Da Succession a Canary Wharf, va in onda il morso della finanza
“Succession”. È una delle serie statunitensi più interessanti e sofisticate in circolazione, lanciata da HBO nel 2018. Firmata da Jesse Armstrong, “Succession” ci parla di conflitti di classe secondo la declinazione monicelliana “Parenti serpenti”, sullo sfondo grandi manovre tra finanza e compagnie media-news globali. Un po’ sul tracciato di “Succession”, ma soprattutto su quello della più rodata “Billions” (dal 2016) e forse anche un po’ debitrice del cult “Homeland” (2011-20), è ora disponibile la seconda stagione di “Diavoli” (dal 2020). Prodotta da Sky, Lux Vide e Big Light Production, la serie prende le mosse dall’omonimo romanzo di Guido Maria Brera. Dietro alla camera due registi in ascesa: il britannico Nick Hurran (“Sherlock”, “Doctor Who”) e l’italiano Jan Maria Michelini (“DOC”, “Blanca”).
Canary Wharf. Nel distretto dei big player della finanza a Londra ritroviamo il trader Massimo Ruggero (Alessandro Borghi), nuovo Ceo della NY-London Investment Bank, succeduto al suo scaltro mentore Dominic Morgan (Patrick Dempsey). Siamo nel periodo delle tensioni per il referendum sulla Brexit, che nel giugno del 2016 ha portato all’uscita dall’Unione europea. Oltre a gestire gli scossoni della finanza, Massimo deve fare luce sulla morte del collega Kalim.
Pros&Cons. Sono stati rilasciati già 4 degli 8 episodi della seconda stagione di “Diavoli” (dal 22 aprile). La serie torna con una trama accattivante, mettendo sempre al centro luci e soprattutto ombre della finanza globale che altera o sconquassa la stabilità dei Paesi. Se questo è il filo rosso, sul binario principale di tale thriller trovano posto alcuni tasselli di peso dell’ultimo decennio: il divorzio del Regno Unito dall’Europa, l’espansione della Cina sul mercato globale e le strategie di contenimento dell’Occidente; ancora, Oltreoceano Donald Trump sta conquistando la Casa Bianca con una campagna elettorale particolarmente aggressiva. Infine, salto temporale, l’esplosione del Covid, uno tsunami senza precedenti, in primis a livello economico. Su questo tracciato corrono rivalità, conflitti e gelosie tra trader secondo una logica quasi shakespeariana, tra il mentore Dominic e il brillante allievo Massimo. Al centro un braccio di ferro bene-male, giustizia-illegalità, economia corretta (Economy of Francesco) o spregiudicata, al limite dello sciacallaggio.
Nonostante la prima stagione di “Diavoli” si fosse chiusa non in maniera del tutto incisiva e riuscita, al punto da non lasciar intendere possibili sviluppi, il team creativo della serie – capofila sono Frank Spotnitz e James Dormer, con lo stesso Brera – ha messo a punto in verità un plot intricato e accattivante, dove macro-piste narrative thriller si fondono con gli irrisolti e i chiaroscuri dell’animo dei protagonisti, in particolare dell’enigmatico Massimo. Come sempre ottima è la performance di Borghi, apprezzato in lingua inglese, abile nel rendere il suo personaggio ermetico, sfumato e al contempo fragile e permeabile alle emozioni. “Diavoli” è consigliabile, problematica e per dibattiti.