Monsignor Alberico Semeraro: il 19 gennaio si aprirà la causa di beatificazione
Il 19 gennaio si aprirà ufficialmente la causa di beatificazione di monsignor Alberico Semeraro, che fu vescovo di Oria per trent’anni dal 1949 al 1978 e fondatore della congregazione delle Oblate di Nazareth. Lo ha comunicato il suo attuale successore, il vescovo di Oria monsignor Vincenzo Pisanello che firmerà il decreto di apertura in occasione del 120° anniversario della nascita del pastore, originario di Martina Franca, cugino di monsignor Guglielmo Motolese e come lui padre conciliare, e che per dieci anni è stato parroco del Carmine di Taranto.
L’annuncio alla diocesi è stato dato in occasione della tavola rotonda per la presentazione del volume “Il pastore mite” scritto da monsignor Francesco Gioia, già arcivescovo emerito di Camerino – San Severino Marche, svoltasi nella chiesa del Carmine, alla presenza di numerosi sacerdoti e di molte suore della congregazione delle Oblate, molte delle quali provenienti dalle case fondate all’estero, in Brasile, India e Nigeria.
La causa di canonizzazione, che si apre su iniziativa delle Oblate e dell’arcidiocesi di Taranto, vedrà come postulatore don Andrea Casarano che, come direttore dell’archivio diocesano, ha avuto parte attiva nelle ricerche archivistiche che hanno consentito a monsignor Gioia di realizzare un lavoro capillare che ha messo in luce, oltre che gli eventi storici di cui Semeraro fu protagonista, anche le virtù eroiche che vengono richieste per valutare la fama di santità dei cristiani candidati agli onori degli altari.
Aprendo la tavola rotonda, monsignor Emanuele Ferro, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, ha dato lettura dei messaggi, tutti particolarmente intensi, che sono pervenuti dal cardinale Marcello Semeraro, dal cardinale Salvatore De Giorgi e dal vescovo di Oria Vincenzo Pisanello, tutti accomunati oltre che dall’origine pugliese, anche dalla relazione con la diocesi di Oria, della quale i due cardinali sono stati vescovi prima dell’attuale, Pisanello, mentre monsignor De Giorgio è anche indimenticato arcivescovo di Taranto. È lui a scrivere, tra l’altro: “L’ho conosciuto, come vero uomo di fede, intesa nel suo senso più pieno, come abbandono fiducioso nelle mani della divina volontà, I cui progetti, egli diceva, sono insondabili e misteriosi, ma certamente più grandi di ogni nostro desiderio”.
La figura e le opere di Alberico Semeraro sono state ripercorse nell’intervento storico da Vittorio De Marco, direttore della biblioteca arcivescovile che ha ricordato in particolare l’opera di guida dei giovani che egli svolse, tra l’altro, anche con il Circolo San Francesco d’Assisi, attivo nel convento di San Pasquale, cui aderirono, tra gli altri, Aldo Moro e suo fratello Carlo Alberto, che ne fu segretario, assieme agli Acquaviva, ai Cassano, ai Pasanisi, e poi i dieci anni di guida della parrocchia del Carmine, che andrebbero meglio approfonditi.
Monsignor Franco Semeraro, vicario episcopale per la Nuova evangelizzazione, e a lungo arciprete della Collegiata di San Martino, ha evidenziato alcuni tratti pastorali di monsignor Alberico, sottolineando, in particolare, “la forza della mitezza e il coraggio del perdono; la sfida della fede come cammino anche nelle ore buie”. Il vescovo del sì, ha aggiunto, è testimone del cristianesimo vissuto nella sua interezza.
Don Andrea Casarano, da parte sua, ha sottolineato come la mitezza, richiamata nel titolo del libro di monsignor Gioia, traspare immediatamente nel considerare i suoi documenti. “Ho subito notato che nei suoi scritti – ha detto – non vi è mai, ripeto mai, una parola aspra, risentita o che non cerchi la comunione, la comprensione”. “Egli usa parole senza misericordia solo quando deve parlare di se stesso” e lo fa, ad esempio, quando respinge la prima proposta di nomina a vescovo giunta da papa Pio XII.
È toccato quindi a suor Immacolata Carrozzo, superiora generale della Oblate di Nazareth, portare la testimonianza a nome della congregazione: l’opera più bella compiuta da Alberico Semeraro, ricordando come attualmente le Oblate sono a servizio della Chiesa in 6 case in Italia (2 a Roma, poi Alberobello, Francavilla, Martina Franca e Foggia), 4 in Nigeria, 3 in India e 2 in Brasile.
Chiamato a dare una testimonianza, l’autore del volume, monsignor Gioia ha rivolto un breve e appassionato pensiero al pastore che, ha detto: “mi ha dato la forza e l’impulso a riscoprire la mia vocazione vescovile, grazie alla energica mitezza, a una fede incrollabile e a un amore immenso per la missione evangelizzatrice di cui egli si riteneva umile operaio”.
Chiudendo la tavola rotonda, l’arcivescovo Filippo Santoro che ha ricordato come la presenza indiretta di Alberico Semeraro egli l’abbia avvertita negli anni passati in Brasile quando, divenuto vescovo di Potrepolis, venne a contatto con le suore Oblate di Nazareth che proprio nella città avevano da tempo avviato un loro casa. Ha, quindi, espresso l’auspicio che attraverso Alberico Semeraro la diocesi di Taranto possa ritrovare l’ala protettrice di un nuovo santo che dia sostegno e riferimento alla comunità.