Qualità della vita: Taranto è ultima anche nella classifica Istat/Eurostat
Non vogliamo rigirare il dito nella piaga, né godiamo ad autoflagellarci, ma se dopo le autorevoli indagini nazionali, anche quelle europee, cui ha collaborato l’Istat, pongono Taranto all’ultimo posto per la qualità della vita, una ragione ci sarà. Ed è necessario che ci interroghiamo sul perché, soprattutto se abbiamo scelto noi di viverci. Siamo il fanalino di coda e scendiamo nelle classifiche anche a livello europeo, ma certo in genere è tutto il Sud, con l’eccezione di Bari (!) a soffrire a dimostrazione che l’autonomia differenziata pretesa dalla Lega è già in atto da sempre e che la sua accentuazione non potrà che peggiorare le cose.
L’indagine
L’indagine “Quality of life in European cities” voluta dalla commissione europea, è rivolta ad accrescere la conoscenza sulla qualità della vita percepita in ambito urbano.
Nelle città italiane considerate, la quota di popolazione soddisfatta per la vita nella propria città nel 2023 è generalmente alta (superiore all’80%). Ma scende precipitosamente al Sud, registrando il valore minimo a Taranto, dove meno di una persona su due è soddisfatta della propria vita i città (47,8%). Mentre il valore massimo si registra a Trento, dove quasi tutta la popolazione (95,4%), è insoddisfatta, tranne una percentuale insignificante. Inutile dire che il valore in cui soprattutto Taranto “brilla al contrario” per il benessere dei cittadini è la qualità dell’aria: soddisfatto solo il 6% contro il 90,9% di Cagliari e Sassari!
L’indagine si inserisce nel filone di studi sulla “life satisfaction” ed è rivolta a misurare diversi aspetti, tra i quali: la percezione della qualità della vita nella propria città, sia in termini generali che rispetto a specifiche dimensioni (lavoro, servizi pubblici, sicurezza, ambiente, amministrazione locale ecc.). Si aggingono: le opinioni sulla capacità inclusiva della città; il sostegno da parte delle reti sociali e la fiducia verso i propri concittadini; le opportunità offerte dalla città, come trovare un buon lavoro e un alloggio.
Gli indicatori
Tutti gli indicatori registrano valori molto negativi per Taranto: la percezione della propria sicurezza, la qualità dell’ambiente, e anche l’efficienza dell’amministrazione locale. Evidentemente, anche l’attivismo che la giunta locale mostra e certamente comunica con puntualità, non viene valutato positivamente dalla gente che ci vede, come suol dirsi banalmente: molto fumo e poco arrosto. E invece vi sono realtà, anche al Sud, come Bari o Messina, nelle quali gli abitanti sostengono che, nonostante tutto, la qualità della vita sia andata migliorando negli ultimi anni: segno che qualcosa si può fare. Così come ci sono anche città del Nord opulento in cui, nonostante tutto, le cose sono peggiorate. E qui troviamo Firenze, Bolzano, Venezia, Parma.
Uno degli indicatori più inquietanti è quello che mette in relazione il giudizio sulla qualità della vita nella propria città e la soddisfazione di viverci: anche in questo caso Taranto è fanalino di coda, stavolta a pari merito con Reggio Calabria.
Città e quartieri
Ma vi è un dato davvero significativo e che deve farci riflettere: quello che mette in relazione il giudizio sul proprio quartiere con quello della città. Ebbene: circa il 20% degli intervistati sono più soddisfatti del quartiere in cui vivono che della città nel suo complesso. Molte spiegazioni si potrebbero addurre, che vanno dalla dispersione e allontanamento delle periferie, alla scomparsa del senso dell’identità cittadina. Ma è evidente che i quartieri non dialogano tra loro e che alcuni di essi non vengono pensati come parte della propria città. Questo perché in essi la qualità della vita è ritenuta ancora peggiore, il che appesantisce il giudizio negativo.
Riguardo alla sanità pubblica, livelli di soddisfazione si riscontrano solo in città del Nord come Bologna, Verona, Trieste. Analogamente le cose vanno per quanto riguarda i servizi pubblici di trasporto, gli spazi verdi o le infrastrutture sportive. Per non parlare delle strutture formative e scolastiche o culturali. Se la logica di Calderoni e compagni è quella di lasciare il Sud al suo destino, attuando un secessionismo di fatto, siamo ben incamminati!