Le proposte emerse dall’incontro su “Pietà popolare e formazione liturgica del popolo di Dio”
Organizzato dall’ufficio diocesano per la Cultura, diretto da don Antonio Rubino, è stato l’ultimo appuntamento del corso di formazione “Popolo di Dio e Fraternità dei Popoli”: dal Concilio Vaticano II a papa Francesco
L’ufficio diocesano Cultura ha proposto l’ultimo incontro del corso di formazione: “Popolo di Dio e Fraternità dei Popoli”: dal Concilio Vaticano II a papa Francesco. L’appuntamento sul tema “Pietà popolare e formazione liturgica del popolo di Dio” si è svolto mercoledì 14 giugno, nella parrocchia S. Roberto Bellarmino. I sentiti ringraziamenti dei corsisti sono andati a don Antonio Rubino, vicario episcopale per la Cultura, che si è prodigato per l’organizzazione del corso, e al prof. Lino Prenna, docente universitario, che ha condotto gli incontri con professionalità e dedizione.
Due relazioni iniziali
Le relazioni di due partecipanti al corso hanno dato inizio alle riflessioni come di consueto. La prima, a cura di Raffaella Carenza, ha sottolineato la visione di papa Francesco per la quale: “La pietà del popolo di Dio è il sistema immunitario della Chiesa e il popolo evangelizza continuamente se stesso. La pietà popolare è una spiritualità dei semplici e degli umili, incarnata nella cultura dei poveri, ma anche pellegrina e missionaria. La pietà popolare possiede una profondità mistica che raggiunge l’intimo dei suoi fedeli, grazie all’azione primaria dello Spirito Santo, da cui dipende”. La seconda relazione, esposta da Stefania Labbruzzo, ha fatto emergere alcune delle idee di Papa Francesco sulla liturgia, così come enunciate nella lettera apostolica Desiderio Desideravi: “Indubbiamente è indispensabile la nostra propensione a voler accettare l’invito al banchetto eucaristico, ma soprattutto e ancor prima è il desiderio che Cristo ha di noi a essere l’elemento fondante di tale invito. Il papa sottolinea con insistenza la necessità di provare stupore per il mistero pasquale. Non deve mai mancare la meraviglia negli occhi del cristiano: lo stupore è parte essenziale dell’atto liturgico perché è l’atteggiamento di chi sa di trovarsi di fronte alla peculiarità dei gesti simbolici”.
Pietà popolare
Il prof. Prenna ha così iniziato: “La pietà popolare è il modo popolare di vivere la fede, come cioè il popolo stesso vive la fede nella specificità della sua cultura. Ogni popolo ha una cultura, cioè un sistema di vita e un modo di pensare, che lo caratterizza e lo rende distinto e diverso da altri popoli, dando forma a una pluralità di culture. La religione è un codice di segni, un universo di realtà segnalate dalla lingua, dall’architettura esterna, dalla musica e dai colori. Tutti segni visibili di una realtà invisibile ”.
Luogo teologico e sensus fidelium
Il relatore ha voluto, dunque, fare sua un’espressione cara a papa Francesco che nel documento Querida Amazonia ha parato di popolo come luogo teologico: “Il popolo vive la fede e la insegna (cioè l’affida ai segni) e la trasmette. Questo concetto è rappresentativo del sensus fidelium (vale a dire il sentire dei fedeli) che è fondamentale per capire come le verità di fede siano sentite dal popolo prima di essere definite dalla chiesa”. Il prof. Prenna ha dunque esplicitato il concetto con un esempio molto chiaro: “Così e avvenuto per l’ultimo dogma dell’Assunzione di Maria al cielo, definito da Pio XII. È valso prima il sentire secolare del popolo di Dio: dalla dormitio Mariae fino all’idea che Maria è stata sottratta alla corruzione del sepolcro, assunta in anima e corpo in cielo.”
Formazione liturgica del popolo di Dio
Il passaggio dal tema della pietà popolare a quello della formazione liturgica del popolo di Dio è stato immediato: “Alcuni autori, tra i quali Gramsci, hanno affermato che la pietà popolare è alternativa alla pietà ufficiale della liturgia. La formazione liturgica è formazione del popolo e la liturgia è azione del popolo. La pietà popolare si sviluppa secondo modelli culturali del popolo; la liturgia si è sviluppata secondo il codice ufficiale proposto dalla Chiesa, ma il soggetto dell’azione è sempre il popolo”.
Educare alla e dalla liturgia
Il prof. Prenna ha concluso citando Antonio Rosmini, teologo e presbitero italiano, che ha trattato, tra gli altri, anche il tema della liturgia: “Rosmini dice che la liturgia è un corso di educazione, che richiede la comprensione dei segni e dei testi e che bisogna lasciarsi educare dalla liturgia. Infine, Rosmini afferma che la prima delle cinque piaghe della chiesa è la separazione del clero dal popolo nella liturgia”. In ultima battuta, don Antonio ha voluto riassumere così le idee emerse durante l’incontro: “La liturgia è la continuazione del tempo di Cristo nel tempo della Chiesa. Ogni volta che celebriamo la liturgia, celebriamo Cristo che nell’oggi diventa presente attraverso i segni liturgici, donandoci l’oggi della salvezza. La liturgia, dunque, deve educare a vivere quella salvezza in atto”.
Conclusioni, saluti e ringraziamenti
Alla fine dell’incontro, sono stati vari gli interventi di tutti i corsisti che non sono intervenuti solo sul tema del giorno, ma soprattutto su alcuni degli argomenti trattati negli incontri precedenti. È emersa una visione di insieme che ha sottolineato una nuova consapevolezza di tutti i partecipanti: l’essere popolo di Dio, non massa sterile, popolo che deve impegnarsi per promuovere la fraternità, l’amicizia sociale, popolo che deve essere attento ai fratelli e alle nuove generazioni, popolo che deve puntare al dialogo, alla mediazione e a una formazione liturgica solida e fruttuosa. Dopo i sentiti ringraziamenti, i corsisti hanno voluto salutare il relatore trascorrendo insieme un breve momento di convivialità fraterna.
Per qualunque informazione sull’ultimo incontro e per le sintesi, le relazioni e gli interventi di tutti gli incontri del corso, si rimanda al sito dell’Ufficio di pastorale della Cultura: http://cultura.diocesi.taranto.it/.