Editoriale

Senza nemmeno una via di scampo

(Foto: ANSA/SIR)
27 Feb 2023

di Emanuele Carrieri

Un anno fa le truppe russe invasero l’Ucraina ma gli ucraini erano preparati a rispondere. A metterli in allarme, oltre alle soffiate dei loro informatori, anche il lavoro di spionaggio elettronico degli Usa, fra comunicazioni, protette e non, intercettate e riprese satellitari. Dopo una feroce battaglia, le truppe russe occuparono l’aeroporto di Kiev, che però era troppo danneggiato per essere utilizzato. Ma si fermarono lì, infierendo sui civili che vivevano nei sobborghi di Kiev. E, alla fine di marzo, Mosca annunciò il ritiro delle sue truppe dalla regione della capitale ucraina, sancendo la rinuncia alla conquista di Kiev, mentre i negoziati sembravano avviati su una buona strada. Ma non fu così: le truppe russe continuarono l’offensiva occupando la città di Mariupol. Poi arrivò il contrattacco ucraino, anche grazie all’aiuto in armi e logistica della Nato e dell’Occidente. I russi adesso occupano la metà della loro massima espansione in Ucraina, dopo essersi dovuti ritirare, alla fine dell’estate, dalla regione di Kharkiv e poi, a novembre, da quella di Kherson. Lungo la costa del Mar Nero, non si è concretizzata l’offensiva per occupare Odessa e arrivare alla Transnistria, territorio della Moldavia autoproclamatosi repubblica indipendente sotto la tutela russa. Uno scenario, che per l’Ucraina, avrebbe rappresentato la catastrofe. La linea del fuoco, invece, si è cristallizzata nelle province di Kherson e Zaporizhzhia e in quelle di Donetsk e Lugansk. Annettendosi questi quattro oblast, Mosca ha occupato l’intera costa del Mar d’Azov, che collega il Donbass con la Crimea. Ma buona parte dei territori di queste province sfuggono ancora al suo controllo. Anche dove i russi sono presenti il controllo del territorio non è scontato, visto che la resistenza ucraina è la loro spina nel fianco. Il controllo totale delle intere province di Donetsk e Lugansk forse è ancora lontano, la Russia sembra prepararsi a un conflitto di lunga durata, ma l’offensiva in corso dice che non vuole rinunciare ai suoi obiettivi. Per i russi, è vitale consolidare le proprie posizioni lungo il Mar d’Azov per proteggere la Crimea. Se Odessa è la linea rossa che Kiev deve tutelare per accedere al Mar Nero, così lo è la Crimea per Mosca, a protezione di un Mar d’Azov trasformato in un lago russo. Ecco perché la Russia, stando al controspionaggio ucraina e occidentale, si appresterebbe a scatenare una imminente offensiva. Ma anche se Nato e Occidente continuano a fornire armi all’Ucraina, resta il fatto che la Russia ha tuttavia maggiori risorse, in fatto di uomini e di capacità dell’industria bellica, anche se è parsa più debole di quanto previsto considerata la resilienza dell’Ucraina. La Russia è più debole di quanto ci si aspettava, ma non è una tigre di carta, come affermano alcuni politici e analisti nostrani. Occorre mettere in chiaro un fatto: le sanzioni occidentali alla Russia hanno funzionato fino a un certo punto, mentre l’aiuto militare all’Ucraina è stato importantissimo per permettere a Kiev di spezzare la morsa russa. Sulle prime l’economia russa sembrava sull’orlo del baratro, schiacciata da sanzioni occidentali senza precedenti. Un anno dopo è chiaro che Mosca è stata colpita ma non è in ginocchio, né isolata dal mondo, potendo contare su un incremento dei ricavi da gas e petrolio. Ciò significa che la via dello strangolamento economico di Mosca non è molto efficace e quella dell’aiuto militare va soppesata con cautela e giudizio perché l’escalation rischia di rendere globale il conflitto in atto. L’escalation controllata è dunque necessaria, ma il sempre maggior coinvolgimento occidentale non è privo di rischi. Per ora non si vedono spazi per negoziati di pace nel breve periodo, potrebbe essere possibile solo un cessate il fuoco e di breve durata. Alla fine Russia e Ucraina vogliono il controllo dello stesso territorio e faranno di tutto per ottenerlo. La guerra andrà avanti finché Putin resterà al potere, sperando che chi verrà dopo di lui non sia peggio di lui … Al peggio non c’è mai fine! Non è probabile che Putin venga scalzato dal potere e il rischio che gli ucraini non riescano a imporsi sul campo è molto alto. La Russia è un’economia molto più grande con molta più forza lavoro e una maggiore capacità militare. Quindi il quadro non è roseo. Per questo è indispensabile che l’Occidente continui a sostenere Kiev, perché è l’unica opzione ipotizzabile. Una pace che implichi una qualunque forma di resa di Kiev e la cessione dei territori occupati verrà vista dalla Russia come un via libera per tentare ulteriori rischi. È una situazione in cui non c’è una soluzione magica che permetta di fermare il conflitto. Continuare ad aiutare l’Ucraina a difendersi – non ad attaccare, non a devastare – rimane essenziale. Anche se la pace non sarà raggiunta domani. E neppure dopodomani.

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