Si è concluso a San Giovanni Rotondo il corso di aggiornamento del clero
Guidato da padre Giulio Parnofiello, aveva per tema “Povertà, castità e obbedienza nella vita del presbitero”
Si è concluso venerdì scorso, 10 novembre, l’appuntamento novembrino di aggiornamento del clero della diocesi di Taranto (si è trattato del secondo turno, il primo si svolge a luglio).
Da lunedì 6 novembre e per tutta la settimana, i presbiteri si sono ritrovati a San Giovanni Rotondo nel Centro spirituale Padre Pio.
Quest’anno l’aggiornamento è stato guidato da padre gesuita Giulio Parnofiello e aveva per tema: “Povertà, castità e obbedienza nella vita del presbitero”.
Abbiamo avvicinato don Francesco Simone, direttore dell’ufficio diocesano Beni culturali ecclesiastici e del MuDi, che era a San Giovanni Rotondo.
Don Francesco, parlaci di questo aggiornamento ‘novembrino’ per i sacerdoti della nostra diocesi?
“Per me fare un corso di formazione, come prete, vuol dire innanzitutto dare un senso pieno alla parola ‘formazione’: che significa prendere forma. E la forma che un prete deve prendere è quella di assomigliare sempre di più a Gesù Cristo, perché è lui che noi veicoliamo con le nostre attività ministeriali.
Questo corso in particolare – avendo affrontato le tematiche che sono fondamentali per la vita di un prete, che sono i consigli evangelici “Povertà, castità e obbedienza” -, mi ha aiutato soprattutto a entrare dentro me stesso, per fare un po’ il punto della situazione su queste dimensioni della vita presbiterale.
Devo dire che siamo stati fortunati perché il padre gesuita che ha guidato questo corso ha impostato i suoi interventi come delle occasioni per offrirci delle provocazioni, affinché ciascuno di noi potesse interrogarsi. Anche lo stile delle presentazioni che lui faceva delle varie tematiche era uno stile improntato sulla capacità di sapersi interrogare, di mettersi in discussione, che è la cosa più difficile per un sacerdote, ma più in generale per un essere umano.
Dover entrare dentro se stessi e cercare di indagare su qualunque dimensione della vita è una cosa non facile. Padre Giulio con molta semplicità e soprattutto essendo molto diretto, ci ha aiutato veramente tanto.
Cosa ti ha lasciato dentro questo corso di formazione?
La cosa più importante che mi porto dietro da questo corso è stata la disponibilità da parte di ciascuno di noi che abbiamo partecipato, di arrivare a un punto in cui – con molta naturalezza e sincerità – ci siamo messi discussione condividendo ciò che la riflessione produceva; quindi, al di là degli interventi del padre gesuita, credo sia stata la condivisione della propria vita, da parte di tutti i sacerdoti.
Cosa in particolare ti ha colpito della relazione di padre Giulio Parnofiello?
Tutto quello che è stato detto può essere veramente utile per la mia crescita personale, come persona e poi come sacerdote. Però la cosa più importante che porterò con me, forse anche per deformazione professionale per quello che faccio, lavorando nel mondo dell’arte, è il supporto multimediale alla relazione: padre Giulio utilizzava Powerpoint e ogni testo che presentava era sempre accompagnato da immagini pertinenti con il contenuto del testo: questa cosa mi ha colpito tantissimo perché io sono convinto che l’immagine a volte è molto più potente delle parole.
Ha aperto il corso – e forse questa è la cosa che più mi è rimasta più impressa – presentando in maniera generale il tema dei tre consigli evangelici “povertà, castità e obbedienza” con l’utilizzo delle allegorie dipinte nella basilica inferiore di San Francesco ad Assisi, da un artista appartenente alla cerchia di Giotto dove la povertà la castità e l’obbedienza vengono illustrate attraverso delle personificazioni delle immagini: per me è stato entusiasmante! A questo aggiungi, poi, che c’era sempre il riferimento a San Francesco che tra l’altro è anche il mio santo; poter riflettere attraverso lo strumento di un’immagine che in questo caso è un’opera d’arte è stato sicuramente molto fruttuoso perché poi l’immagine ti rimane più impressa nella mente.