I referendum sono sintomo di malessere: l’opinione di Vinci, storico del diritto
Abbiamo cercato, ieri, di capire qualcosa di più dei cinque quesiti referendari sui quali gli italiani saranno chiamati a esprimersi domenica 12, election day che a Taranto, Martina Franca e il altri Comuni della Provincia, prevede anche le elezioni amministrative. Ricordiamo che i primi due referendum riguardano rispettivamente l’abolizione della Legge Severino, che impedisce l’attività politica a chi è condannato, e la cancellazione delle esigenze cautelari per alcuni reali, mentre gli altri tre riguardano i magistrati: separazione delle carriere tra inquirenti e giudicanti, i collegi giudicanti per gli stessi magistrati e l’elezione al Consiglio superiore della magistratura.
Oggi proviamo a commentare i referendum, il loro significato e le eventuali conseguenze con l’aiuto di un autorevole interlocutore: Stefano Vinci, professore di Storia del Diritto medievale e moderno nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bari – Polo Jonico.
Quali sono le motivazioni che hanno portato all’indizione di questi referendum abrogativi? E pensi che i quesiti posti siano stati compresi dagli elettori?
A mio parere, il fatto stesso che siano stati presentato questi referendum è segno che c’è un dibattito di fondo nella giustizia italiana che merita di essere approfondito, e questo è un compito del Parlamento. Se siamo poi convinti che i cittadini votanti abbiano ricevuto informazioni adeguate a consentire loro di capire con chiarezza e decidere cosa votare, ammesso che tutti sappiano che si va a votare, è tutto un altro discorso. La Corte Costituzionale fin dagli anni Settanta, se non ricordo male con una sentenza del ’78, dispose che i quesiti devono essere proposti in forma chiara in modo da poter essere compresi da tutti, ma siamo sicuri che questi cinque quesiti, per come sono formulati, sino davvero comprensibili per tutti? Fanno già fatica a decidere i professionisti del settore o tutti i cittadini che abbiano un elevato di istruzione e una informazione costante. Sono moltissime le persone, anche amici professionisti, che mi dicono di non aver chiaro quel che il referendum si pone. Io mi metto nei panni del cittadino che dovrebbe decidere su una materia così complessa e ne ricavo inquietudine.
E secondo te quali potrebbero essere le conseguenze?
Questo non è affatto chiaro. Mettiamo per ipotesi che dovessero vincere i “sì”, sempre ammesso che si raggiunga il quorum, cosa comunque molto difficile: in questo caso, alcuni pezzi di norma sarebbero cancellati, ma con conseguenze imprevedibili, poiché non sempre scaturisce con chiarezza cosa succede. In questo modo il sistema terrebbe o creerebbe delle falle tali da imporre una riforma più profonda in maniera urgentissima? E che riguardi poi tanti altri problemi e non solo questi singoli argomenti? Nell’ipotesi opposta, resta sempre in vista la riforma Cartabia.
E allora?
Quel che ci vuole è una riforma organica di fondo, che non può essere limitata a questi cinque problemi anche scoordinati tra loro. È necessario un dibattito parlamentare perché è lo strumento legislativo che deve riflettere in maniera più profonda su tutto il sistema.
Ma il Parlamento attuale, in questo momento, sarebbe in grado di affrontare un dibattito del genere?
Penso di sì. Purché abbia chiaro che non ci si può limitare a separare le carriere dei magistrati o ad abolire la legge Severino. Questi cinque quesiti, posti in questo modo sono semplicemente sintomo di un problema sociale profondo e che certamente va modificato, ma nel suo complesso.
Anche certi orientamenti che vengono espressi e che hanno tenore esclusivamente politico, i quali si esprimono nettamente per il sì o per il no a tutti e cinque i quesiti nel loro complesso, non contribuiscono a chiarire le cose. Infatti, ogni singolo quesito pone dei problemi che nella maggior parte dei casi non hanno relazione con gli altri e per ognuno di essi andrebbe fatto un approfondimento specifico. Aggiungiamo poi che per alcuni quesiti vi è una più facile comprensione, mentre altri, come quello che riguarda i collegi giudicanti dei giudici, sono di difficile comprensione.