiuta, e lo dimostrano la popolarità, la benevolenza e i grandi bagni di folla con cui viene sempre accolto in ogni angolo dello Stivale. Che raggiunge senza risparmiarsi, malgrado le ottantatré primavere che porta sulle spalle, e senza mai far venire meno quelle lezioni di civiltà che ne fanno una sorta di educatore e formatore itinerante, dentro e fuori i confini del Paese. In certe circostanze tessitore delle migliori strategie, altre volte rammendatore, più o meno occulto, degli strappi fra società e politica, ma sempre con il bene comune come scopo, ha sempre immesso nella stretta cruna dell’ago il robusto filo con cui è intessuta la nostra Carta Costituzionale, letta e riletta, studiata e ristudiata, impersonata e vissuta con responsabilità e con scrupolosità, facendone una impronta incancellabile del proprio essere uomo e cittadino. E chi, dentro e fuori i palazzi della politica, giustifica la considerazione e la popolarità di Sergio Mattarella con la bassezza dei protagonisti dell’odierna scena politica italiana, si sbaglia del tutto, perché la sua statura è così elevata che non ha certo necessità di confronti. E gode di un prestigio internazionale, indiscusso e indiscutibile, che mette in campo sia a tutela dell’immagine e degli interessi dell’Italia in Europa e nel mondo che a tutela dei valori fondamentali e imprescindibili della dignità umana in tutti gli angoli del pianeta. È capace di dire ciò che pensa, e con grande autorevolezza, anche se di fronte non ha un paladino delle libertà di un popolo e di un paese, come è avvenuto all’università Beida di Pechino, a novembre. Nessun altro, in Europa, è stato tanto esplicito, come lui, nel sostenere l’Ucraina, nessun altro è stato così incalzante nell’invocare la Patria Europea, nessun altro, come lui, ha difeso il buon nome dell’Italia, replicando a quei leader o tecnocrati che, molte volte, criticano l’Italia per demagogia o ignoranza. La sua mitezza ha attestato che moderazione non vuol dire silenzio, quando è l’ora di parlare. Demagogia e populismo hanno Mattarella fra i più fieri oppositori, con il suo patrimonio di coerenza e vigore ideale. Verso questi atteggiamenti, il Capo dello Stato nutre una avversione profonda e sincera, sottolineata con pacatezza ma sempre con spirito costruttivo, mai divisivo, anche quando il livello del conflitto politico, nel Paese, non è dei più facili. Ancora una volta c’è, in questo corredo intellettuale e di passione civile, il credente, il cattolico e il giurista che scorge nei principi e nei valori della Costituzione il fondamento della cittadinanza, la casa comune di cui parlava Giorgio La Pira nella Commissione dei 75, nominata per redigere la Carta Costituzionale. Questi dieci anni al Quirinale sono riassunti in un’altra foto: Mattarella che, da solo – senza scorta, senza seguito, senza compagnie di onore, senza schieramenti dei corazzieri in alta uniforme – sale la scalinata del Vittoriano, silenziosa e vuota, che porta alla tomba del Milite Ignoto. Quello era il 25 aprile del 2020, eravamo tutti in piena pandemia: piazza Venezia appariva sprofondata nella silenziosità di una Italia impaurita e sofferente.
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