Produrre più cibo, una necessità per tutti
Un’esigenza, quella della maggiore produzione, che deve però andare di pari passo con quella dell’attenzione agli equilibri ambientali del pianeta
In Italia ci sono sempre più poveri. Secondo i dati del Rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes), nel 2021 nel nostro paese si è arrivati a 5,5 milioni le persone giudicate in una condizione di povertà assoluta. Un dato che più che doppio rispetto a quanto stimato pochi giorni prima circa le persone che a Pasqua sarebbero state in difficoltà per mangiare. Una dato che fa parte di uno scenario ancora peggiore delineato dal sommarsi degli effetti della pandemia di Covid-19 con quelli della guerra Russia-Ucraina e, prima ancora, con gli effetti di trascinamento sui mercati internazionali tra scarsità delle materie prime e costi energetici. E, a delineare un possibile futuro, basta sapere che l’inflazione generata dalla guerra in Ucraina, secondo quanto stimato da Coldiretti, “colpisce il carrello della spesa e mette a rischio alimentare quasi un italiano su 10 (9,4%)” mentre “è destinato ad aumentare il numero di quanti non riescono più a garantirsi un pasto adeguato”.
È il fenomeno dei “nuovi poveri” quello che desta più preoccupazione. Di colore, cioè, che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono state fermate o danneggiate dalle limitazioni rese necessarie in due anni di pandemia. E su tutto e tutti, adesso, è calato l’effetto della guerra.
Di fronte a tutto questo, l’unica soluzione possibile, oltre agli interventi di emergenza, è quella di aumentare, e molto, la produzione alimentare nazionale ed europea, oltre che creare e usare strumenti di intervento sui costi di produzione.
Un’esigenza, quella della maggiore produzione, che deve però andare di pari passo con quella dell’attenzione agli equilibri ambientali del pianeta. Ed è un caso fortuito che la consapevolezza di dover aumentare la produzione alimentare coincida con la celebrazione della Giornata mondiale della Terra. “Quest’anno – ha per esempio ricordato Confagricoltura -, la Giornata cade in un contesto che evidenzia con forza la necessità di incrementare le produzioni agricole interne, preservando e recuperando le materie prime e garantendo produttività e fertilità dei suoli”. Mentre Cia-Agricoltori Italiani in una nota ha ricordato che “l’agricoltura può fare ancora molto per la terra. Non solo produrre più cibo, ora che la guerra mette a rischio la sicurezza alimentare globale, ma anche produrre più energia da fonti rinnovabili, con l’ulteriore sviluppo di fotovoltaico, biogas e biomasse. E poi accrescere la sostenibilità dei processi produttivi con la ricerca e le nuove tecnologie, difendere il paesaggio e la biodiversità, salvaguardare il suolo e le foreste contro il dissesto idrogeologico e i cambiamenti climatici”. Ma è proprio la Giornata della terra a far ricordare a tutti quante siano oggi le contraddizioni dell’agroalimentare.
“Nello spazio di una sola generazione (25 anni) – dice giustamente Coldiretti -, l’Italia ha perso più di un terreno agricolo su quattro seguendo un modello di sviluppo sbagliato che ha causato la scomparsa del 28% delle campagne che garantiscono la sicurezza ambientale”. E poi ancora: “In Italia la superficie agricola utilizzabile si è già ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari a causa dell’abbandono e della cementificazione con la copertura artificiale di suolo coltivato che ha toccato la velocità di 2 metri quadri al secondo e la perdita di oltre 400 milioni di chili di prodotti agricoli in un decennio”. Adesso, invece, ci si ritrova con l’esigenza pressante di quelle terre e di quelle produzioni.