Chi è la più realista del reame?

Chi voleva un vero “dibattito”, nella due giorni parlamentare sulle comunicazioni di Meloni in vista del Consiglio europeo, è rimasto deluso. La risoluzione, approvata dalla maggioranza, è l’effetto di una mediazione fra le diverse posizioni dei partiti: risulta, quindi, così fiacca da apparire irrilevante. La maggioranza ha dato prova di compattezza, ma il dibattito è stato abbastanza insignificante, con le divisioni nella maggioranza nascoste con enormi difficoltà e i leader della minoranza costretti ai volteggi per evitare intoppi interni e mal di pancia nell’elettorato. Un aspetto va sottolineato: Meloni ha una modalità argomentativa quasi consolidata, che si fonda su tre assi primari: il vittimismo, la deresponsabilizzazione e il ribaltamento della prospettiva. Si esibisce sempre aggredita, trova sempre scuse esterne a errori o contrasti e attacca sempre controparti di qualunque tipo. Una strategia che funziona, anche perché manda fuori gioco le opposizioni, che spesso accettano di seguirla nel campo delimitato dalla sua narrazione. Questa volta, consapevole di essere di fronte a un punto cruciale, le cose sono state diverse. Non sui punti specifici del Consiglio europeo, ovvio. Meloni ha mostrato quale è la linea che seguirà in politica estera. Quella di Trump e dell’establishment statunitense, a iniziare dalla questione dazi, non all’ordine del giorno del vertice del Consiglio europeo, come pure ha ricordato Meloni nel suo intervento. Però, ha ritenuto irrinunciabile far sapere al “globo terracqueo” che lei considera sbagliata la decisione dell’Europa di porre dei contro – dazi sui prodotti americani, adoperando la parola “rappresaglie”. Ma i dazi li ha messi Trump, non è una decisione dell’Ue e questa versione del porgi l’altra guancia dinanzi a chi ti schiaffeggia non sembra la sua. È veramente singolare che venga utilizzata come arma per contestare l’Ue, mentre sta cercando di tutelare anche la produzione italiana, usando una specie di modello deterrenza per fare pressione sugli statunitensi. Sull’Ucraina, Meloni è contro il progetto di Starmer e Macron, si è detta indisponibile al diretto coinvolgimento dei militari italiani, ha esternato delle perplessità sul ruolo dell’Ue nella conclusione della crisi, ha manifestato una assoluta fiducia nell’iniziativa di Trump per un cessate il fuoco in Ucraina e per l’avvio dei negoziati con Putin. Ma dopo, Meloni ha fatto di più: ha stroncato apertamente il Manifesto di Ventotene. “Su questo punto ti sentiremo un’altra volta” dissero gli ateniesi a san Paolo. Forse neanche Trump sperava di poter ottenere tanto da una alleata. Non c’è una mossa di Meloni che non si sposi con la linea dell’establishment americano o che non sia funzionale ai piani nel medio e lungo periodo di Trump. È questo l’aspetto da sorvegliare: il progetto di Trump implica un cambiamento totale, culturale, politico e ideologico. È un mondo nuovo, quello spinto dall’ultradestra MAGA e esaltato dai turbocapitalisti che affollano lo Studio Ovale della Casa Bianca. All’orizzonte, vi è uno scenario globale egemonizzato da autocrazie, che facilitano, agevolano o non ostacolano l’operato dei grandi potentati economici che più o meno aderiscono al nuovo modello di società e che facilitano a determinarlo. In questo quadro, uno degli ostacoli è l’Europa, sia come modello di società che come entità politica. Non solo quel che l’Europa potrebbe essere e diventare, ma quello che l’Europa è già, con tutti i suoi limiti. È da sottolineare che la disgregazione dell’Europa, intesa come entità politica coesa e attore forte sulla scena internazionale, sia uno degli obiettivi più chiari di Trump e del suo amico Musk. Va in questo senso il sostegno ai movimenti sovranisti ed euroscettici nel Vecchio Continente, va in tal senso la lotta alla burocrazia europea, va in tal senso la battaglia contro una serie di modelli di welfare e di collaborazione pubblica, va in tal senso l’impostazione intransigente sull’immigrazione, va in tal senso la cancellazione di accordi e patti multilaterali. È chiaro? In tale contesto, Meloni è, per Trump, la migliore alleata in Europa. È in definitiva più realista del re, o meglio, più trumpiana di Trump. “Restituiteci la Statua della Libertà!”. A chiederlo, nei giorni scorsi il socialista francese Raphael Glucksmann, secondo cui la Francia dovrebbe riprendersi la statua perché gli Usa non rappresentano più i valori che hanno spinto la Francia al regalo. Un bontempone ha detto che è di Musk il colpo di genio: “È brutta! Restituiamola! Mettiamo quella di una alleata! Mettiamo quella di una italiana!”.
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