Si scelgono i candidati sindaco: perché non organizzare le primarie?

La fretta, si sa, è cattiva consigliera. E proprio il tempo è determinante nelle questioni politiche. Avevano giustamente fretta di mandare a casa Rinaldo Melucci i consiglieri che hanno decretato le dimissioni, per essere sicuri di tornare al voto già a maggio. Ma i tempi ora ristrettissimi per la scelta dei candidati alla poltrona di sindaco rischiano di rivelarsi deleteri. La costruzione di candidature adeguate, dopo un vuoto così lungo di politica, avrebbe richiesto una maggiore ponderatezza. E questo non solo per scegliere il futuro primo cittadino, impegno prioritario e fondamentale, ma anche per delineare con intelligenza ed equilibrio le varie compagini in gara.
La formazione delle liste
La formazione delle liste, che nelle ultime esperienze è stata per lo meno artificiosa, soprattutto per l’esondazione del civismo, si è rivelata fonte prima e deleteria del trasformismo. Anche in un consiglio comunale depotenziato, come quello scaturito dalla pessima riforma Bassanini, si è rivelato un palco appetibile per molti cittadini che con la politica non hanno nulla a che fare. E forse l’adeguamento delle retribuzioni e dei rimborsi previsti fomenterà ancora di più questi appetiti. Si sa: basta avere molti amici, gestire patronati o altre attività di servizio, avere alle spalle una famiglia grande e potente per essere eletto. Ma il risultato per la comunità purtroppo è dato dalla somma di queste coincidenze.
Per cambiare le cose bisognerebbe che i partiti riacquistassero un ruolo importante, ma questo è molto difficile per alcuni precisi motivi. Il principale è questo: l’attuale sistema elettorale per le politiche ha accentrato le decisioni in mano ai vertici nazionali dei partiti. Sono solo loro a contare e a scegliere e a livello locale bisogna ingoiare le scelte dei vertici nazionali e gli elettori non hanno nessun rapporto con i parlamentari eletti. Questo ha creato una frattura insanabile e non ha neppure ridotto il clientelismo, che ora ha vie più complicate e favorisce i più potenti e i già privilegiati.
Una proposta
questi giorni si dibatte intensamente sui candidati sindaco, soprattutto per i due schieramenti tradizionali Allo stato attuale, infatti, non si sa ancora se ci saranno candidature outsider. Molti sono i nomi in ballo, sia nel centrosinistra che nel centrodestra, espressioni di realtà, provenienze, ambienti diversi. È evidente che i candidati scelti saranno un frutto di compromesso o di contrapposizioni di potere. Non c’è la garanzia che il candidato scelto sia il più adeguato ad affrontare la crisi e le decisioni fondamentali che Taranto dovrà assumere. Scegliere non è mai facile. Ma allora perché non facciamo scegliere agli elettori? Perché non proporre elezioni primarie tra i due schieramenti per verificare già prima l’orientamento e il gradimento dell’elettorato?
Si dirà che neppure questo è garanzia di adeguatezza, ma per lo meno è garanzia di gradimento. Il che non è poco. Se consideriamo che nell’individuazione del sindaco i tarantini hanno dovuto sempre inghiottire le decisioni di pochi, senza pregustare. E che molti bocconi si sono rivelati amari.
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