Precetto pasquale in Acciaierie d’Italia, l’arcivescovo Santoro: “Abbiamo delle domande che non possono essere evase”
L’omelia dell’arcivescovo Filippo Santoro per il Precetto pasquale in Acciaierie d’Italia:
Un caro saluto a tutti voi cari operai, al presidente del consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia, Francesco Bernabé, all’amministratore delegato dott.ssa Lucia Morselli, al cappellano padre Nicola Preziuso che ringrazio per aver preparato la Santa Messa, così come ringrazio tutti i confessori presenti.
Dopo due anni ritornano per le strade di Taranto i consueti ed attesi appuntamenti della Settimana Santa. Tra questi, per me imprescindibile, c’è il precetto in questo stabilimento siderurgico: ringrazio tutti coloro i quali si sono adoperati perché tornassimo a viverlo in presenza e in sicurezza.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci riporta ai preparativi della Cena del Signore.
I discepoli chiedono al Maestro: «Dove vuoi che celebriamo la Pasqua?». Una domanda che non è un dettaglio narrativo per la “logistica” dell’ultima cena ma, come in ogni parola della Scrittura, riporta a un tesoro. Nel quadro della narrazione, il quesito rivolto a Gesù pone l’impegno e il desiderio della comunità di voler preparare la Pasqua, mettendosi in ascolto della sua volontà e cercando intercettare il suo sguardo, comprendendone i suoi desideri.
Ritrovarsi e porsi quella domanda significa sentire che il Tempo di Dio è vicino.
Chiedendoci dove Egli vuole celebrare la Pasqua, sento urgente la necessità di ritornare in questa acciaieria, così come in questi giorni sono tornato per celebrare il precetto pasquale negli ospedali tarantini.
Nei versetti che seguono ascoltiamo il racconto della cena.
La donazione che Gesù fa di sé stesso, amandoci fino all’estremo, è ferita dal tradimento di Giuda, dal rinnegamento di Pietro, dal sonno dei suoi amici che non riescono a sottrarlo dall’arresto, dalle contese su chi deve primeggiare nel gruppo degli apostoli, dall’incapacità di comprendere il peso delle parole del Maestro. Più emergono le vulnerabilità e la fragilità nel cenacolo, più scorre copiosa la grazia misericordiosa di Dio. Il cenacolo è il luogo della luce che sconfigge le tenebre.
Così anche noi, anticipando il Triduo santo in questo luogo, desideriamo venire incontro alle fragilità più profonde di questa nostra terra.
Quindi nella domanda «Dove vuoi che celebriamo la Pasqua Signore?», intuisco la volontà di Gesù e sono sicuro di essere nel posto giusto.
Questo è il luogo del coraggio necessario a guardare le fragilità di questa città e di metterle a contatto con l’amore di Dio.
Non dobbiamo credere che pandemia e guerra siano fuori di qui, che il conflitto salute, ambiente e lavoro, che da anni cerchiamo di porre al centro delle nostre riflessioni con approfondimenti e responsabilità, non si ripercuota su ognuna delle parti ferite e vittime dell’annoso conflitto tra salute e lavoro.
Crisi ambientale ed energetica affondano le loro radici in questo luogo che è più europeo di quanto il nostro Paese su questo fronte ha la capacità di percepire.
Sembra passato molto tempo da quando abbiamo ospitato a Taranto la 49a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, “Il pianeta che speriamo” il tema che con tanta passione abbiamo affrontato, la stessa con cui ci siamo sforzati di indicare azioni concrete per salvare la Terra, come, tra altre proposte, quella di far diventare le nostre parrocchie d’Italia “comunità energetiche” per ridurre le emissioni di CO2. Era solo ottobre dello scorso anno.
“Tutto è connesso” è l’hashtag che ha accompagnato quei giorni così ricchi di speranza!
Il vaccino contro il Covid ci aveva fatto ritrovare fiducia, poi la guerra, terribile.
E abbiamo sperimentato negativamente quanto davvero sia tutto connesso, “l’economia di guerra” ci ha fatto fare di un colpo un salto indietro: più risorse per gli armamenti, più carbone, nucleare. E più acciaio, serve più acciaio in tempo di guerra.
E giù deroghe, la guerra ha cancellato il riscaldamento globale.
Di fronte al decreto Energia dei giorni scorsi abbiamo delle domande che non possono essere evase: si è parlato di abbandono del ciclo completo del carbone, ma al tempo stesso si torna a parlare di aumento della produzione dell’acciaieria tarantina, aumento della produzione che non può non incidere sulla salute dei tarantini. D’altro canto l’azienda annuncia nuova cassa integrazione: meno lavoro per tutti.
Ancora una volta, l’ennesima, le ragioni nazionali, e internazionali, rischiano di gravare su quelle locali, su una comunità disillusa perché da troppo tempo aspetta che quelle industriali siano coniugate con le ragioni ambientali.
Per non parlare del programma delle bonifiche, della pantomima che vede le risorse spostarsi da un capitolo di spesa all’altro senza che nulla sia stato ancora fatto: siamo dove eravamo: il Mar Piccolo è sempre inquinato, i terreni lo sono, con grave nocumento per la diversificazione economica locale.
Mi rivolgo ai responsabili del Governo che sono intervenuti alla 49a Settimana Sociale e ai due partner di questa azienda: fateci ancora sperare che il futuro di questa acciaieria, la più grande d’Europa possa essere diverso; che le ragioni della salute e della vita dei lavoratori e di tutti i tarantini insieme, con la dignità del lavoro possano essere difese. Che si investa nell’innovazione tecnologica. Che si comincino a vedere i segnali di una inversione di rotta; che si affermi l’audacia di un cambiamento anche nelle persistenti limitazioni provenienti dal Covid e dalla guerra.
Per il futuro di Taranto si parla di tante speranze legate al PNRR, alla ZES, al Cis, ai Giochi del Mediterraneo, alla nuova amministrazione del Comune; tutto questo diventa per noi oggetto di preghiera e di vigilanza civica.
Il luogo in cui ci troviamo è un cenacolo; in questo cenacolo di Acciaierie d’Italia porto l’Eucarestia perché il Signore ci doni profezia e passione per Taranto, perché tutti trovino posto intorno alla mensa, perché Egli illumini la coscienza così da donarci la vera vita.
C’è proprio bisogno della Pasqua del Signore che vince la morte e ci dona la vita per offrire speranza all’Ucraina e a ciascuno di noi. Anche nelle grandi difficoltà e paure del presente l’annuncio di Pasqua brilli con la sua forza trasfigurante. Il regno di Cristo non è di questo mondo, ma ci offre la luce e la forza per trasfigurare questo mondo inondandolo di Misericordia e di Pace!
Bisogna guardare il miracolo del bene dove accade: per esempio nella grande onda di solidarietà che ha accolto i profughi ucraini anche qui da noi, nella nostra terra. Si tratta di rapporti nuovi che possono essere vissuti nelle nostre famiglie e anche qui in fabbrica.
Il bene e la vita nuova sono fioriti dalla Croce che raggiunge me e te; il Signore risorto ci è vicino. Accogliamolo in noi avviciniamoci alle nostre parrocchie. Finalmente partecipiamo in presenza dopo due anni di digiuno anche ai riti della Settimana Santa.
Avviciniamoci al sacramento della Confessione. Anche qui potete farlo e ci sono diversi sacerdoti a disposizione.
Rendiamo sempre più umano questo luogo di lavoro. Auguro a ciascuno di voi in questa Pasqua di vivere più intensamente la bellezza della fede e che la benedizione del Signore Risorto scenda su di voi, su questo luogo, e su tutte le vostre famiglie.
Buona Pasqua a tutti.