L’omelia di mons. Filippo Santoro per il precetto pasquale in Acciaierie d’Italia
Nella mattinata di oggi, mercoledì 5 aprile, l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, ha celebrato – come consuetudine – il precetto pasquale nelle Acciaierie d’Italia.
Riportiamo di seguito l’omelia pronunciata:
Un caro saluto a tutti voi cari operai, al presidente del consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia, Francesco Bernabé, all’amministratore delegato, dott.ssa Lucia Morselli, al cappellano, padre Nicola Preziuso, che ringrazio per aver preparato la santa messa così come ringrazio tutti i confessori presenti.
Carissimi amici,
è sempre un mio desiderio poter celebrare in questo stabilimento il precetto pasquale, non solo per una tradizione consolidata, ma perché dobbiamo nella fede trovare sempre il coraggio di guardare la nostra città, la fabbrica, la vita.
Le feste cristiane non sono commemorazioni o evasioni, ma occasioni feconde perché Dio si incarni nella vita di ciascuno, specie nelle situazioni di marcata fragilità, e perché legandosi indissolubilmente ad ogni creatura Egli possa redimerla, risuscitarla a vita nuova. È impegnativo venire qui, dove le domande, le denunce, e i problemi producono un frastuono nella coscienza, più roboante dell’incessante rumore della grande industria. Ma dobbiamo esserci, non possiamo voltare la faccia, né per vigliaccheria, né per comodità e tantomeno per rassegnazione.
Nel Vangelo di ogni mercoledì santo continuiamo a rileggere i preparativi per la Pasqua, della cena del Signore. È un momento desiderato da Gesù e organizzato nei minimi dettagli sebbene sul cenacolo comincia incombere l’ombra pesante del tradimento di Giuda. È una ferita nella comunità e soprattutto nel cuore del Maestro, nel mentre viene preparata la donazione completa, senza limiti, fino all’estremo. Ci ripugna una domanda del traditore rivolta ai capi del tempio:
«Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». Viene messa una taglia su Gesù. Può la vita di una persona avere un prezzo? Si può quotare l’esistenza di un uomo? Oltretutto Gesù e Giuda erano amici e confidenti.
Quante attuazioni questa domanda potrebbe trovare riferita alle problematiche di questi anni. La vita, la salute l’ambiente, non possono essere consegnati né svenduti. Il valore di ciascun uomo, e lo impariamo proprio a Pasqua è il valore della stessa vita del Figlio di Dio. È Gesù il prezzo e la moneta del nostro riscatto. Questo principio da a noi l’ordine di grandezza delle cose.
Vorrei portarvi però su una nuova consapevolezza. Durante la Settimana Santa leggiamo i brani più drammatici della vita di Cristo, eppure cogliamo una situazione paradossale, perché la Passione di Nostro Signore è il momento più denso dell’annuncio cristiano. È la croce che manifesta l’amore di Dio e la vittoria piena sul peccato e sulla morte. Nel dramma vi è la densità del Vangelo e quindi la buona notizia. Che cosa è la buona novella? Cosa c’è di nuovo e di bello? L’invito personale e persistente a cambiare il cuore di ognuno, a trasfigurarlo. Nel Vangelo non troveremo risposte e soluzioni immediate ma lì troveremo il dinamismo della grazia perché la coscienza di ciascuno si apra a Dio. Persone di retta coscienza formano una società giusta. Non può esservi una società giusta senza individui che vivano onestamente e che nelle proprie scelte personali non decidano di perseguire il bene comune alla luce del vangelo.
Questo mi auguro, che cambino i cuori nel nome di Cristo e questo cambierà Taranto. Non c’è Stato, non c’è istituzione che possa aprire strade nuove se dal primo all’ultimo, da chi ha responsabilità economica e civile, non lascia che il nuovo umanesimo di Cristo, che conferisce a tutti pari dignità e rispetto, parli alla singola coscienza. Di questo ho fiducia. E questa fiducia diventa grido che cessino nel mondo le imprese di morte: questa guerra insensata e terribile di aggressione in Ucraina, questo mediterraneo che, come dice papa Francesco è diventato un cimitero, questa devastazione del nostro pianeta, questa esplosione di individualismo, questo smarrimento giovanile che diventa violenza gratuita, questa mancanza di un senso nelle nostre azioni. Un grido che è una domanda al Signore, al Mistero fatto carne che non prevalga l’indifferenza nei rapporti, che non prevalga il disprezzo della vita dal concepimento fino alla fine naturale. Perché ogni istante è sacro e prezioso ed è abbracciato dal Signore dopo che Lui ha abbracciato la croce e l’ha resa cammino di resurrezione. Perché non siamo fatti per il nulla, ma per la vita, per la pace verso cui il Signore risorto ci conduce.
Sono di nuovo tra voi, a portarvi ancora una volta il messaggio di speranza che la fede in Gesù risorto alimenta sempre. La speranza cristiana non ignora il dolore e la morte, ma combatte il non senso e la violenza che nasce dall’orgoglio e dalla dimenticanza che siamo semplici creature.
Sono di nuovo tra voi, dopo tutti questi anni, e non posso fare a meno di ricordare l’ingiustizia e il dolore lacerante per le vite spezzate che negli anni abbiamo affidato al Signore; ricordiamo e preghiamo insieme per i nostri fratelli che tragicamente hanno perso la vita sul posto di lavoro, lì dove avrebbero dovuto solo costruire il loro futuro: preghiamo per Claudio Marsella, Francesco Zaccaria, Ciro Moccia, Cosimo Martucci, a Cosimo Massaro. Vi garantisco il mio perpetuo impegno perché si coniughi pienamente e finalmente sicurezza e lavoro, salute e lavoro, senza alcun compromesso.
Sono di nuovo tra voi a suggellare una promessa, non demorderò, continuerò a spendermi per un lavoro dignitoso e per un ambiente sano.
Non nascondo che mi sarebbe piaciuto vedere risolte le emergenze più gravi, a partire da quella ambientale, il tempo nuovo indicatoci da papa Francesco nella Laudato si’, la strada dell’ecologia integrale, quella in cui lo sviluppo è tale solo se contempla la sicurezza e la salute dei lavoratori e dei cittadini, sono le dimensioni dentro le quali dobbiamo muovere i nostri passi rinnovati. Non si può che procedere con sollecitudine nell’attuazione del programma delle bonifiche, fuori e dentro lo stabilimento; far sì che non una tonnellata in più di acciaio sia prodotta a scapito dei limiti delle emissioni anche solo potenzialmente nocive, salvaguardare la qualità del lavoro e proteggere il lavoro e i lavoratori, sono azioni ineludibili: ce lo chiede, la nostra coscienza di cristiani.
La sfida è quella di instaurare un rapporto nuovo tra il siderurgico e la città, questo richiede lo sforzo di tutti ma proporzionato al peso delle parti in gioco. Tra i primi segni positivi c’è la scuola di formazione e sviluppo delle competenze per dipendenti e per il territorio posta proprio qui vicino e che benedirò dopo la messa.
Sono di nuovo qui per affidarvi alla Madonna addolorata che tanto cara è a tutti i tarantini. In questi giorni la città si ricompatta in “popolo”, tenuta insieme dal senso di appartenenza e da una fede forte, che raggiunge vari strati della nostra società.
Il Giovedì santo l’Addolorata ci fa dono di riunirci come popolo unito, capace di stemperare le divisioni in nome di un’unica fede, un’unica croce che ci fa fratelli. Preghiamo perché Taranto sappia affrontare unita, senza contrapposizioni ingiustificate, le sfide che la riguardano.
Sono di nuovo tra voi per prepararci a festeggiare la Pasqua del Signore. Sarete tra i più vicini al mio cuore, nelle mie preghiere, voi che siete stati fin dal primo momento al centro del mio impegno di pastore. La fede vi sostenga sempre, sostenga le vostre famiglie, i vostri bambini. Intensificheremo l’opera dei padri Giuseppini come cappellani del lavoro per una vicinanza a tutti voi nei problemi spirituali e anche nelle questioni sociali. Insieme al Seminario e alle Parrocchie, le fabbriche, gli ospedali, le scuole e la casa circondariale sono i luoghi a cui il mio cuore è più vicino. Sappiate che il vescovo Filippo vi è accanto; e che potrete contare sempre su di lui come sacerdote e padre, nel momento del bisogno come in quello della gioia.
Il mio abbraccio e i miei auguri di una buona Pasqua per tutti quanti voi.
Il Signore vi benedica