La scomparsa di Massimo Battista consigliere comunale paladino “anti-Ilva”
Era un po’ il simbolo dello lotta contro il ‘mostro’. Da operaio, da cittadino, da esponente politico è entrato nella vita della città, candidato a rimanere vivo nella sua memoria. Anche per essere stato tra i protagonisti di alcune delle manifestazioni più clamorose e consolidate nella storia recente della città, come il Concertone dell’Uno Maggio Taranto. Oltre che per il ‘tre ruote’ con il quale girava per la città, per propagandare la sua lotta ‘di liberazione’ contro l’inquinamento. Massimo Battista (nella foto con la moglie), consigliere comunale, fautore del movimento “Liberi e Pensanti”, si è spento a 51 anni dopo una lunga malattia che lui stesso aveva annunciato sui social un anno fa.
Spirito deciso, carattere risoluto, a volte anche burbero, era stato lui stesso operaio dell’Ilva, dapprima nelle Acciaierie 1 e 2, impianti produttivi tra i più duri del più grande stabilimento d’Europa, poi “declassificato”. Dopo una serie continua e insinuante di azioni di protesta già intraprese nei primi anni del terzo millennio, era state relagato a ‘lavorare’ in un risibile centro di controllo nautico. Una condizione tipo ‘palazzina Laf’.
Azioni di protesta condivise da gran parte dell’opinione pubblica, che erano poi sfociate – dopo la storica sentenza di sequestro degli impianti emessa dalla giudice Patrizia Todisco – nelle manifestazioni antisindacali. Erano iniziati lì i suoi tour con il trerruote, quando i sindacati e le maestranze dell’Ilva avevano indetto una manifestazione contro il rischio di chiusura degli impianti.
Nel maggio 2022, alle ultime elezioni amministrative, si era candidato a sindaco con la lista ‘Una città per cambiare Taranto’. Un obiettivo ambizioso non premiato dal voto, che però gli aveva consentito di entrare in consiglio comunale. Qui continuava la sua azione di lotta contro l’azienda siderurgica, che nel frattempo aveva cambiato nome e strutturazione, senza mai imboccare la strada decisiva dell’ambientalizzazione. Assiduo ai lavori consiliari e strenuo oppositore della giunta guidata da Rinaldo Melucci si batteva soprattutto per i meno fortunati e i più socialmente deboli.
Malgrado le pessime condizioni di salute, Battista aveva seguito il dibattito politico e consiliare fin quando aveva potuto ed era andato anche dal notaio a firmare le dimissioni, insieme ad altri quindici consiglieri, il 18 febbraio scorso per decretare lo scioglimento della giunta Melucci. Ma era mancata all’ultimo minuto la 17esima firma. Proprio questo fu uno dei suoi momenti più drammatici. La firma che era mancata, infatti, era quella di Luigi Abate, consigliere comunale che, per quanto candidatosi anche lui come sindaco in altro movimento (“Taranto senza Ilva”), condivideva con Battista un’analoga battaglia, oltre all’idea di mandare a casa Melucci. Dal notaio Massimo Battista era arrivato, seppure in ambulanza, ma inutilmente, perché il collega d’opposizione aveva cambiato opinione. E questo gli aveva procurato uno stato comatoso.
Consapevole della sua fine imminente, ha scritto, di suo pugno, una lettera toccante, firmata Guerriero Massimo, con la quale prende commiato dalla moglie e dai figli Giovanni, Rosaria e Benedetta. A tutti promette di essere “il loro faro”… “sarò sempre un millimetro da voi”.