Corpus domini

L’allocuzione dell’arcivescovo Ciro Miniero per la solennità del Corpus Domini

foto G. Leva
03 Giu 2024

Nella serata di domenica 2 giugno si è svolta per le strade del Borgo la grande processione del Corpus Domini, conclusasi in piazza della Vittoria con l’allocuzione dell’arcivescovo mons. Ciro Miniero che ha successivamente impartito la solenne benedizione eucaristica.
Riportiamo di seguito il suo discorso integrale:

Carissimi fratelli e sorelle,

sostiamo ancora qualche minuto davanti all’Eucaristia portata in processione in questo giorno solenne e caro per tutti noi cattolici.

Taranto esprime molte volte durante l’anno la bellezza della devozione popolare attraverso tante processioni, come quelle della Settimana Santa e quelle del santo Patrono. Eppure questa, appena compiuta, rimane la più importante, la più significativa, la più essenziale e la più coraggiosa.

Adorando il santo mistero del Corpo e del Sangue di Gesù, vogliamo polarizzare nuovamente le nostre vite e i nostri cammini verso il centro della nostra fede. Sì lo affermiamo con convinzione: in quest’ostia candida è presente il Signore in corpo anima e divinità.

Mutuando le parole del Vangelo di questa domenica è come se il Signore, nella sua ultima cena, presentando il pane e il vino ai suoi amici ci abbia detto: «questo pane e questo vino sono proprio io, io che mi offro per voi». In questo pezzo di pane troviamo l’annuncio di un amore per sempre offerto e diviso, nostro nutrimento, nostra forza e nostro farmaco.

In un mondo secolarizzato ed ipertecnologico, abitato da violenze e da sfide emergenti e gravi, dove l’aspetto religioso è sempre più relegato nella sfera privata e relativistica, trovo il segno dell’Eucarestia, per utilizzare una terminologia paolina, ancora più scandaloso e paradossale del crocifisso stesso. Lì dove il mondo vede un segno debole e improbabile, il fedele coglie la promessa di Gesù di restare sempre con noi, di abitare nei nostri cuori e nelle nostre comunità.

foto G. Leva

Mi rendo conto che spiegare l’Eucaristia a chi non crede è quanto mai impossibile, ma non siamo chiamati a spiegare. Siamo chiamati ad annunciare, a testimoniare, un amore del quale a nostra volta siamo stati destinatari e che non siamo capaci di contenere. Questo Mistero cambia il mondo a partire dalla nostra vita personale. L’amore ci mette in cammino, l’Eucaristia è il sostegno di una Chiesa in movimento, di un popolo penitente e festante che esprime un pellegrinaggio che amando questa terra progredisce verso beni eterni.

Abbiamo cantato più volte:

Il tuo popolo in cammino,
cerca in te la guida,
sulla strada verso il Regno sei il sostegno col tuo corpo.
Resta sempre con noi o Signore.

Stiamo semplicemente manifestando che la Chiesa ha un estremo e continuo bisogno di rimettere al centro questo Mistero per prendere coscienza ogni giorno della propria identità ovvero del suo essere Corpo del Signore.

La Chiesa potrebbe fare tante cose per il mondo, anche le più encomiabili ma se non facesse l’Eucaristia non sarebbe la Chiesa di Cristo. Tutte le nostre attività pastorali devono consistere in questo grande invito al banchetto di Gesù dove Egli si manifesta cibo e bevanda per una moltitudine e continuamente ci trasforma con il suo amore.

Talvolta siamo spaventati dai progressi scientifici e tecnologici che sembrano impadronirsi di noi come ad esempio l’intelligenza artificiale, invece crediamo di avere ancora qualcosa da dire e dare al mondo, qualcosa che altri non possono dare ovvero l’amore di Dio, Dio stesso, in questo pezzo di pane che è capace di renderci creature nuove, veri uomini e donne a immagine e somiglianza di Dio.

Nei giorni scorsi abbiamo gioito per l’annuncio della canonizzazione del Beato Carlo Acutis. Questo giovane nel suo diario rivolgendosi direttamente al Signore scrive così:

«Questo pianeta che ha visto in Te, per una generazione, la seconda Persona della Santissima Trinità, incarnata, da venti secoli, non è più quello di prima. Sì, astronomicamente, scientificamente, geologicamente, può essere il pianeta di prima, ma, dal punto di vista dell’Evangelo, dell’Incarnazione, non è più il pianeta di prima, è un pianeta che è stato inglobato nell’Eternità, in un disegno divino, per cui noi siamo veramente immessi, da ventuno secoli, in questo disegno. Dobbiamo pensare a questa “abitazione” come a una appropriazione del pianeta da parte di Gesù, quel Gesù che si muove tutt’ora nell’Eucaristia, come nella fede, in mezzo a noi, per cui cammina in mezzo a noi, vive in mezzo a noi, con noi divide questo quotidiano, sia nell’Eucaristia, sia nella fede, per cui dobbiamo vedere questa abitazione come un vero dimorare di Cristo in questo pianeta Terra».

Questo è il pane dei fratelli e delle sorelle di Gesù. Gesù comunicandoci a sé tocca ciascuno, ha a cuore la nostra salvezza, perché ognuno riceva quel frammento. Al contempo ci invita alla sua mensa chiamandoci alla condivisione, alla bellezza di essere la sua famiglia senza nessuna distinzione perché ognuno di noi indegnamente riceve il Tutto.

Nelle parole “dato per tutti” come anche “dato per molti” noi cogliamo un aspetto ambivalente ovvero sentiamo che tutti noi che ora siamo intorno alla sua mensa possiamo essere saziati. Quel cibo, però, è per una moltitudine. Siamo una moltitudine? No. Ci sono molti posti vuoti alla mensa eucaristica, nelle nostre messe. Ecco perché l’Eucaristia ci rende missionari perché mette nel cuore la gioia dell’invito alla festa del Signore. Cristificati dal dono, noi diveniamo pane per i fratelli e le sorelle che ancora non conoscono Gesù. Non lo consocono perché nessuno gli ha parlato di Lui o perché si sono allontanati dalla fede. Dobbiamo andare a cercarli.

Il prefazio dell’Eucaristia recita

In questo grande mistero
tu nutri e santifichi i tuoi fedeli,
perché una sola fede illumini
e una sola carità riunisca l’umanità diffusa su tutta la terra.

È il pane dell’unità. L’unità è il desiderio di Gesù per noi. Questo cibo infatti è comunione. Siamo illuminati dall’unica fede e costituiti da una sola carità che ci deve spingere fino ai confini della terra.

L’Eucaristia è cantiere di unità in ogni angolo dove viene celebrata, in ogni chiesa piccola o grande che sia. Siamo tutti membra dello stesso corpo. Unità vissuta nella carità ovvero nell’amore, nella misericordia.

Eucaristia è perenne ringraziamento. In questo pane e questo vino dobbiamo sempre benedire e ringraziare!

Prego il Signore Gesù perché da quest’Ostia promani la forza per tutti i sacerdoti ed in particolare per i parroci. L’esperienza pastorale più bella che mi porto con maggiore gratitudine è quella di parroco. Ecco perché prego perché i nostri parroci non smarriscano mai la gioia e l’entusiasmo di essere vicini alla gente, di sentirsi cooperatori di Dio nella crescita di generazioni di persone da quando vedono la luce a quando si incamminano verso l’eternità, con uno spirito eucaristico di quotidianità, di ferialità, di umiltà e fedeltà. Prego perché sentano la forza di accompagnare tutti con lo stile di Dio nelle gioie e nelle sofferenze senza perdersi ma ritrovandosi proprio qui nell’Eucaristia insieme con Maria, la Madre di Gesù. In questo Sacramento il Signore rinnovi il fervore la gratitudine dei sacerdoti di appartenere al presbiterio. Cari sacerdoti, quando attraversiamo le delusioni, la stanchezza, le incomprensioni fermiamoci di più dinanzi all’Eucaristia, pane donato, spezzato, distribuito… Non aspettiamoci nulla perché in quel Pane abbiamo già tutto, abbiamo il Signore! come dice liturgia:

accostiamoci a questo sacro convito,
perché l’effusione del tuo Spirito
ci trasformi a immagine della tua gloria.

Nell’adorazione eucaristica il momento più alto è la benedizione. Questa sera vorrei che ponessimo anche attenzione al gesto della reposizione, quando il diacono riporta la teca con l’ostia nel tabernacolo. Desidero che ognuno di voi si senta tabernacolo, custodia. Così vorrei riporre il Signore nel cuore dei bambini, dei giovani, degli anziani, degli ammalati, di ogni famiglia, delle persone sole. Il Corpus Domini sia lo stile di passaggio e di custodia di ogni momento della nostra vita e missione, il Signore che passa in mezzo a noi per essere condiviso possa inabitare i cuori di questa città. Ci faccia sentire tutti missionari della comunione, suoi custodi e responsabili. Se la Chiesa di Taranto si identificherà in questo momento culminante, eucaristico, di fede, di unità e carità, se si sforzerà di essere un popolo di veri adoratori di questo Pane allora sì che riuscirà a fare la sua parte per questa terra.

Concludo facendo mia e condividendo questo desiderio del nostro amato papa Francesco:

«Fratelli e sorelle, sogniamo. Sogniamo una Chiesa così: una Chiesa eucaristica. Fatta di donne e uomini che si spezzano come pane per tutti coloro che masticano la solitudine e la povertà, per coloro che sono affamati di tenerezza e di compassione, per coloro la cui vita si sta sbriciolando perché è venuto a mancare il lievito buono della speranza. Una Chiesa che si inginocchia davanti all’Eucaristia e adora con stupore il Signore presente nel pane; ma che sa anche piegarsi con compassione e tenerezza dinanzi alle ferite di chi soffre, sollevando i poveri, asciugando le lacrime di chi soffre, facendosi pane di speranza e di gioia per tutti».

Sia Lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e divinissimo Sacramento.

foto G. Leva

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