Il gladiatore II, la scommessa vinta dal regista-produttore Ridley Scott
Una vera battaglia, l’impresa del regista-produttore Ridley Scott, che dopo 24 anni e non poche battute d’arresto è riuscito a portare a termine il progetto del sequel di uno dei suoi titoli più amati e apprezzati, “Il gladiatore” (2000), vincitore di 5 Premi Oscar tra cui miglior film. Dal 14 novembre è nelle sale con Eagle Pictures “Il gladiatore II”, che ci riporta nella Roma imperiale circa vent’anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio, seguendo le tribolazioni e le gesta del figlio tenuto segreto, Lucio Vero. A interpretarlo il divo inglese Paul Mescal, in un ruolo lontano dal cinema indipendente da lui finora prediletto. Nel cast, Pedro Pascal, Connie Nielsen e Denzel Washington. Scott si conferma un grande regista per come orchestra messa in scena e battaglie, governando una macchina complessa con estrema disinvoltura. Al di là di qualche forzatura narrativa o eccesso visivo, la scommessa risulta vinta, confermando tutto il fascino della storia della Roma antica.
Il gladiatore II
Si accende il brivido appena volteggiano le note del tema musicale de “Il gladiatore”, composto a suo tempo da Hans Zimmer con Lisa Gerrard. Ne “Il gladiatore II” il compositore è cambiato, Harry Gregson-Williams, ma l’omaggio a quelle iconiche note traghettano subito lo spettatore – come avvenuto in “Top Gun: Maverick” – dentro il giusto “mood” di un sequel grintoso e ambizioso. Ridley Scott ha mostrato tutta la sua tenacia da veterano del grande cinema spettacolare della New Hollywood, realizzando un film capace di trovare la giusta continuità narrativa con il titolo originale e al contempo aprirlo a un nuovo sguardo, quello di un pubblico cambiato negli ultimi due decenni. “Il gladiatore II” è il riuscito compromesso tra il cult muscolare anni 2000 e un’immersività e un’adrenalina fisica tipiche delle narrazioni contemporanee, addizionate dalla cultura videoludica. Il risultato è di certo apprezzabile e godibile, perché a guidare la complessa macchina narrativa per 148 minuti è un regista di mestiere. Ad ancorare con efficacia il racconto sono le interpretazioni di Paul Mescal, Pedro Pascal, Joseph Quinn, Connie Nielsen e Denzel Washington.
La storia
Roma 200 d.C., trascorsi vent’anni dalla morte di Massimo Decimo Meridio, il figlio Lucio Vero – nato dall’amore con Lucilla, figlia dell’imperatore Marco Aurelio – vive sotto falso nome in Africa. Quando il condottiero romano Marco Acacio invade il territorio, Lucio finisce tra gli arrestati ed è condotto come prigioniero a Roma. Viene comprato al mercato degli schiavi da Macrino, che lo fa addestrare come gladiatore. Il suo obiettivo è servirsi della rabbia di Lucio per fare la scalata al Senato e sedere accanto ai due imperatori Geta e Caracalla…
Il copione porta la firma di Peter Craig (“Hunger Games: Il canto della rivolta” e “The Batman”) e David Scarpa, che con Ridley Scott ha già lavorato in “Tutti i soldi del mondo” e “Napoleon”. “Il gladiatore II” prende avvio con passo sicuro, andando a colmare la storia che resta del valoroso Massimo Decimo Meridio: lui ormai è nei Campi Elisi, ma la sua gloria e il suo coraggio rivivono nel figlio Lucio. Il racconto segue una traiettoria chiara e lineare, senza grandi sussulti o sorprese. Si capisce da subito quale sarà la parabola del protagonista, la sua impresa per ricongiungersi con la madre Lucilla e il ruolo che gli spetta, sul trono di Roma. Scott, insieme a Craig e Scarpa, disegnano una Roma imperiale seducente e caotica, sull’orlo del collasso. Da un lato torna tutta la bellezza formale del primo film, rivisto e corretto grazie ai progressi della tecnica, degli effetti speciali, dall’altro “Il gladiatore II” punta su suggestioni nuove: non più le gesta del singolo, l’epopea dell’eroe solitario, bensì l’impegno di un leader del popolo che parla di equità, di “comunità”. Certo, accanto a tutto ciò, non mancano gli eccessi di violenza, l’esaltazione di battaglie e scontri fisici nell’arena, che servono soprattutto a conferire realismo e ad agganciare il favore degli spettatori più giovani. Nell’insieme la scommessa de “Il gladiatore II” risulta vinta, al di là di imperfezioni o sbavature, perché si coglie tutto l’entusiasmo, il talento e il mestiere di lungo corso di un maestro del cinema hollywoodiano votato all’innovazione e alla spettacolarizzazione.