Editoriale

Declino demografico ed emigrazione giovanile mettono il pericolo il Sud e le sue università

12 Apr 2023

di Silvano Trevisani

Declino demografico e scelta dei giovani di abbandonare il Sud sono elementi che rischiano di compromettere sia il futuro del Mezzogiorno sia quello dell’intero Paese. Se aggiungiamo a questo il rischio che la politica italiana abbandoni il Sud, come sembra aver scelto di fare, dal governo Draghi in poi, soprattutto con l’autonomia differenziata, avremo un quadro molto inquietante della situazione. Non è un mistero che la caduta del governo Conte 2, che aveva previsto un impiego prioritario delle risorse per il Pnrr al Sud, come era nelle premesse, sia stata la conseguenza delle pressioni che poteri forti e lobbies hanno fatto sui partiti, a dimostrazione di una pericolosa tendenza che potrebbe finire col mostrarsi un pericolo autogoal. Ma in questa sede ci limitiamo a commentare alcuni inquietanti dati che sono stati forniti, a più riprese da Talents Venture, una banca dati messa in piedi da giovani professionisti.

I dati salienti che ricaviamo dal loro lavoro sono sostanzialmente due, il primo vede: il declino demografico dei giovani di 18-21 anni che, con tempi diversi, attraverserà il Paese da Sud a Nord, che costituisce una delle più gravi minacce alla sostenibilità del sistema universitario italiano. Il secondo: circa 80.000 giovani pugliesi hanno deciso negli ultimi undici anni di studiare al centro-nord, dove restano quasi tutti a vivere successivamente. Se a loro aggiungiamo quelli che si spostano per il lavoro avremo un quadro inquietante che richiede interventi importanti e urgenti.

Per quanto riguarda la Puglia, in particolare, si prevede che la popolazione dei 18-21enni diminuirà del 32%, il che comporterà, tra l’altro, la crisi delle nostre università che rientreranno in un circolo vizioso nel quale avranno sempre più difficoltà non solo a fare concorrenza alle università del centro-nord, più forti e meglio foraggiate, ma addirittura a sopravvivere. Lo studio in questione intravede rischi concreti, in Puglia, per l’Università di Foggia, ma nulla incoraggia a immaginare che gli altri atenei, Bari in particolare, guarderanno con favore o incentiveranno la crescita del polo universitario tarantino.

Il declino demografico dei giovani di età compresa tra i 18 e i 21 anni pone in pericolo il sistema universitario: mettendo a rischio l’esistenza di molti corsi: nell’a.a. 21/22, il 18% dei corsi di laurea aveva 20 iscritti o meno al primo anno, con una concentrazione dei corsi a numerosità ridotta nel Mezzogiorno. Mette a rischio molte entrate finanziarie: se il gettito relativo a corsi di laurea registrasse una contrazione pari a quella della popolazione di 18-21 anni, le minori entrate nel 2040 rispetto al 2020 potrebbero ammontare a oltre 600 milioni (un valore prossimo a quello che oggi realizzano i 7 atenei statali con il gettito maggiore dai corsi di laurea).

“Parlare di declino demografico – dichiara Pier Giorgio Bianchi, CEO e Co-Founder di Talents Venture – significa discutere dell’esistenza stessa di molte sedi didattiche oggi attive. Le preoccupazioni riguardano soprattutto i territori più fragili, come quelli del Mezzogiorno, in cui gli atenei dovrebbero essere fondamentali leve di sviluppo. Si pensi che le 15 sedi didattiche presenti nei territori che registreranno il declino demografico più severo entro il 2030 sono tutte situate nel Mezzogiorno, e 6 di queste avevano già meno di 100 studenti iscritti al 1° anno nell’a.a. 2021/22”,

Nelle regioni del Mezzogiorno la popolazione di 18-21 anni è in riduzione da tempo, e la diminuzione proseguirà nei prossimi anni fino a toccare le 414mila unità del 2040 (era di 703mila unità nel 2010). Per regioni come la Sardegna, la Basilicata e la Puglia è prevista una riduzione della popolazione nel 2040 (rispetto al 2023) rispettivamente del 34%, del 33% e del 32%.

Gli atenei più esposti al declino demografico nei prossimi anni saranno quelli le cui sedi didattiche sono situate nel Mezzogiorno. Gli atenei che potrebbero vedere ridursi maggiormente in termini percentuali gli immatricolati “in sede” (cioè senza considerare i “fuori sede”, che arrivano nelle sedi didattiche da altre province) sono Enna KORE, Basilicata, Foggia, Sannio e Federico II. Questi atenei potrebbero assistere a una riduzione degli immatricolati “in sede” nelle proprie sedi didattiche tra il 15% e il 24% entro il 2030 rispetto all’a.a. 2021/22.

Occorre una strategia nazionale, che purtroppo non intravediamo nelle intenzioni di qusto governo, e una maggiore capacità degli enti territoriali di interagire con il sistema universitario.

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