Guerra e crisi alimentare – Nuovi modelli di sviluppo per garantire il diritto al cibo
È uno scandalo intollerabile che l’accesso al cibo e all’acqua – oltre che essere già in molti contesti occasione per nuovi fronti di guerra – siano ora usati vigliaccamente come strumento di ricatto bellico.
Dalle esportazioni del grano dall’Ucraina dipende la vita di milioni di persone, specialmente nei Paesi più poveri e proprio per questo papa Francesco ha lanciato un appello a non usare “il grano, alimento di base, come arma di guerra”.
Già con la pandemia e la conseguente crisi economica, oltre alla perdita di posti di lavoro, si era verificata una crescita dei prezzi dei beni alimentari che, soprattutto nel Sud del mondo, ha fatto crescere le persone che non riescono ad alimentarsi in modo adeguato.
I bambini hanno sofferto un’ulteriore conseguenza: l’impossibilità di andare a scuola, l’unico posto in cui avevano garantito un pasto nutriente, a causa delle chiusure.
La guerra in Ucraina ha aggravato ancora di più la situazione, con un aumento del 30% del prezzo del grano e ora con il blocco delle esportazioni che va assolutamente superato per consentire il rispetto del fondamentale diritto all’alimentazione.
Aggiungo poi una riflessione più ampia: la relazione tra conflitto e fame è sempre stato un tema complesso e di rilevanza globale in cui si intrecciano aspetti sociali, economici e politici, locali e globali. A masse ingenti di persone prive del necessario si contrappone una sempre maggiore diffusione dello spreco dei beni alimentari. E – come ci ricorda papa Francesco – “il cibo che si butta via è come se lo si rubasse dalla mensa del povero”. (LS 50).
È quindi urgente affrontare la questione del diritto al cibo analizzando questi elementi di squilibrio globale: scelte politiche ed economiche, dinamiche di produzione, distribuzione, e sistemi di commercio internazionale.
Servono nuovi modelli, in grado di garantire il diritto al cibo, favorendo il protagonismo dei gruppi più svantaggiati, puntando su sistemi di produzione basati sulla valorizzazione del territorio e sul legame tra produzione agricola e gestione degli ecosistemi.
Liberare il mondo dalla fame si può e si deve. Ma è un obiettivo raggiungibile solo attraverso percorsi di pace, giustizia, rispetto delle persone, cura per il pianeta.
* direttore Caritas Italiana