Sarà l’Azerbaijan ad acquistare l’Ilva ma i nodi da sciogliere sono molti

“I commissari mi hanno preannunciato che nella giornata di oggi invieranno una richiesta formale per essere autorizzati a un negoziato con il soggetto internazionale che ha fatto la proposta migliore, che verosimilmente sarà appunto quella della compagine azera”. Con queste parole, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha confermato la scelta operata dai commissari dell’ex Ilva, Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli. Hanno giudicato migliore l’offerta di Baku Steel, rispetto a quella dei concorrenti, come ormai si sapeva da giorni, e hanno dato il via libera al consorzio azero (con il supporto del governo dell’Azerbaijan). Nessuna intesa, che pure si era ventilata nei giorni scorsi, con gli indiani di Jindal per una eventuale partnership. Ora toccherà al governo dare l’ok definitivo.
I problemi
Ma che l’offerta sia migliore non vuol dire che sia ottima. Le proposte industriali e occupazionali non sono ritenute soddisfacenti, soprattutto dai sindacati e si preannuncia un lungo e non semplice confronto, prima col governo e poi con l’azienda eventualmente aggiudicataria. Intanto, l’offerta degli azeri supererebbe il miliardo di euro (600 milioni più la valorizzazione del magazzino a circa 500 milioni), quindi molto più alta di quella degli indiani, ferma a 600 milioni. Inoltre, nella proposta di Baku Steel si prevede, in un primo tempo, la sopravvivenza di un altoforno a cui vengono affiancati due forni elettrici. In un secondo momento, i forni elettrici diventerebbero tre e verrebbe chiuso l’altoforno. In questo modo la produzione arriverebbe al massimo a 6 milioni di tonnellate e le maestranze non supererebbero complessivamente le 7.000 unità. Senza dubbio un’influenza a favore degli azeri l’avrà avuta il fatto che essi sono fornitori di gas.
Il negoziato che prenderà le mosse dopo l’autorizzazione del governo, non sarà semplicissimo e per prima cosa dovrà decidere la praticabilità dell’affiancamento del socio pubblico Invitalia. Che entrerebbe con una ipotetica quota del 10%, fortemente auspicato anche dai sindacati. Che vorrebbero che si evitassero i problemi passati.
I sindacati
I sindacati chiedono di conoscere i contenuti dell’offerta prima che sia avviata la trattativa ed esprimono preoccupazione. A cominciare da Rocco Palombella, segretario generale Uilm, piuttosto pessimista, secondo il quale il piano che rischia di distruggere la produzione di acciaio e di provocare migliaia di esuberi. “Vogliamo conoscere e negoziare il piano industriale, gli investimenti ambientali e tecnologici, i livelli occupazionali. Governo e commissari si fermino prima di assumere posizioni irreversibili”.
Secondo Valerio D’Alò, segretario nazionale della Fim “è essenziale che le scelte siano fatte con la massima attenzione e che il piano industriale che verrà presentato tenga conto delle esigenze dei lavoratori e delle comunità locali. La Fim Cisl, inoltre, si impegna a vigilare affinché le promesse fatte non rimangano solo parole, ma si traducano in azioni concrete che garantiscano un futuro sostenibile e dignitoso per tutti”.
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