Don Michele Monteleone: “Torno a Roma da sacerdote felice”
«Devo ancora realizzare bene la cosa. Non è tutto chiaro e avviato. Mi porto dentro tanta gioia». Michele Monteleone è uno dei tre sacerdoti ordinati dall’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, venerdì 14, in Concattedrale.
Don Michele, come don Cosimo Porcelli, compagno di studi di seminario, amico fraterno e ordinato prete insieme a lui, ha incrociato lungo il cammino “I Servi della Sofferenza” di san Giorgio Jonico ed è particolarmente legato alla figura di don Pierino Galeone, che lo ha seguito e ancora lo segue lungo il cammino. Gli studi in seminario e adesso la specializzazione in Teologia sacramentaria, lo hanno portato a Roma, dove per il momento don Michele continuerà il suo ministero. «Una scelta fatta insieme all’arcivescovo» – spiega qualche giorno dopo l’emozione della prima Messa, a santa Maria del Popolo di san Giorgio, sua chiesa d’origine. «Non sono una persona che si fa fantasie, quindi non avevo immaginato come sarebbe stato il giorno dell’ordinazione né quello della mia prima celebrazione eucaristica. Mi sono “limitato” a viverli e devo dire che ho sentito una serenità, una tranquillità, una contentezza che mi ha fatto assaporare tutto al meglio. Nessuna ansia quando ho celebrato la prima Messa e mi sono goduto anche la presenza “romana” dei parrocchiani dove presto servizio, venuti nel giorno della mia ordinazione insieme ai compagni di seminario, ai formatori, al rettore di Roma. Mi ha reso molto felice anche la presenza di tanti sacerdoti della diocesi di Taranto». Nello spiegare come era nata la sua vocazione, ci aveva raccontato un anno fa, in occasione dell’ordinazione diaconale, di essere un ex arbitro di calcio. «Uno sport che però non mi permetteva di essere presente a Messa la domenica, di seguire un cammino con costanza. La mia vocazione è partita controtendenza, da una mancanza. Arrivata la sera, mi domandavo se quello che avevo fatto mi aveva reso felice. Sentivo un’inquietudine. Ho quindi deciso di abbandonare, di fare qualcosa di più serio. Negli incontri giovanili e in quelli con i Servi della sofferenza, pian piano è maturata la scelta e rileggendo la mia storia, ho capito che il Signore voleva portarmi proprio qui». In quell’occasione don Michele ci raccontò anche quale fosse la sua idea di sacerdote, cioè «di un uomo in mezzo alla gente». «Di carattere sono espansivo – ci confessò – e mi piace chiacchierare, ascoltare le storie delle persone. A Roma – affermò – nell’esperienza di servizio fatta nelle parrocchie, nella Caritas, in una casa famiglia, l’ho capito ancora di più, quanto mi piace ascoltare».