E dopo l’informazione, a chi tocca?
“L’Europa per il mondo è come il quartiere Paolo sesto per Taranto.” La frase avrebbe tramortito chiunque. Feci una espressione simile a quella di Mimmo, il ragazzotto patologicamente legato alla nonna del film Bianco, rosso e Verdone. Mi limitai a una domanda: “In che senso?”. La risposta fu lapidaria: “Troppo distante, lontano, separato, staccato, nello spazio, nel tempo, nell’importanza, nel carattere, … e pure nell’aspetto.” Dieci anni fa non era certo una ragazzotta, non è mai stata una ragazzotta. Aveva appena finito la scuola superiore in England e già padroneggiava sei lingue straniere: stava per iniziare gli studi in un college negli States. Essendo per un quarto tarantina, per via della nonna materna, è tornata nella nostra città nelle feste di Natale. Adesso ha un lavoro di grande rilevanza in una emittente televisiva statunitense all-news e padroneggia pure l’hindi, l’arabo, il russo e il cinese. Così, davanti a una tazza di caffè, mi ha detto con tono serio: “Ci sono alcune cose che non capisco della vostra realtà”. E dopo dieci anni, ho rifatto la stessa domanda: “In che senso?”. Mi ha spiegato che, per deformazione professionale, continua ancora e sempre a leggere i quotidiani: americani, europei, e, nella speranza di annusare la situazione, anche locali. Così mi ha spiegato di avere avuto una sorpresa quando l’edicolante al quale si era rivolta gli ha candidamente dato dei quotidiani stranieri vecchi di una settimana e soltanto un quotidiano locale, dicendo che questo è quasi l’unico in Puglia. Parzialmente vero, ovviamente, non solo perché, pur se in maniera ridotta, ci sono le pagine locali dei quotidiani nazionali, ma perché, esclusa la carenza di carta stampata, c’è ancora una residua vivacità editoriale online, anche se affaticata. Tuttavia il suo stupore è rimasto intatto malgrado le mie esegesi, perché non si aspettava che un’area cosi culturalmente ricca non esprimesse una maggiore vivacità editoriale. Ma le sue domande non si sono limitate: da vera professionista, ha subito premesso che il suo giudizio era senz’altro parziale, dato che aveva sfogliato solo per qualche giorno il giornale locale. “Ho notato – ha detto – che il racconto della condizione della città e della regione in generale, è dipinto in maniera positiva, quasi funzionale all’attuale gestione politica. Ciò non è sempre vero, non è vero per tutto e per tutti, chiaramente!”. La sua affermazione era ingenua, perché non sapeva che la nostra regione da molto tempo sta sfogliando una margherita e ogni petalo è legata una domanda: “Decaro?” o “Emiliano?”. È, di conseguenza, cominciato fra me e lei un appassionante scambio di opinioni sulla qualità del giornalismo italiano. Il punto di arrivo definitivo è stato che “saltare e tenersi sul carro dei vincitori” è uno sport malevolo che si può registrare anche a livello nazionale. Una sorta di spoils system opaco che scimmiotta quello politico, cioè la possibilità di un nuovo esecutivo di nominare persone di fiducia al vertice della pubblica amministrazione, come stabilito dalla riforma Bassanini alla fine degli anni Novanta e dalla legge Frattini sul riordino della dirigenza statale. Un procedimento che prevede che gli incarichi di funzione dirigenziale, come i vertici dei ministeri o delle agenzie, cessino novanta giorni dopo il voto di fiducia del governo. A questo punto la domanda sorge spontanea: ma che c’azzecca lo spoils system con i giornali? Sì, c’entra eccome, se si considera che tutto ciò si verifica ormai da tempo, soprattutto nell’informazione televisiva. Ai fruitori dell’informazione più accorti non sarà, infatti, sfuggito come nei palinsesti dei diversi talk show e non solo della Rai, siano cambiate in poche settimane molte facce, con l’apparizione di nuovi commentatori, certe volte non di qualità, la cui ripetizione di comparsate è esplicitamente orientata al nuovo corso politico. Una concezione di merito che di certo smaschera, se non altro per assonanza, anche la reale valenza del nuovo ministero “dell’istruzione e del merito” che non proprio poche perplessità ha suscitato. “Certo ci vorrebbe maggiore stile e trasparenza”, ha detto amareggiata la fanciulla. Ma in realtà lei sa bene che la stampa non è mai “neutrale”: onestà intellettuale vorrebbe che si palesassero in modo chiaro gli orientamenti, senza raccontare di essere portatori di verità e non di opinioni, prendendo in giro i lettori, magari con la sempre verde quanto falsa favola del “sentiamo le due campane”. Affermazione autoassolutoria che può andare bene per descrivere le liti di condominio e non certo la complessità dell’azione politica, amministrativa, giudiziaria e perfino sportiva. È vero: qualche volta la verità giornalistica non è quella reale ma quella che appare, anzi che si vuol far apparire. Invertire questo andazzo sarebbe troppo … “A schermare dietro a un velo di disinformazione la deriva malefica, ci pensano i talebani dell’informazione … ora, qui, ce ne sono molti, troppi!” ha concluso la fanciulla.