Francesco

La domenica del Papa – Occhi e cuore per gli abbandonati

03 Apr 2023

di Fabio Zavattaro

È in piazza San Pietro, papa Francesco: presiede la celebrazione della Domenica delle Palme, il giorno dopo aver lasciato il Policlinico Gemelli: “anche io ho bisogno che Gesù mi accarezzi”, dice rivolto alle 60 mila persone che hanno assistito al rito. La Quaresima è giunta alla sua conclusone, tempo nel quale ci è chiesto di lasciare quanto di negativo ci siamo portati dietro e di far crescere la nostra relazione con Dio. Inizio della Settimana Santa, un tempo per capire che la vittoria finale passerà attraverso la passione e la croce.
Domenica nella quale facciamo memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, festeggiato dalla folla, i mantelli stesi a terra per accogliere “colui che viene nel nome del Signore”; la stessa folla che ben presto cambierà idea. Ci sono gli “spettatori” che lo vedranno percorrere la Via dolorosa, un camminare solitario sotto il peso della croce; i discepoli che non sapranno vegliare nemmeno un’ora al Getsemani; Pietro che lo rinnegherà tre volte, e c’è anche chi lo tradirà per trenta denari.
“Dio mio, perché mi hai abbandonato”. Inizia da qui la riflessione di Francesco. Con voce flebile ricorda che Gesù sulla croce ci invita a avere attenzione – “occhi e cuore” – per i “cristi abbandonati” di oggi, come quel clochard tedesco morto sotto il colonnato berniniano. Sulla croce il Signore ha portato i tanti nostri fallimenti, esclusioni, ingiustizie, malattie, ferite. Quel grido dell’abbandono è il “prezzo che ha pagato per me”, dice il vescovo di Roma, che ha pagato per tutti noi “facendosi solidale con ognuno di noi fino al punto estremo […] Ha provato l’abbandono per non lasciarci ostaggi della desolazione”. Nelle nostre cadute, nella desolazione, nei tradimenti, quando mi sento scartato, abbandonato, il Signore è lì perché anche lui “è stato abbandonato, tradito, scartato”.
Sotto la croce troveremo la madre di Gesù, che soffrirà il silenzio, le due Marie che resteranno al sepolcro pregando e piangendo, e Giuseppe di Arimatea che gli darà sepoltura. La passione è anche nei dolori di un mondo ferito dalle guerre – Francesco rinnova l’appello per la pace in Ucraina – dalla violenza, dalla mancanza d’amore, dall’incapacità di cogliere la novità che viene da quel sepolcro trovato vuoto il terzo giorno. Gesù, afferma il Papa, “è capace di trasformare i nostri cuori di pietra in cuori di carne”, perché il suo stile è: “vicinanza, compassione e tenerezza.” E ci invita “Cristo abbandonato” a cercarlo e a amarlo negli abbandonati”. Nei tanti cristi abbandonati che incontriamo lungo le nostre strade: “ci sono popoli interi sfruttati e lasciati a sé stessi; ci sono poveri che vivono agli incroci delle nostre strade e di cui non abbiamo il coraggio di incrociare lo sguardo; ci sono migranti che non sono più volti ma numeri; ci sono detenuti rifiutati, persone catalogate come problema. Ma ci sono anche tanti cristi abbandonati invisibili, nascosti, che vengono scartati coi guanti bianchi: bambini non nati, anziani lasciati soli – può essere tuo papà, tua mamma forse, il nonno, la nonna, abbandonati negli istituti geriatrici –, ammalati non visitati, disabili ignorati, giovani che sentono un grande vuoto dentro senza che alcuno ascolti davvero il loro grido di dolore. E non trovano altra strada se non il suicidio. Gli abbandonati di oggi. I cristi di oggi”.
Avere “occhi e cuore per gli abbandonati”. È il messaggio che Francesco ripete dall’inizio del suo pontificato, con quell’invito a essere chiesa in uscita, ospedale da campo, con il suo no alla cultura dello scarto, all’indifferenza. Proprio perché siamo “discepoli dell’Abbandonato”, afferma il vescovo di Roma, per noi “nessuno può essere emarginato, nessuno può essere lasciato a sé stesso”, e questo perché “le persone rifiutate ed escluse sono icone viventi di Cristo, ci ricordano il suo amore folle, il suo abbandono che ci salva da ogni solitudine e desolazione”. L’invito, anzi l’appello, di Papa Francesco in questa domenica inizio della Settimana Santa, è avere la “grazia di saper amare Gesù abbandonato e di saper amare Gesù in ogni abbandonato, in ogni abbandonata”; la grazia “di saper vedere, di saper riconoscere il Signore che ancora grida in loro. Non permettiamo che la sua voce si perda nel silenzio assordante dell’indifferenza”.

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