L’allocuzione dell’arcivescovo Santoro per San Cataldo

foto G. Leva
10 Mag 2023

Carissimi,
per mezzo di San Cataldo, Gesù Buon Pastore, ci visita, si fa a noi vicino, ci fa riscoprire la sua presenza, cammina in mezzo a noi. Avremmo voluto fare la solita processione, ben più lunga, passando per le strade, benedicendo le case, gli esercizi commerciali e soprattutto i bambini che mamme mandavano a ricevere la benedizione dal vescovo, ma la pioggia ce lo ha impedito, ma non ci lamentiamo.

San Cataldo non è arrivato qui per calcolo, per un progetto, ma dopo un naufragio.

In quella disavventura non si è lamentato ma si è fidato del Signore ed ha cominciato il suo ministero.

Si racconta che San Cataldo arrivando sulle nostre sponde sia stato trattenuto dai tarantini che non avevano un vescovo da anni, evidentemente non riuscivano ad individuare di comune accordo una persona che potesse guidarli e riportarli a Cristo.

In Cataldo invece trovarono un fondamento di comunione, indispensabile per dirsi e manifestarsi come Chiesa.

Uomo di comunione, San Cataldo riuscì a riportare al centro di questa terra l’annuncio di Gesù, vivo e risorto, in quella stagione buia per la nostra terra.

Che stagione invece vive la Chiesa di oggi?

Come possiamo attualizzare il messaggio di San Cataldo?

Il Santo Padre Francesco ha messo davanti ai nostri occhi un bisogno così urgente quanto tante volte dato per scontato, ovvero il bisogno di sinodalità, che altro non vuol dire che bisogno di camminare insieme.

La stagione della Chiesa che stiamo vivendo ci provoca con la sfida della comunione.

Da soli non andiamo da nessuna parte.

San Cataldo non è solo il protettore della Città dei due mari e dell’arcidiocesi, ma è il santo dei tre ponti: noi tutti siamo chiamati a costruire ponti, a raccordare i cuori, ad aprire vie di comunicazione e, quindi, di comunione.

Lo dico soprattutto ai miei parroci, ai preti, a tutte le realtà ecclesiali con i quali oggi celebriamo il nostro patrono principale: non siamo isole, la diocesi non è un arcipelago di parrocchie, la nostra natura, il nostro fondamento, la nostra veridicità, stanno nella comunione.

Ed è per questo che nei giorni scorsi ho voluto raggiungere tre punti della nostra Chiesa diocesana con il simulacro argenteo e con le reliquie del Santo, perché alle vicarie fuori dalla città in maniera inequivocabile fosse chiaro che non esiste nella Chiesa centro e periferia, ma tutto è centro perché al centro c’è Cristo.

Ho visto la commozione e l’orgoglio sincero nelle comunità cittadine e religiose nelle tappe celebrate a San Marzano di San Giuseppe, a Grottaglie e a Martina Franca.

Prego San Cataldo perché riscoprendo i vincoli di comunione, la nostra comunità ecclesiale non viva mai l’isolamento e la marginalità.

Chiesa in uscita non è uno slogan e nemmeno soltanto un dovere, è un bisogno necessario perché la Chiesa rifiorisca, il Vangelo porti frutti, i cristiani siano lievito della società

Per questo la comunità ecclesiale deve mettersi in ascolto della città, così come il Papa ci ha chiesto. Vogliamo – dobbiamo! – ascoltare tutti, a partire da chi non trova ascolto.
San Cataldo è il patrono di una città di mare, naufrago che è stato un dono del Signore per una comunità che era dispersa, sfiduciata.

Il suo “andar per mare” in processione ci insegna ogni anno che anche davanti a noi, c’è un mare da solcare per diventare portatori di speranza: è una metafora avvincente della vita e delle sue opportunità.

Come già ho detto durante la cerimonia de ‘U Pregge, si dice che il mare agitato faccia grandi i marinai, e noi tarantini abbiamo affrontato onde e tempeste senza scoraggiarci: continuiamo a coltivare la speranza per il futuro anche quando la sensazione è di affrontarle su una barchetta di carta, come quelle che gli studenti tarantini hanno portato in Cattedrale e a cui hanno affidato il loro messaggio di pace: una coscienza retta e nuova quale quella che dobbiamo aiutare a formare nei nostri giovani può far ritornare ad essere il nostro mare e la nostra terra un luogo di approdo sicuro, la nostra Taranto, la Puglia, la nostra Italia ponte in un Mediterraneo che desideriamo di pace per chiunque lo attraversi.

Non perdiamo la speranza e lavoriamo tutti per la pace!

Durante il mio ultimo viaggio in Ucraina ho avuto chiaro quale grande responsabilità abbiamo: dobbiamo continuare a lavorare per il progresso umano, per la pace, l’uguaglianza e, noi tarantini lo sappiamo bene, per il diritto alla salute, al lavoro degno, per la salvaguardia dell’ambiente.

San Cataldo ha la sua casa terrena in un luogo simbolo della città che mi sta a cuore fin dal mio arrivo, la città vecchia.

Dieci anni fa, quando mi fu chiaro quanto persone e cose avessero bisogno di impegno lanciai l’appello di ricominciare nella ricostruzione di Taranto dalla lì: sarebbe ingeneroso dire che la situazione di oggi non è cambiata.

In tutta Taranto c’è fermento, voglia di essere artefici del cambiamento: la strada è lunga ma è stata intrapresa, una rinnovata coscienza civile comincia a farsi strada.
Prioritaria e incompiuta resta ancora la ricostruzione del tessuto sociale, la cura di chi abita vicoli e periferie, vite ai margini che vedono nell’illegalità l’unico strumento di sussistenza possibile.

La mia preghiera di invocazione al Santo chiede la profezia di poter guardare a ben altri cantieri e a ben altre opere: saniamo insieme la piaga della dispersione scolastica, non chiudiamo gli occhi di fronte al problema della droga, del suo traffico e del suo spaccio, offriamo un’educazione di qualità!

Queste sono piaghe che si allargano in una città che ne è afflitta, lo sanno i nostri parroci, i nostri volontari che, senza l’aiuto degli enti preposti, non potranno far altro che constatare la cancrena.

Per questo torno a chiedere con tutta la forza possibile a chi ne ha competenza

di continuare a spendersi con rinnovato impegno, non per soluzioni contenitive o arginanti del degrado dell’illegalità, ma di accelerare con ogni mezzo lo sradicamento di mali che sono come massi legati alle caviglie della rinascita.
Ne abbiamo il dovere.

San Cataldo ce lo chiede ma, soprattutto, ce lo chiedono i nostri figli per i quali non abbiamo il diritto di ipotecare il futuro.

 

San Cataldo patrono della città di bimare e dell’Arcidiocesi di Taranto, aiutaci a vincere ogni paura,
rendici annunciatori intrepidi, coraggiosi e generosi,
rendi a noi il tuo stesso sguardo profetico perché ogni maceria si riveli per noi pietra di costruzione e di un nuovo inizio.

San Cataldo, prega per noi.

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