I lavoratori fermano l’ex Ilva per un giorno: sul futuro nubi sempre più nere
L’Ilva sta vivendo forse la sua fase più drammatica. Anche se un in inquietante silenzio si registra a tutti i livelli. Lo sciopero che blocca gli impianti per tutta la giornata del 28 vuole essere un grido d’allarme. Soprattutto dopo l’incontro fallimentare di ieri 27 settembre, nel quale il governo ha di fatto dichiarato il cambiamento di rotta: non assumerà più la maggioranza dell’azienda come aveva stabilito. Il dietrofront ormai è una regola per il governo: nei mesi scorsi aveva cancellato dal Pnrr il finanziamento per la decarbonizzazione dello stabilimento, segnando un’altra condanna nei confronti dell’Ilva e dei lavoratori. Oggi sostiene di voler riprendere la trattativa con Mittal, il colosso indiano che ha avuto a quattro soldi uno stabilimento per il quale non ha mai mostrato interesse, in alcun modo, e con quale non è in atto alcuna trattativa.
La delegazione del governo, per altro composta per metà da pugliesi, il ministro Fitto e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mantovano, assieme al ministro dello Sviluppo Urso e al ministro del Lavoro Calderone, non è stata in grado di fornire risposte sul futuro dell’azienda e del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, a parole dichiarato strategico.
Ai sindacati Urso ha detto che non c’è nessun nuovo accordo con ArcelorMittal, azionista di maggioranza col 62 per cento di AdI, Acciaieri d’Italia e che si sta tentando di negoziarlo, ma senza nessuna certezza. E questo anche perché bisogna confrontarsi con l’Europa circa sull’uso dei fondi per la riconversione dell’ex Ilva (Fondo sviluppo e coesione, RepowerEu e Just Transition Fund), anche dopo il ritiro della decarbonizzazione dal Pnrr. Ma quel che più conta è che da Mittal sinora non è arrivato alcun segnale di voler investire per il rilancio della fabbrica.
Dulcis in fundo, Infine, Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia, designato da Draghi, ma ha fatto presente al governo che il suo mandato è a disposizione in qualsiasi momento.
La situazione disastrosa degli impiani
Che le prospettive siano tutt’altro che rose lo sottolineano soprattutto i sindacati secondo i quali “Il sito è ormai privo dei requisiti minimi per garantire una vita dignitosa ai lavoratori sugli impianti produttivi, dove l’assenza di manutenzioni ordinarie e straordinarie compromette la stessa salvaguardia delle vite umane che ci lavorano. Tutto questo nonostante i copiosi finanziamenti pubblici ricevuti solo qualche mese fa che, a sentire gli annunci, sarebbero serviti ad avviare il rilancio dello stabilimento, il pagamento delle fatture scadute e il completamento delle opere di ambientalizzazione (obiettivi puntualmente falliti)”
La giornata di oggi, nella quale i sindacati hanno incrociato le braccia realizzando vari presìdi, non è stata scelta a caso dai sindacati che spiegano: “Acciaierie d’Italia ha organizzato presso lo stabilimento di Taranto l’evento Steel Commitment 2023, un incontro commerciale con i clienti da tenere all’interno del sito, pubblicizzandolo attraverso importanti testate nazionali, come se la crescita commerciale dipendesse da questi eventi e non da una gestione totalmente diversa dell’azienda”.