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Diritto d’asilo: la sintesi del report 2022 della Fondazione Migrantes

foto Siciliani-Gennari/Sir
13 Dic 2022

di Raffaele Iaria

Diritto d’asilo, anno 2022. L’anno in cui la guerra d’Ucraina nel giro di poche settimane ha disperso nel cuore d’Europa rifugiati e sfollati a milioni, come non si vedevano dai tempi della Seconda guerra mondiale. L’anno già difficile in cui l’Europa ha saputo accogliere milioni di profughi senza perdere un decimale in benessere e “sicurezza” (oltre 4.400.000 le persone registrate per la protezione temporanea solo nell’UE fino all’inizio di ottobre).

Ma anche l’anno in cui la stessa Unione e i suoi Paesi membri hanno fatto di tutto (hanno continuato a fare di tutto) per tener fuori dai propri confini, direttamente o per procura, ora decine di migliaia, ora migliaia, ora poche centinaia o decine di migranti e rifugiati altrettanto bisognosi di protezione (se non ancora più fragili): è avvenuto dalla Grecia a tutti i Balcani, dalla Libia alla frontiera con la Bielorussia, dalle enclave spagnole sulla costa africana alle acque mortifere del Mediterraneo e dell’Atlantico sulla rotta delle Canarie fino, ultima “novità” dell’anno, ai moli dei porti italiani. Cioè quelli di un Paese i cui governi di ogni colore ripetono da anni che l’«Italia non può fare tutto da sola», ignorando le statistiche sui rifugiati presenti nei Paesi europei che l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i rifugiati, aggiorna ogni semestre. Alla fine dello scorso giugno, ormai nel pieno della crisi umanitaria ucraina, vivevano in Italia poco meno di 296 mila “rifugiati” (cioè rifugiati in senso stretto e persone con protezione complementare o temporanea, e quindi profughi ucraini inclusi: la cifra equivale a cinque persone ogni mille abitanti). Però alla stessa data i rifugiati in Francia erano 613 mila e in Germania addirittura 2.235.000.

Alla fine del ’21, prima della guerra, i rifugiati in Italia calcolati dall’UNHCR erano solo 145 mila, mentre però la Francia ne ospitava già mezzo milione e la Germania 1.256.000. Quanto all’incidenza sulla popolazione, la Grecia già sosteneva un carico multiplo rispetto a quello italiano: quasi 12 rifugiati ogni 1.000abitanti contro i nostri due o poco più; e persino la Bulgaria ne contava tre ogni 1.000.

Mentre sempre nel ’21, se l’Italia ha registrato 45.200 richiedenti asilo per la prima volta, la Germania ne ha registrati 148.200, la Francia 103.800 e persino la Spagna ne ha ricevuti di più, 62.050 (dati Eurostat).

Viene così da chiedersi chi dovrebbe prendersi i migranti da chi, per restare al livello dell’attuale “dibattito” nell’UE. (Piuttosto, occorrerebbe discutere del fatto che le persone che sbarcano sulle nostre coste, a differenza di molte altre che chiedono protezione nell’Europa continentale, devono essere prima salvate da un mare pericoloso con missioni di soccorso degne di questo nome e dovrebbe essere loro risparmiatol’inferno di Libia: qui sì, è vero che l’Italia non può farcela da sola).

 

Ma i bambini sono davvero “tutti uguali”?

Ma intanto ci troviamo in «un’Unione europea e un’Italia “sdoppiate”, solidali con gli ucraini e discriminanti e in violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali con altri – scrivono nell’Introduzione a Il diritto d’asilo. Report 2022. Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati (Tau Editrice 2022, pp. 440) le curatrici Mariacristina Molfetta e Chiara Marchetti -: Per qualcuno le frontiere sono aperte, mentre per altri non lo sono nemmeno i porti dopo un naufragio. A essere a rischio è lo stesso diritto d’asilo e persino lo stato di salute delle nostre democrazie. In questo quadro di pesanti trattamenti discriminanti sia internazionali che nazionali si aprono interrogativi scomodi: i bambini sono davvero tutti uguali? Godono tutti degli stessi diritti? Le persone in fuga da conflitti e guerre che hanno già perso la casa e magari persone care non sono tutte uguali e non hanno tutte gli stessi diritti? Provocatoriamente ci viene da chiederci se invece per avere accesso a questi diritti bisogna essere biondi o cristiani o venire dal continente europeo…».

Per uscire dall’impasse

E tuttavia il nuovo rapporto della Fondazione Migrantes, come sottolineano ancora Molfetta e Marchetti, «non rinuncia a proporre in ogni settore – dall’ambito legale a quello sociale ed etico – possibili strategie per uscire dall’impasse, riconoscendosi nell’orizzonte di senso a cui bisognerebbe tendere, ancora una volta tratteggiato dalle parole di papa Francesco in occasione della 108ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati. Con tutti i migranti e i rifugiati: non solo con quelli che ci piacciono o che sentiamo più vicini a noi, perché solo così si potrà tendere a realizzare anche in terrà pace e giustizia».

 

Prima parte – Dal mondo con lo sguardo rivolto all’Europa

2021-2022: aumentano le persone in fuga, tra pandemia, conflitti e crisi climatica – Nel 2022, un anno segnato da nuovi e vecchi conflitti, ancora una volta dalla pandemia di COVID-19 e dal cambiamento climatico, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei 100 milioni in tutto il mondo. Oltre il 70% di chi lascia il proprio Paese cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. La carenza di canali d’ingresso legali e sicuri costringe le persone in fuga, pur riconosciute e protette dal diritto internazionale, a mettersi nelle mani di trafficanti e ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi, seguendo una varietà di percorsi: le due rotte principali di accesso sono state quella del Mediterraneo centrale e quella balcanica. Sono poi milioni le persone che hanno fatto ingresso in UE dall’Ucraina dall’inizio del conflitto e sono circa 170 mila i cittadini ucraini arrivati in Italia entro la fine di settembre 2022.

Il numero di persone in fuga e le richieste di protezione aumentano ovunque. Però le forme di riconoscimento e protezione subiscono una contrazione e una diversificazione che rischiano di creare richiedenti asilo e rifugiati di “serie A” e “B”, mentre chi fugge da disastri ambientali ed effetti del cambiamento climatico ancora fatica a veder riconosciuta il proprio status in assenza di un quadro condiviso.

Alla metà del 2022 le persone in situazione di sradicamento forzato a livello globale (rifugiati, sfollati e richiedenti asilo) hanno raggiunto per l’ennesima volta una cifra senza precedenti: 103 milioni. Il dato equivale ormai a un abitante del mondo su 77,più del doppio di 10 anni fa (un abitante su 167).

Sempre nel ’21, i disastri climatici hanno sradicato per periodi più o meno prolungati 23,7 milioni di persone. Alla fine dell’anno gli “sfollati ambientali” erano 5,9 milioni.

Si possono ridurre a cinque le “grandi cause” che costringono alla fuga numeri sempre più elevati di persone: guerre (se nel ’22 si è imposta all’attenzione dell’opinione pubblica europea la “vicina” guerra d’Ucraina, il ’21, secondo anno pandemico, ha visto combattere 46 conflitti ignorati dai più, mentre la spesa militare mondiale superava per la prima volta la soglia “psicologica” di 2.000 miliardi di dollari); persecuzioni; disuguaglianze e povertà (fra l’altro con il propagarsi della “nuova disuguaglianza” nell’accesso ai vaccini anti-COVID); fame, sete e cambiamento climatico; ma anche tratta e schiavitù.

Le situazioni di sradicamento protratto riguardano quasi 15.900.000 di persone nel mondo, 200 mila in più rispetto al 2020.

Negli anni è cresciuta la sproporzione fra la popolazione sradicata all’estero e le risposte che la comunità internazionale le offre in termini di “soluzioni durevoli” (rimpatrio, reinsediamento e integrazione nei Paesi di accoglienza): nel 2021 ne hanno beneficiato appena 543 mila rifugiati, meno che negli anni 2016-2018. Ma un livello ancora inferiore si era già toccato già nel 2019 pre-pandemico.

I 228.240 mila ingressi “irregolari” alle frontiere esterne dell’UE registrati nel ’22 sino a fine settembre, ma anche la tendenza che prospettano per fine anno, rimangono un sottomultiplo dei rifugiati e migranti entrati nell’Unione dalla regione del Mediterraneo durante il 2015 dell’“emergenza” europea: oltre un milione di uomini, donne, bambini.

Nel nuovo rapporto Migrantes, tre tabelle di sintesi fanno il punto su ciò che avviene sulla nuova frontiera esterna della Manica dopo la Brexit e sulla frontiera di terra orientale con la Bielorussia, entrambe semi-dimenticate, iper-presidiate ma sempre teatro di stenti e di morte.

Verso la fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è poco inferiore alle 1.800 unità. Ancora una volta a pagare il tributo più pesante sono coloro che tentano la traversata del Mediterraneo centrale, sulla rotta che porta verso l’Italia e Malta, dove si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale. In quest’ultimo alcuni gravi incidenti negli ultimi mesi hanno già portato il valore provvisorio del ’22 quasi al triplo di quello totale del 2021 (“solo” 111 fra morti e dispersi). Il 2021, invece, aveva visto crescere le vittime rispetto all’anno precedente in tutti e tre i settori, con un tragico + 57% nel Mediterraneo centrale.

Nel 2021 un aumento impressionante di morti e dispersi si è registrato anche sulla pericolosissima rotta dell’Atlantico occidentale verso le Canarie: dalle 877 vittime stimate nel ’20 alle 1.126 del ’21 (+ 28%). Negli ultimi tre anni, per morti e dispersi la rotta verso l’arcipelago spagnolo si è rivelata più pericolosa anche di quella del Mediterraneo centrale per numero di morti dispersi in rapporto agli arrivi: nelle sue acque si è contata una vittima ogni 20-30 migranti sbarcati.

Il 2021 vanta anche il triste “record” del numero di migranti e rifugiati intercettati dalla cosiddetta “Guardia costieralibica e ricondotti (o meglio deportati) in un sistema organizzato di miseria, arbitrio, vessazioni, taglieggiamenti e violenze: 32.400 persone contro le 11.900 del 2020. A partire dal 2017, anno del “memorandum Roma-Tripoli”, i “deportati di Libia” sono ormai 104.500 e a partire dal 2016 118 mila.

La stima globale dei rifugiati con necessità di reinsediamento (resettlement) da precari Paesi di primo asilo nel 2023 supera i due milioni di persone (+ 36% rispetto al 2022).

La stima globale dei rifugiati con necessità di resettlement nel 2021 era pari a 1.445.000persone. Nell’anno ne sono stati effettivamente reinsediati in tutto il mondo 57.500, il 4% scarso.

Sono 32.289, invece, i rifugiati effettivamente partiti in reinsediamento nei programmi UNHCR nel periodo gennaio-agosto 2022.

L’applicazione della protezione temporanea per i rifugiati dall’Ucraina: si possono trarre insegnamenti per la politica europea in materia di asilo? –  All’inizio del marzo 2022, l’attivazione della direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea a favore delle persone fuggite dalla guerra in Ucraina ha costituito un passo importante verso un sistema di protezione più umano. Ma non bisogna dimenticare il pericoloso doppio standard dell’Europa in materia d’asilo. Non solo la politica repressiva dell’Europa nel settore è ancora in pieno svolgimento (basti pensare alla situazione fra Grecia e Turchia, in Libia ecc.). Vi è notizia di squallidi incidenti discriminatori ai danni delle persone di colore al confine tra Ucraina e UE. Mentre solo pochi mesi fa i richiedenti asilo non europei bloccati nelle gelide foreste al confine tra Polonia e Bielorussia sono stati usati come pedine politiche dal leader bielorusso Lukashenko e poi disumanizzati come “attacco ibrido” dai leader dell’UE. Così, è assolutamente necessario sfruttare lo slancio unitario in materia di asilo dimostrato nel contesto dell’Ucraina per rimodellare e riorientare gli sforzi politici verso una maggiore condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri dell’Unione. Il fatto che l’Europa sia in grado di assorbire e integrare ampi movimenti di rifugiati invita anche a ripensare e ad abbandonare i discutibili accordi con Paesi terzi e le pratiche illegali alle frontiere volte a tenere fuori i rifugiati.

L’Unione europea “allargata” ha visto fino alla fine di settembre 2022 10 milioni di ingressi di profughi dall’Ucraina dai soli quattro Paesi membri confinanti (ma anche, peraltro, 6,3 milioni di rientri più o meno stabili) e ha registrato oltre quattro milioni di profughi per  il riconoscimento della protezione temporanea attivata dal Consiglio europeo lo scorso 4 marzo.

Tra fine settembre-inizio ottobre 2022, la Polonia accoglieva più di  1.400.000 rifugiati dall’Ucraina (primo Paese UE), ma oltre un milione si trovavano in Germania. Molto più ridotti i numeri dell’Italia, 171 mila circa.

In meno di sei mesi, da marzo ad agosto 2022, i soli 27 Paesi membri dell’Ue hanno riconosciuto almeno 2.842.000 protezioni temporanee.

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