L’omelia pronunciata da mons. Santoro nella celebrazione eucaristica di ringraziamento per il suo ministero episcopale
Nella serata di venerdì 8 settembre nella Basilica Cattedrale di San Cataldo, gremita di fedeli, l’arcivescovo emerito di Taranto, monsignor Filippo Santoro, ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica di ringraziamento per il suo ministero episcopale svolto dal 2012 al 2023. Hanno concelebrato con lui il Capitolo metropolitano e tutti i sacerdoti della diocesi. Ha assistito alla celebrazione l’arcivescovo monsignor Ciro Miniero il quale all’inizio ha rivolto al suo predecessore un indirizzo di saluto, così come hanno fatto al termine il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e il segretario per la consulta delle aggregazioni laicali, Massimo Sabbatucci.
Di seguito, l’omelia pronunciata da monsignor Filippo Santoro:
Carissime autorità, carissimi fratelli e sorelle,
celebriamo questa liturgia di ringraziamento per quanto la Grazia di Dio ha fatto durante questi undici anni di ministero episcopale nella nostra Arcidiocesi e nel nostro territorio di Taranto nonostante i miei limiti e fragilità. Sempre la grazia del Signore è più grande e ci raggiunge, ci tocca, ci sorprende in una storia concreta.
La mia nomina è avvenuta il 21 novembre 2011 nella festa della Presentazione di Maria al tempio e il mio ministero di vescovo diocesano si conclude nella festa della Natività di Maria, alba della salvezza. L’antifona al Benedictus di questa mattina recita: «La tua nascita, Vergine Madre di Dio, ha annunciato la gioia al mondo intero: da te è nato il sole di giustizia, Cristo, nostro Dio: egli ha tolto la condanna e ha portato la grazia, ha vinto la morte e ci ha donato la vita”.
Se Cristo è il sole della vita, secondo i padri della Chiesa, Maria è la luce dell’aurora che precede il sole. La nascita di Maria é l’inizio della luce nella storia della redenzione.
Venendo a Taranto mi sono posto sulla scia degli arcivescovi miei predecessori che ho personalmente conosciuto: monsignor Guglielmo Motolese, il Cardinale De Giorgi, monsignor Benigno Papa e sin dall’inizio ho sentito un affetto grande per questo popolo: sacerdoti, religiosi, religiose, laici, seminaristi e fedeli tutti. Nel mio ingresso avvenuto quell’indimenticabile 5 gennaio 2012 ho detto che il mio proposito era quello di favorire l’incontro con la persona viva di Cristo, con il suo amore e con il suo fascino.
Oggi celebro questo saluto qui in cattedrale, nella nostra cattedrale di San Cataldo perché questo è il cuore della Diocesi, il segno dell’unità della Chiesa di Dio che è in Taranto che risale ad una storia più che millenaria. Qui si trovano le reliquie del nostro patrono San Cataldo che io ho venerato con una commozione straordinaria nel giorno del mio arrivo, pieno di stupore per essere chiamato a succedere ad un Santo. Ricordo bene la mia emozione in quel primo incontro: tornava alla mia mente la mia infanzia, me bambino che correva in bicicletta con gli amici per le strade di Carbonara. Mi stupiva il disegno imperscrutabile della misericordia di Dio che chiama una fragile creatura ad essere successore di un santo missionario di Cristo nella comunità tarantina. E San Cataldo è stato per me l’esempio del Buon Pastore, di colui che serve e dona la vita per il suo popolo in una unità inscindibile e feconda tra fede e contraddizioni della vita di ogni giorno.
Il mio ministero di annuncio del Verbo incarnato ha avuto come punto di partenza la celebrazione nella concattedrale della Gran Madre di Dio e della Chiesa, con la protezione di San Cataldo, di San Francesco de Geronimo e di Sant’Egidio Maria da Taranto.
Nelle letture di questa messa brilla il fatto che Dio ha costituito Maria come termine fisso di eterno consiglioe l’ha fatta con una attenzione tutta speciale. Con la stessa cura con cui ha creato l’universo così ha curato la preparazione della Madre del suo Figlio. Abbiamo ascoltato la genealogia di Gesù, nato da Maria per la forza dello Spirito. La seconda lettura mette in evidenza la predestinazione divina e allo stesso tempo la collaborazione libera della creatura al piano di Dio. Maria è la Vergine che concepirà l’Emanuele, Maria è la madre dell’uomo nuovo; è lei che offre Cristo, luce del mondo.
Sin dall’inizio del mio ministero mi sono mosso in comunione con i sacerdoti, i diaconi e tutto il popolo di Dio promuovendo un percorso più che una serie di eventi, e questo ha assunto la forma anche visibile di un pellegrinaggio annuale. Abbiamo cominciato con la visita alla Santa Casa di Loreto e poi ci siamo recati ogni anno al santuario di San Pio di Pietrelcina a San Giovanni Rotondo. Ci siamo ritrovati ad essere un popolo sinodale di pellegrini e abbiamo orientato i passi del nostro cammino seguendo il magistero di Papa Benedetto e più a lungo di Papa Francesco cercando di costruire una Chiesa in uscita, non sedentaria. Abbiamo intensificato iniziative già esistenti come la Settimana della Fede e sviluppato nuovi cammini valorizzando la pietà popolare del nostro popolo.
Ci è stata a cuore la dimensione pubblica della fede, l’annuncio di Cristo nelle circostanze concrete della vita, provocati dalle ferite che il nostro territorio ancora vive. Il grande tema della carità si è concretizzato in tante opere e particolarmente nella realizzazione del Centro Notturno di Accoglienza per i senzatetto San Cataldo Vescovo, ristrutturando il palazzo Santa Croce. Così un bene artistico è diventato anche un bene sociale, segno del cuore cristiano della nostra terra. Consumando la suola delle nostre scarpe abbiamo unito carità e bellezza a favore dei più bisognosi. Abbiamo riaperto, insieme ad altre Chiese, anche il santuario della Madonna della Salute, restituendo alla città un centro di culto di grande pregio artistico nel cuore di Taranto vecchia.
Abbiamo passato vari momenti di sconcerto e di dolore quando si succedevano le morti sul luogo del lavoro o per causa dell’inquinamento. Non mai è mancata la solidarietà della Chiesa, della comunità cristiana. Il momento più struggente e stato il flagello del Covid che ha falciato tante vite. Ho sentito il dolore di tutta la nostra terra. Ho vissuto nella notte tra il giovedì e il venerdì santo del 2020 una piccola processione portando a spalle la nostra Madre Addolorata. Sentivo il dolore di tutta la gente che non poteva incontrarsi, non poteva comunicare e nemmeno dare l’ultimo bacio ai parenti, sottratti alla vita dalla pandemia. Dal pendio di San Domenico ho invocato la benedizione della Vergine per questa terra chiedendo che il flagello finisse. Abbiamo guardato a Lei, abbiamo pianto, abbiamo pregato, e Lei ci ha portati da Gesù nei misteri della passione e della croce e quindi ci ha indicato il cammino della risurrezione.
Mi sono stati dati incarichi nella Conferenza Episcopale Italiana ponendo anche Taranto al centro della tematica ambientale e lavorativa d’Italia. Non potevamo tacere circa l’intollerabile contrapposizione tra il diritto alla salute e quello al lavoro in tutta la sua drammaticità.
I numeri degli ammalati, quelli della mortalità, continuano a parlare a questa terra del sacrificio pagato; i numeri dei cassintegrati e dei disoccupati ancora oggi denunciano la svendita di un popolo in nome del profitto.
Sono stati anni di impegno e speranza.
Impegno perché l’economia della città potesse finalmente emanciparsi dalla monocoltura industriale, e di speranza perché anche alla nostra città fosse garantito il diritto a un ambiente sano.
Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo preposti?
Non sarei onesto se cedessi all’ottimismo.
No, non li abbiamo raggiunti: nonostante i passi avanti, il siderurgico non è ancora una fabbrica ecocompatibile; troppi i cassintegrati; alta la percentuale degli inoccupati; tanti i giovani che ancora lasciano questa terra per studiare o lavorare.
Ancora i numeri dei malati oncologici destano preoccupazione e ancora i viaggi della speranza sono consuetudine.
Tutto è stato vano? No, assolutamente!
Il processo di ri-conversione è avviato: è un processo passionale di pazienza e di cura.
Il Signore ce ne parla tramite la parabola del fico che non metteva frutti e di fronte alla sua infruttuosità il suo padrone decide di sradicarlo. Il contadino chiede pazienza al padrone, promette di prendersene cura, di stare ad esso vicino. La conversione infatti inaugura un tempo di misericordia, un tempo necessario perché il cuore torni ad appartenere a Dio, perché il fico riemetta i suoi germogli.
Taranto è il fico, i tarantini i contadini: occorre fede per perseverare nella cura e nella pazienza quale viatico indispensabile perché si porti frutto, perché anche quel fico si converta e torni alla sua vera vocazione. Quindi mano all’opera di buona lena.
Alla vergine Maria affido questa arcidiocesi, alle sue mani grandi raccomando i sacerdoti, i diaconi, i seminaristi, i due nuovi Istituti religiosi che ho cominciato: l’Ordine delle vergini e l’Ordine delle vedove e poi la Consulta delle associazioni laicali, le confraternite e i servizi del volontariato. Alla Madonna affido con affetto speciale gli ammalati dei nostri ospedali e cliniche, la casa circondariale che ho visitato in tutti gli anni nei giorni di Natale e Pasqua.
Affido alla Madonna il mio amato successore, l’arcivescovo Ciro, perché possa pascere questo bellissimo gregge che il Signore gli affida.
Eccellenza, la tua saggezza e la tua esperienza di pastore premuroso tracceranno questa nuova fase del cammino.
Eccellenza, ti ringrazio per il bel saluto iniziale a questa santa liturgia e ti assicuro la mia preghiera quotidiana e la mia amicizia perché tu possa portare avanti il ministero episcopale con la protezione di San Cataldo senza mai scoraggiarti.
Ai sacerdoti dico grazie di tutto. Le dinamiche ecclesiali sono complesse e prego particolarmente per voi. Siate i primi a curare le vocazioni sacerdotali come abbiamo fatto durante questi anni con un buon numero di seminaristi. Sicuramente anche nelle parrocchie vivete gioie e sofferenze con i membri della comunità. Accanto ad innumerevoli soddisfazioni non sono mancate in questi anni le prevedibili prove. Imitiamo Gesù buon pastore che dona la sua vita per il suo popolo. Ciò che muove la Chiesa e ciò che ci rende degni di svolgere un ministero è solo la Misericordia di Dio di cui siamo ministri. Questa misericordia ora invoco per me e per ciascuno di noi, perché voi trasmettiate sempre fiducia a tutta la nostra gente.
Alle autorità civili e militari e a tutti voi , carissimi fedeli, il mio saluto e la mia gratitudine.
Fate risplendere con la speranza questa nostra terra.
Grazie di cuore a tutti, ad uno ad uno vi abbraccio e vi benedico.
Il vostro † don Filippo