Un investimento, ma per chi?
I Mondiali più controversi, più discutibili, più incerti, fin dal principio. Quanti tornaconti e pressioni ci sono dietro la scelta del Qatar? Già nel 2015, il Fifagate manifestò che il sistema che domina il calcio era corrotto dalla testa ai piedi, e la scelta di aggiudicare il Mondiale al piccolo Stato del golfo è stata uno dei momenti fondamentali per renderlo evidente a tutto il mondo. Il meccanismo corruttivo non sembrava troppo complesso e ci sono varie e autorevoli accuse di milioni di dollari investiti per garantirsi una maggioranza in questa votazione e in quella contestuale che ha assegnato il Mondiale del 2018 alla Russia. Ma sono oltre seimila gli operai che hanno perso la vita durante i lavori di costruzione degli stadi e delle infrastrutture in Qatar: emerge da una inchiesta del quotidiano inglese Guardian, che evidenzia come la maggior parte delle vittime siano lavoratori immigrati irregolari. A quelli si aggiungono gli 824 morti segnalati dall’Ambasciata del Pakistan a Doha. La maggior parte dei decessi è avvenuta per insufficienza cardiaca o respiratoria acuta, oppure per stress termico. Tutti morti su cui il governo del Qatar non parla, nonostante le richieste delle famiglie dei deceduti di effettuare le autopsie sulle salme dei loro cari. Richieste che cadono nel vuoto. Agli operai asiatici, che hanno lavorato in condizioni analoghe alla schiavitù, è stato sequestrato il passaporto e proibita la possibilità di parlare con associazioni che si occupano di diritti umani: proprio su questo tema il piccolo Paese del Golfo Persico, dove si applica la Sharia, ha diversi problemi con gli standard internazionali e con la possibilità di ospitare tifosi delle varie squadre. Basti solo pensare che la omosessualità è reato punibile con cinque anni di carcere. In questi mesi hanno fatto molto discutere le prese di posizione degli emiri che hanno più volte criticato i giornalisti che indirizzavano la loro attenzione sulla questione. Il Qatar è una monarchia assoluta e non ha dimestichezza con i processi e le abitudini democratiche: lo dimostrano le polemiche conseguenti all’arrivo dei primi giornalisti internazionali sul posto a cui viene intimato di cancellare fotografie o di spegnere le telecamere. Il campionato che dovrebbe ospitare tifosi da tutto il pianeta si svolgerà in soli 18 km quadrati: il resto del piccolo Paese è deserto. Facile comprendere come uno spazio così piccolo non avesse alcuna possibilità di poter accogliere milioni di tifosi, nessuna reale infrastruttura sportiva a disposizione e tutti gli stadi, costruiti da zero, non avranno ragione di esistere già il giorno dopo la competizione. In tutte le edizioni passate i Mondiali erano stati giocati sempre in estate, quando i tornei nazionali e non, sono fermi. Per permettere al Qatar di essere il Paese ospitante, tutto il resto del mondo si è dovuto fermare e adattare, perché, da quelle parti, pensare di giocare a calcio d’estate è fuori discussione. D’altra parte la costruzione delle infrastrutture in Qatar ha anche un forte impatto ambientale ed energetico per alimentare una gigantesca cattedrale nel deserto. A quanto pare, gli stessi lavoratori migranti sfruttati sono usati per animare le strade del Qatar travestiti da finti tifosi delle nazionali di calcio in gara. In rete girano dei video ormai virali: mostrano sempre le stesse persone, indiani, filippini, nepalesi, cingalesi, bengalesi o pakistani, che cambiano maglia e acclamano la propria nazionale. Ma ci sono milioni di persone che le coppe del Mondo le hanno sempre seguite e avrebbero voluto fare lo stesso anche questa volta, solo che in Qatar non è così facile. Sono state più di tre milioni i tifosi che hanno raggiunto la Russia nel 2018. Il Qatar non può accogliere nemmeno un terzo di quella cifra e per quelli che ce la faranno le condizioni non saranno certo le migliori, partendo dai prezzi impossibili di alberghi e appartamenti. Per le soluzioni abbordabili si parla di 200 o 300 euro a notte per dormire in container allestiti alla periferia di Doha in mezzo alle tempeste di sabbia. Mentre chi vuole bere una birra in compagnia dovrà fare dei giri impossibili, visto che gli alcolici là sono vietati. La nazionale del minuscolo Paese della Penisola arabica non ha mai partecipato alla fase a gironi dei Mondiali di calcio e non ha mai dato dei contributi al movimento calcistico globale, a meno che non si voglia ritenere contributo al mondo del calcio la immissione di petroldollari nelle casse del Paris Saint Germain. Un costo iniziale di 220 miliardi è la cifra ufficiale di cui si parla, che potrebbe essere anche superiore se si considerano i costi nascosti. Per capire il rapporto di dimensioni il Mondiale in Russia prevedeva un costo iniziale di 11 miliardi, quello in Brasile di 15, in Sudafrica di 3,6, in Germania di 4,3, in Giappone 7 e in Francia 2,3. La Rai ha avuto, prima della eliminazione, l’esclusiva per le partite del Mondiale per 170 milioni di euro ed è pure rimasta convinta del suo ottimo affare non rivendendo i diritti a nessuno e tenendoseli in esclusiva. Anzi investendo in pubblicità per renderlo noto a tutti. Sarà un buon investimento? In televisione, ora stanno trasmettendo la cerimonia di apertura. Un ottimo investimento è pagare per entrare in un cinema e vedersi un buon film.