Il poeta Fabio Dainotti ripercorre in “L’albergo dei morti” la sua “avventura” poetica
Un concreto itinerario nel cuore e nella mente è quello che, stando al postfatore, Nicola Miglino, Fabio Dainotti compie nel suo ultimo volume, antologico: “L’albergo dei morti”, che ha visto la luce per i tipi di Manni editore.
Fabio Dainotti, poeta, saggista di solida formazione classica (traduttore dal greco e dal latino) e direttore dell’annuario di poesia e teoria letteraria “Il pensiero poetante”, condensa in questa ampia raccolta il suo lungo itinerario poetico. Che si era aperto, negli anni giovanili, con il “Diario poetico” risalente agli anni Sessanta. Del quale ritroviamo qui gli impeti giovanili in forme di versi appassionati di chiaro tenore crepuscolare, come era frequente in quegli anni di “riscoperta” di Sergio Corazzini e dei suoi amici del gruppo romano. Come è chiaro nella poesia “Pioggettina”, che così si conclude, nella descrizione di un mondo umile e intenso: “…Si parlava di mangime / guasto, di canarini / morti, avvertivo un senso / di scacco, di inutile perdita. / E dietro la tendina / piangevi, pioggettina”.
Anche lo stesso titolo della raccolta sembra rimandare a quel sentore drammatico del consapevole della fugacità del passaggio nella vita e della coscienza che diventa essa stessa albergo dei tanti che erano con noi fino a ieri. Un titolo che ci riporta alla mente quell’”Altro volto che ride” (la morte, appunto) di Cesare Giulio Viola, che di Sergio Corazzini fu amico negli anni della gioventù.
In questa primigenia ispirazione, che sventola vezzeggiativi e nomignoli, prende quota però il Dainotti poeta autentico, che sa trarre da immagini reali metafore poetiche emozionanti, come in “Scarpine”. “Tu danzi su scarpine collegiali / son le tue gambe bellissime ali / di gabbiano che vola verso il mare aperti fra i piroscafi e fa male / al cuore se lo vedi allontanare / verso una libertà di vento e di sale”. L’ispirazione rimane fresca e persino ironica soprattutto nelle frequenti poesie dedicate alle donne che hanno ispirato il poeta, nel corso della sua intensa vita. Che, lo ricordiamo, ha avuto origine a Pavia, nel 1948, ma poi, in controtendenza con quanto avviene in genere, è proseguita verso Sud: oggi abita nella bella Cava de’ Tirreni, affacciata sul Mar Tirreno. La cui “salsedine” si avverte in molti componimenti più recenti. Come “Alla Marina” del 2010, che pure affonda nel ricordo: “La strada che scendeva alla marina / rischiarata da incerte lampade al vento oscillanti; / poche botteghe, e scure: il barbiere, / e più giù il coloniali. // Natale era vicino, si avvertiva / nell’aria, nella gioia rattenuta / di quei pochi avventori frettolosi. // Qualcuno pensava a un amore / (come / scaldava il cuore) / senza troppe speranze nel futuro”.
Centrale, in questa raccolta, che comprende anche citazioni erudite in linea con la formazione dell’autore, “Lamento per la morte di Gina”, poemetto scritto nel 2013. Esso rilegge, in forma poetica di lamento funebre dedicato alla zia confidente scomparsa, un tratto della vita dell’estensore, di riflesso in una memoria autobiografica, in forma poetica, dei fatti salienti e autentici della vita.
“A chi capitasse di leggere oggi questa antologia, – conclude la fostfazione di Nicola Miglino – la scoperta di una poesia sorgiva, originale e di alta tensione lirica scalderebbe, ne sono sicuro, il cuore. Un tempo Fabio Dainotti sapeva sentire “quando l’ora suona” e quest’Ora suona di nuovo in queste poesie, perciò leggetele e siategliene grati”.