Editoriale

19 dicembre: “pensieri sparsi sul Natale”

19 Dic 2022

di Emanuele Ferro
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19 dicembre

Pensieri sparsi
Fino ad una decina di anni fa essere mandati da uno psicoterapeuta era qualcosa da tenere nascosto. Parlarne voleva dire in qualche modo di ammettere di avere qualche rotella fuori posto. Grazie al cielo oggi non è così. In molti dicono di essere in analisi e di affrontare percorsi di aiuto per riacquistare fiducia verso sé stessi, per ricucire ferite del passato, per farsi curare quando si ha la sensazione di soccombere sotto il peso degli impegni o nell’incapacità di gestire un lutto, una perdita, un legame che si è frantumato. Probabilmente proprio perché ora se ne parla liberamente si ha la netta sensazione che siano in tantissimi a soffrire di crisi di panico o di attacchi di ansia. Capita di frequente che alla terapia dell’ascolto anche persone in gran carriera confessino la necessità anche di un “aiutino” farmacologico. Gli studi degli psicanalisti e degli psicoterapeuti spesso vengono scambiati per nuovi santuari in cui confidare vita e sogni. Sicuramente l’aiuto serve per una maggiore comprensione e consapevolezza. Dopo la vivisezione delle cause degli effetti di ogni tristezza, delle infantili mancanze di affetto, dei tradimenti, dei lutti e delle frustrazioni, non sempre poi tutto funziona. Dopo lo smontaggio meticoloso dei pezzi, non sempre c’è qualcuno in grado di rimettere insieme i cocci. Una volta compresa la causa del malessere e dato un nome alla carenza d’affetto, a quel padre assente o a quella madre ingombrante, da dove ripartire?
Il bandolo della matassa
Delle famiglie di Maria e Giuseppe non sappiamo nulla. Tutto quello che la devozione ha maturato sono corollari deliziosi a partire dalle vicende di queste due esistenze consacrate alla Parola di Dio. Non conosciamo i loro traumi infantili, le loro delusioni. I sogni di Giuseppe sono la lotta di un cuore giusto che vuole misurarsi con la volontà di Dio vincendo la tentazione, l’orgoglio e la paura. Freud non saprebbe che dire. Peccatori e ammalati affollano il Vangelo, a nessuno di essi Gesù diagnostica una carenza di affetto che li ha portati a peccare. Sicuramente nel cammino nella Luce ogni convertito cerca di illuminare il passato trasfigurandolo. Ma l’inizio di ogni credente non risiede in una vivisezione del passato con l’incapacità successiva di mettere insieme i pezzi. L’inizio è in un abbraccio, nella misericordia. E il Natale è l’abbraccio di Dio nella carne più fragile, nel cuore più indifeso e devastato. A Natale non siamo tutti più buoni e lo sappiamo molto bene. A Natale la bontà ci è vicina per purificarci, per riconciliarci con la vita che ci ha esposti al freddo e al gelo.

Intanto la Chiesa oggi canta:

O Germoglio di Iesse,
che ti innalzi come segno per i popoli,
tacciono davanti a te i re della terra,
e le nazioni t’invocano:
vieni a liberarci, non tardare.

Il virgulto nuovo sul tronco del vecchio padre Iesse, ha il potere di sanificare le radici.
È il mistero dell’Incarnazione di Gesù.
Veniamo da storie genealogiche di peccato e di violenza eppure questo germoglio viene a darci una linfa pulita.
Staccandosi dalle proprie radici non si può vivere,
scoprendole della terra e portandole alla luce per capire come in maniera bizzarra esse ci leghino al suolo, porta alla morte.
Il germoglio di Dio ci dà speranza che possiamo tornare ad avere una chioma rivolta verso l’alto.

O Germoglio,
innestati sulla mia pianta dolorante che da sé non può esprimere la vita,
dona senso alle mie radici,
perché i potenti della terra tacciono dinanzi ad un ramo quasi secco
nuovamente capace di portare frutto!

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