Festa dei Popoli, Metrangolo: “Dopo due anni torniamo in presenza per chiedere pace”
Dopo il necessario stop a causa della pandemia, torna in presenza la “Festa dei popoli”, giunta alla diciottesima edizione. Si svolgerà domenica 22 maggio a partire dalle 16.30. Un appuntamento promosso dall’Ufficio diocesano migrantes, diretto da Marisa Metrangolo.
Si torna dopo la chiusura forzata ma soprattutto con una guerra in Europa. Sarà una festa diversa dalle altre?
“Indubbiamente sì. A Taranto e provincia in questo momento ci sono circa 600 ucraini, ospiti di amiche a loro volte badanti in famiglie italiane o accolti da persone che volevano rendersi utili, associazioni, istituti religiosi, la stessa Caritas diocesana. Si tratta soprattutto di donne con bambini o figli più grandi. La festa è un momento atteso anche per alleviare per qualche ora il pensiero costante a mariti e figli rimasti a combattere. Dopo le tante veglie di preghiera per la pace nelle singole realtà, ci si incontra tutti insieme, con i propri costumi, le proprie usanze, la propria lingua, per chiedere a gran voce la fine della guerra. Sarà un modo per rendere manifesto il proprio desiderio di pace per l’Ucraina, naturalmente senza dimenticare tante altri conflitti sanguinosi che si stanno consumando nel mondo. Tutte situazioni che ci fanno comprendere come oggi più che mai siamo chiamati a costruire una cittadinanza mondiale in cui nessuno si senta straniero. Come Ufficio migrantes abbiamo invitato a presiedere alla Messa, insieme al nostro arcivescovo mons. Filippo Santoro, il coordinatore nazionale dei sacerdoti ucraini della Cei, don Marco Yaroslav e lui ha accettato di buon grado”.
Che mesi sono stati questi per l’Ufficio Migrantes, come avete fatto fronte all’emergenza Ucraina?
“Siamo partiti come sempre dall’ascolto, attraverso lo sportello itinerante, con cui offriamo il nostro sostegno ai migranti che lo richiedono. In questo caso, trattandosi spesso di badanti, di donne inserite nel tessuto sociale cittadino, siamo stati nei pressi delle loro abitazioni, in piazzette, sul lungomare, nei pressi di parrocchie o anche su via d’Aquino, dove il giovedì e soprattutto la domenica si incontrano tante donne straniere di riposo dal lavoro. Per fornire aiuto abbiamo chiesto supporto proprio a loro, che avevano riferimenti nel loro Paese, nel consolato”.
E come è andata?
“In tre giorni abbiamo portato a termine una raccolta record di medicinali e viveri, nella chiesa di san Pasquale. Il convento era pieno fino al cielo. La disponibilità è stata di tanti e sotto tanti punti di vista. Penso a chi ha messo a disposizione pulmini o alla scuola Alfieri che grazie alla solidarietà di preside, insegnanti e genitori dei bambini, ha pagato l’affitto di un tir che arrivasse direttamente in Ucraina. Un costo di 2700 euro coperto quasi per intero. Adesso la richiesta è soprattutto per i profughi che si trovano da noi. Si cercano vestiti e scarpe estivi. Abbiamo aperto due centro di ascolto migrantes nelle parrocchie Madonna delle Grazie e Concattedrale e si stanno distribuendo indumenti adatti al periodo. Devo dire che le scuole ci sono state vicino e una lo sarà anche durante la Festa di domenica prossima. I bambini delle seconde classi dell’istituto comprensivo Carrieri intoneranno un canto finale, all’esterno”.
Ci sono altre novità, rispetto alle passate edizioni?
“Per cercare di essere prudenti e non abbassare troppo la guardia rispetto alla diffusione del Covid19, abbiamo deciso di evitare il consueto spazio esterno con gli stand dei vari Paesi, il mercatino e lo scambio di cibo tradizionale. Fuori si farà la sfilata dei popoli con le bandiere e la maggior parte saranno ucraine, ci sarà poi un canto ucraino che le donne hanno deciso di voler intonare tutte insieme. E subito dopo il girotondo della pace, che si concluderà con il canto dei piccoli studenti della Carrieri. Insomma sarà un’occasione per costruire un’unità nella diversità di culture, lingue, esperienze differenti. E poi la Festa dei popoli è anche un incontro annuale dell’arcivescovo con tutti i gruppi etnici presenti in diocesi e tutti i sacerdoti delle varie etnie presenti sul territorio”.
Il tema di quest’anno?
“Il tema è Verso un noi sempre più grande e non lo abbiamo scelto noi ma Papa Francesco per la Giornata dei migranti. Il Santo padre è il nostro riferimento, apre la strada e ci suggerisce che il nostro cuore si apra a tutti i popoli della terra per creare progetti comuni e speranze condivise”.
Come è cambiata in queste diciotto edizioni la Festa dei popoli?
“Noi siamo partiti seguendo quello che facevano le altre diocesi italiane e in particolare Roma. Oggi la Festa dei popoli è un appuntamento atteso sia dalla comunità tarantina che da quella straniera. La gente ha ricordi belli delle passate edizioni e c’è voglia di rivivere questa giornata. È un evento sempre gioioso. D’altronde di migranti si può parlare per slogan ma un’altra cosa è guardarsi negli occhi, scambiarsi un sorriso, un pensiero. È un momento di fraternità che arricchisce e fa crescere in un continuo scambio di storie, persone. In tanti vanno via ma, attraverso i canali social dell’associazione, restiamo in contatto diretto e giornaliero anche con chi ormai è dall’altra parte del mondo. E e per gente che va via altra se ne accoglie, in un via vai d’amore e fraternità. Questo è il segreto del successo della Festa”.