La domenica del Papa – Un sì che cambia il mondo
L’Immacolata “non è un mito, una dottrina astratta o un ideale impossibile: è la proposta di un progetto bello e concreto, il modello pienamente realizzato della nostra umanità”. Papa Francesco celebra in San Pietro con i 21 neo cardinali, omelia nella quale chiede di accogliere quella proposta – “progetto di salvezza” – quel “sì” pronunciato da Maria, così da permettere di essere capaci di cambiare in meglio il nostro mondo. Ma “attorno a noi”, afferma, c’è la pretesa di voler essere come Dio e questo continua a “ferire l’umanità”; non genera “né amore, né felicità” questa presunzione di autosufficienza. Ancora “chi esalta come conquista il rifiuto di ogni legame stabile e duraturo, infatti, non dona libertà. Chi toglie il rispetto al padre e alla madre, chi non vuole i figli, chi considera gli altri come un oggetto o come un fastidio, chi ritiene la condivisione una perdita e la solidarietà un impoverimento, non diffonde gioia né futuro”. Quel “sì” detto da Maria – Francesco la descrive come figlia, sposa e madre – significa essere capaci di far posto al Signore nei nostri progetti “e ad accogliere con tenerezza materna tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino”.
A cosa servono i soldi in banca, gli appartamenti, i finti contatti, si chiede il vescovo di Roma, se poi “i cuori restano freddi, vuoti, chiusi? A cosa servono gli alti livelli di crescita finanziaria dei Paesi privilegiati, se poi mezzo mondo muore di fame e di guerra, e gli altri restano a guardare indifferenti? A cosa serve viaggiare per tutto il pianeta, se poi ogni incontro si riduce all’emozione di un momento, a una fotografia che nessuno ricorderà più nel giro di qualche giorno o qualche mese?”
Festa dell’Immacolata, in questo tempo di Avvento, tempo di meditazione, di attesa, di impegno a andare in profondità, chiamati a cogliere i segni dei tempi e alimentare la speranza di un futuro migliore, nella giustizia e nella pace. E non potevano mancare nelle parole del Papa all’angelus, i riferimenti alle tante situazioni di conflitto a cominciare dal Nicaragua il cui popolo rivolge a Maria “un grido di fede e di speranza. Che la Madre celeste sia per loro di consolazione nelle difficoltà e nelle incertezze”. E chiede Francesco un “dialogo rispettoso e costruttivo” nel paese per “promuovere la pace, la fraternità e l’armonia”.
Pace in Ucraina, in Medio Oriente, in Palestina, Israele, libano e “adesso la Siria”, chiede il Papa auspicando che a Natale ci sia “un cessate il fuoco su tutti i fronti di guerra”. Chiede infine agli Stati Uniti di “cambiare” la condanna alla pena capitale a una quindicina di detenuti: “chiediamo al Signore la grazia di salvarli dalla morte”.
Nel pomeriggio, com’è tradizione, il Papa è a piazza di Spagna – sarà anche a Santa Maria Maggiore e a Palazzo Cipolla per visitare la Crocifissione bianca di Chagall – per l’atto di venerazione all’Immacolata. È bella l’immagine che propone all’Angelus quando riflette sul dialogo dell’angelo “con una giovane di Nazareth, chiedendone la collaborazione per il suo progetto di salvezza”: se nella Cappella Sistina la creazione di Adamo, il dito di Dio che sfiora l’uomo, così in quel dialogo “l’umano e il divino si incontrano con una delicatezza meravigliosa, nell’istante benedetto in cui la Vergine Maria pronuncia il suo sì”.
C’è un’altra immagine che mi piace sottolineare, e che troviamo sempre nella Cappella Sistina, sulla parete del Giudizio Universale. Qui Maria è alla destra del figlio; alla sinistra di Gesù c’è Pietro che consegna le chiavi del Paradiso perché è tutto finito, e chi non è vissuto nel peccato è già in cielo, mentre i dannati sono nella barca di Caronte. Bene, Maria guarda proprio in basso, quasi volesse chiedere al figlio di salvare anche quel popolo destinato al supplizio eterno lì dove “sarà pianto e stridore di denti”, come leggiamo in Matteo.
Maria è una donna “di un piccolo paese periferico e viene chiamata per sempre al centro della storia”, ricorda Francesco all’Angelus, ma dal suo sì “dipendono le sorti dell’umanità, che può tornare a sorridere e a sperare, perché il suo destino è stato posto in buone mani”.