Tracce

I disordinati che disordinano il disordine

Foto Ansa-Avvenire
22 Apr 2025

di Emanuele Carrieri

“Nessuno può sognarsi di imporre un nuovo ordine mondiale: chi pensa di poter imporre un nuovo ordine mondiale è un pazzo. Il nuovo ordine mondiale può nascere solamente da un equilibrio multilaterale nel creare tutte le condizioni per un vero equilibrio multilaterale.” Così il professor Massimo Cacciari affermò durante una trasmissione televisiva andata in onda qualche settimana fa nella quale si discuteva, ovviamente, su che cosa avesse in mente Trump. In effetti, il presidente americano si pavoneggia come un bullo e, con il suo modo di esprimersi presuntuoso e oltraggioso, sembra un isolazionista e un protezionista, ma sembra anche un colonialista, un espansionista, un imperialista. È una convinzione difficile da rappresentare, perché le prime parole sono delle vere e proprie contrapposizioni delle successive. Infatti in primo luogo sta allontanando gli Stati Uniti da tutti i suoi impegni nel mondo: all’Ucraina ha chiesto la restituzione dei quattrini degli aiuti e ha intimato a Zelensky di fare un accordo “o noi siamo fuori”. Tipico caso di minaccia inconsistente: è priva dell’intento intimidatorio, della prospettiva di un danno e non infonde timore. In aggiunta, oltre a quanto già detto, l’accordo era simile più a una estorsione, che a una pace. Con l’Europa, con l’Unione europea e i con i paesi europei della Nato, siamo arrivati senza mezzi termini agli insulti: mentre Vance ci definisce “parassiti e meschini”, per Trump l’Ue “è nata per fregarci”. Solo esempi, fra i molti. Isolazionista, quindi, e, ciò nonostante, anche colonialista, espansionista, imperialista: vuole la Groenlandia “per ragioni di sicurezza nazionale”, il canale di Panama, “vitale per il nostro Paese”, e anche il Canada, che – a suo giudizio – “non esisterebbe” senza i miliardi degli Stati Uniti. Insomma, gli analisti, i commentatori, gli esperti, gli opinionisti e gli studiosi di geopolitica stanno via via perdendo la fame, la sete e il sonno: nessuno più si arrischia a fare delle previsioni dato che Trump è imprevedibile, parla troppo e dice tutto e il contrario di tutto, per poi rimangiarsi tutto e il contrario di tutto, come rivela la vicenda dei dazi. Ciò nonostante, nello straripamento di parole qualcosa di più concreto si intravede: il 15 gennaio il segretario di Stato, Rubio, dichiarò che “l’ordine mondiale del dopoguerra non è solo obsoleto, ma è diventato un’arma contro di noi”, e gli Stati Uniti sono “ancora una volta chiamati a creare un mondo libero a partire dal caos”. Questa è la chiave per provare a capire il “nuovo disordine mondiale”. L’establishment della Casa Bianca è sicuro che il vecchio ordine – peraltro costruito e dominato dagli stessi Stati Uniti – li penalizzi. Non solo. Trump sa di non poter reggere il mondo da solo, come pensavano, invece, gli americani dopo la fine della guerra fredda: per alcuni dipende dal debito pubblico ormai insostenibile, per altri, invece, dalla volontà di preservare la centralità nel mercato finanziario globale. Qualsiasi sia la ragione, può sembrare singolare ma il sistema di equilibrio di potere che Trump sembra voler ricostruire combacia con le aspirazioni che Russia e soprattutto Cina manifestano da quasi venti anni. “L’Est sta crescendo e l’Ovest sta declinando” precisò Xi Jinping dopo la crisi finanziaria del 2008, mentre, alla Conferenza di Monaco del 2007, Putin definì l’ordine unipolare “inaccettabile e impossibile”. In questo scenario, molti ritengono che Cina, Russia e Stati Uniti inizieranno a spartirsi il mondo in tre sfere di influenza. Forse solo in due, perché la Russia è aggressiva, militarizzata e dal punto di vista geografico vastissima, ma rimane un nano economico. Già, perché muscoloso non significa forte. Quale il risultato finale? Le potenze non saranno alleate e si contenderanno l’influenza nelle aree del mondo. Intanto sono già unite da una logica imperiale e dall’insofferenza per i “terzi”, più piccoli e deboli: il “nuovo ordine mondiale”, pertanto, si baserebbe su un approccio pragmatico e utilitaristico e non più sul diritto internazionale e su valori umani universali condivisi. “Che cosa ci guadagno?” potrebbe essere la domanda sulla quale si costruirà la politica nel mondo. Del resto, già si intravedono, sullo sfondo, relazioni internazionali “a tempo determinato” e costruite su una “geometria variabile”, nelle quali conterà la capacità delle potenze di orientare alleanze regionali o locali. Può non piacere, ma come spiegare se no l’atteggiamento di Trump, che sta smantellando gli ultimi ottanta anni di politica estera americana, quello di Putin con Georgia e Ucraina e le varie contese territoriali della Cina con India e Taiwan? È uno schema semplicistico, oltre che pericoloso: le aree del mondo sono molto più complesse e non così inermi, e, soprattutto, non può esserci ordine privo di regole condivise. Anzi, se tutto si basa sulla legge del più forte, il “disordine mondiale” è assicurato. Per il momento, purtroppo, con questo schema si possono interpretare sia le oltre cinquanta guerre che si stanno combattendo nella trascuratezza totale, sia quelle in Ucraina e in Medio Oriente. Poi, le tre potenze sono già legate anche da una idea decadente e insofferente della democrazia, dalla voglia di soluzioni rapide, di liberarsi di regole e principi che alla democrazia danno aspetto, garantiscono la civile convivenza e, in teoria, la pace. In questa situazione, la domanda cruciale è: quale direzione prenderà il mondo? Da un lato, alcune voci chiedono una riforma radicale delle istituzioni internazionali, con un Consiglio di Sicurezza senza diritti di veto e una maggiore responsabilità delle potenze globali. E dall’altro, c’è la necessità di un approccio multilaterale che coinvolga “attori” statali e non per contrastare le crisi in modo più coordinato. Un elemento decisivo sarà la capacità di affrontare le cause profonde dei conflitti, come divari economici, accessi alle risorse e cambiamenti climatici. Già, senza interventi seri su questi temi, ogni tentativo di costruire un ordine mondiale stabile sarà, inevitabilmente, destinato a fallire.

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