Formazione

Anche a Taranto i corridoi universitari guardando al futuro dell’Africa

11 Apr 2025

di Silvano Trevisani

Taranto non poteva non ritagliarsi un proprio ruolo all’interno di un rapporto di convivenza, collaborazione e sviluppo reciproco tra le sponde del Mediterraneo. Da questo presupposto è partito il progetto, fortemente voluto dal Centro di cultura Giuseppe Lazzati, che se n’è fatto interprete e promotore, dei corridoio universitario destinato a studenti rifugiati. Nell’ambito del progetto nato sette anni fa sotto l’egida dell’alto commissariato per i rifugiati dell’Onu, che vede attive alcune università italiane. L’obiettivo è consentire a studenti in fuga da guerre o persecuzioni, di perfezionare gli studi compiendo in Italia il biennio magistrale.

Il progetto

Il progetto venne presentato a Taranto nel settembre scorso, nel corso del convegno nazionale “Dal Mediterraneo grembo e frontiera di nuova umanità”. E ha trovato il sostegno di un’ampia rete di enti e istituzioni: Università di Bari Aldo Moro, Politecnico di Bari, Camera di Commercio Brindisi-Taranto, Caritas Diocesana, Centro di Cultura G. Lazzati, Fondazione Taranto25, Abfo e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Metropolitano San Giovanni II.

La presentazione dell’adesione di Taranto, che registra la sottoscrizione del protocollo d’intesa tra Università di Bari, Poliba ed enti che collaborano, è stata l’occasione per un importante libroforum. Incentrato sul libro “Piano Mattei. Come l’Italia torna in Africa” scritto da Mario Giro, l’incontro si è svolto nel Dipartimento jonico in sistemi iridici ed economici del Mediterraneo dell’Università Aldo Moro.

Il libroforum

Il libroforum, coordinato da Fabio Adamo del Centro di cultura, ha visto l’intervento di Mario Giro, che ha approfondito i temi ricompresi nel suo saggio. Internazionalista, docente all’Università per stranieri di Perugia, più volte membro di governo al ministero degli Esteri, Giro è anche membro della Comunità di Sant’Egidio, protagonista nella solidarietà e nella cooperazione internazionale, nonché della diplomazia dei popoli. Partendo dalle osservazioni da più parti rivolte al Piano Mattei, Giro ha ricordato che quando è stato lanciato il Global gateway, cioè il grande programma per l’Africa dell’Unione Europea, le critiche sono state le stesse che sono state rivolte all’inizio al Piano Mattei: pochi soldi (150 miliardi rispetto ai 5 del Piano Mattei) e vecchi progetti riciclati. “Quello che i dirigenti africani hanno apprezzato è stato l’atteggiamento italiano, paritario e non predatorio. L’Africa è diventata più “matura” più indipendente. Per questo sono state mandate 5 missioni in cinque stati chiedere quali programmi vogliono attuare. Finora l’unico interesse degli europei era di fermare la migrazione. Anche il Piano Mattei evidentemente ci conta, ma non è fondamentale”.

Sottolineando le varie criticità avvertite finora, come Covid, crisi climatica e guerre incidono, ha rimarcato la diminuzione dei contributi internazionali. Gli unici due paesi che non hanno diminuito i fondi della cooperazione sono la Spagna l’Italia. “Ci riuscirà questo governo ad attuare il piano? Lo spero, anche per gli impatti delle crisi geopolitiche. Le imprese africane sono fragili, le imprese italiane sono piccole e non hanno più il sostegno di una banca italiana. Il grande problema geopolitico futuro è la gioventù africana. L’80% è al di sotto dei 25 anni e pare che entro la fine del secolo saranno 4 miliardi. Mentre la nostra società è vecchia, elemento che alimenta la paura. L’Africa è creativa e vogliosa di fare e di “muoversi” per il mondo. La migrazione non è un’emergenza, l’abbiamo considerata tale per finalità politiche elettorali, ma non lo è. Oggi l’Africa è un soggetto e se vuole può cacciare anche i cinesi. In noi non vedono un partner minaccioso. Sono formati, molti qualificati”.

Gli interventi

Numerosi gli interventi al dibattito: Ivan Ingravallo del dipartimento jonico Uniba, Aimé Lay Ekuakille dipartimento d’ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento, Francesca Sanesi per Camera di commercio Brindisi-Taranto, don Francesco Nigro, direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose metropolitano San Giovanni Paolo II, Fiorella Occhinegro per la Fondazione Taranto25 e l’Abfo, Barbara Scozzi, Ttec Poliba.

La conclusioni

La conclusioni sono state tratte da Mimmo Amalfitano, presidente del Centro di cultura per lo sviluppo G. Lazzati aps-ets Taranto che ha e l’intento di consentire, attraverso l’università, di consolidare un diritto di formazione che diventa diritto di cittadinanza. A dimensione mediterranea.

“Iniziamo un cammino. . Ha detto – L’aspirazione è diventare una città migliore, all’altezza dei problemi che viviamo, una città aperta. Vogliamo offrire perché vogliamo avere”

Ricordando i suoi vent’anni di presidenza della Croce Rossa di Taranto, ha aggiunto: “Ho assistito come presidente a sbarchi superiori alle 40.000 unità, e ho verificato il globalismo della comunicazione era, nei giovani che arrivavano, più avanzato di quello dei nostri giovani. Oggi il nostro lavoro è la nostra capacità di riconnettere, relazionale. È l’apertura di un cammino”.

In conclusione ha citato Moro, che a Taranto ha vissute per undici anni, e qui sicuramente ha messo a punto la sua visione aperta verso il Mediterraneo. “Moro e Mattei sono uniti da una morte drammatica, ma che in qualche modo ha esaltato le loro visioni. E noi vogliamo colloquiare con la responsabilità di questo piano Mattei”

(le foto sono di Beppe Leva)

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